Ferpi > News > Storia Ferpi: dalla pubblicità verso le Rp

Storia Ferpi: dalla pubblicità verso le Rp

14/04/2010

Dopo aver raccontato i primi tre decenni della storia Ferpi iniziamo ad analizzare alcuni grandi eventi promossi tra gli anni '70 e l'inizio del nuovo secolo nonché fatti particolarmente significativi della storia della Federazione.

di Francesco Scarpulla
Il 20 e 21 giugno 1972 a Firenze, organizzato da un Comitato ad hoc costituito dalla Federazione, si svolge il convegno nazionale su Immagine, pubblicità e comunicazione globale. Obiettivi del convegno, di cui è coordinatore Italo Capizzi, sono la qualificazione delle relazioni pubbliche a livello di impegno culturale e politico e la promozione presso l’opinione pubblica di un nuovo atteggiamento nei confronti della comunicazione di imprese ed organizzazioni. Al convegno partecipano 14 relatori, intervengono 132 professionisti e sono presenti 15 giornalisti specializzati.
Nella sua relazione d’apertura, il coordinatore del convegno Italo Capizzi sottolinea le diffidenze e le critiche che emergono nei confronti dei tradizionali schemi della pubblicità, che utilizza spesso messaggi non accettati e condivisi dall’opinione pubblica.
“Per questa ragione si rendono necessari, dice Capizzi, nuovi modelli e nuove tecniche di diffusione del messaggio pubblicitario”.
E’ bene precisare che, allora e tutt’oggi, nel nostro ordinamento giuridico si definisce per “messaggio pubblicitario” una qualsiasi attività con cui un’impresa o un’organizzazione promuove la sua immagine, i suoi prodotti, i suoi servizi nell’opinione pubblica in generale o in particolari settori di essa indipendentemente dal mezzo e dagli strumenti che vengono utilizzati.
“Le relazioni che legano tra di loro i tre personaggi maggiori del mondo dell’informazione pubblicitaria: l’imprenditore, l’addetto alle informazioni, il destinatario, sono divenute sempre più tese. Le diffidenze sono all’ordine del giorno, le accuse sempre più pesanti. Il risultato pratico che ne deriva è di segno negativo: l’antipatia del destinatario nei confronti del pubblicitario finisce per riverberarsi sui prodotti dell’imprenditore e sulla sua immagine; ciò accresce la diffidenza di questi nei confronti del pubblicitario e lo porta a riconsiderare la validità degli investimenti in questo campo; per tamponare il pericolo, il pubblicitario moltiplica i propri sforzi creativi orientandoli alla scoperta di sempre più efficaci invenzioni per la manipolazione dei comportamenti dei destinatari a vantaggio degli interessi dell’imprenditore che potrà così ricredersi sulla necessità e la convenienza dell’investimento pubblicitario; ma questo risultato non potrà che accrescere l’avversione del destinatario, oggetto della manipolazione, nei confronti di chi ne è l’autore, rinnescando con carica di avversione maggiorata il ciclo di repulsione già descritto”.
“Ci si sforza allora di avanzare proposte di soluzione ma tali proposte sorgono prevalentemente per discussioni degli addetti all’informazione: ad alcune di esse si associano le voci di imprenditori e consumatori. Ma nè l’addetto alle informazioni, nè l’imprenditore, nè il destinatario si sono dimostrati in grado ad oggi di dichiarare una propria strategia sul problema dell’informazione.
Le ipotesi di soluzione comunemente avanzate si possono raggruppare sotto quattro archetipi:
• la soluzione estetica: «migliorare la qualità»; «eliminare il cattivo gusto»; «dare dignità ai messaggi»; ecc.;
• la soluzione etica: «l’informazione deve essere veritiera»; «l’informazione deve essere giusta»; «gli stimoli devono essere informativi, non impositori»; ecc.;
• la soluzione misericordiosa: «il pubblico ha bisogno di educazione»; «occorre educare il consumatore»; «il problema culturale di fondo è la formazione dell’uomo recettore»; ecc.;
• la non soluzione: «qui non si manipola, si informa»; «siamo il motore dell’espansione economica, il motore del benessere»; «mille miliardi di dollari il fatturato (USA 1970)»; ecc.
Ci sembra, continua Capizzi, che nessuna di esse colga il nucleo centrale del problema che, come il recto e il verso del foglio, ha due facce non divisibili:
• quella del rapporto tra l’interesse di chi promuove l’informazione e l’interesse di chi ne è il destinatario;
• quella del rapporto tra l’interesse di chi crea il messaggio o codifica l’informazione e gli interessi del promotore e del destinatario”.
Le conclusioni di Capizzi anticipavano, nella loro sostanza, il “focus” non più sull’interesse di chi promuove l’informazione ma sull’interesse di chi ne è il destinatario che appariva allora alla base – ed oggi è alla base – della corretta visione di pianificazione e gestione di un sistema di relazioni.
Si era compreso allora che bisognava superare la mera informazione di carattere pubblicitario (che allora appariva sostanzialmente prevalente nell’ambito dell’informazione) e partire dalla comunicazione d’impresa nella ricerca di un nuovo rapporto tra le organizzazioni, le imprese e l’opinione pubblica fondato sull’allineamento delle reciproche posizioni, frutto di un bilanciamento e riconoscimento dei rispettivi interessi.
Questa scelta, allora indicata come ipotesi, si è tradotta oggi nell’affermazione che identifica le attività di relazioni pubbliche come “capacità di pianificare e gestire i sistemi di relazione di un’impresa con tutti i suoi possibili interlocutori” (art. 1 dello Statuto FERPI approvato nel 2003).
Gli articoli precedenti:
Storia Ferpi: dagli anni ’90 al nuovo millennio
Storia Ferpi: le attività tra il 1993 ed il 1995
Storia Ferpi: progetti e iniziative dei primi anni Novanta
Storia Ferpi: la FERPI negli ultimi anni Ottanta
Storia Ferpi: le iniziative tra il 1983 ed il 1985
Storia Ferpi: i primi anni Ottanta
Storia Ferpi: la fine degli anni settanta
Storia Ferpi: la seconda parte degli anni settanta, i Convegni di Roma 1976 e Genova 1978
Storia Ferpi: 1970-1975, i primi cinque anni di Ferpi
Storia Ferpi: 16 maggio 1970, nasce la Ferpi
40 anni fa nasceva Ferpi
(con un un articolo storico di Paese Sera a firma di Toni Muzi Falconi)
Eventi