Tra i due litiganti... una possibile lettura tridimensionale della relazione
11/09/2008
Fabio Ventoruzzo propone un'interessante riflessione per comprendere le conseguenze della relazione tra le organizzazioni e i loro pubblici.
di Fabio Ventoruzzo
Approfitto di un pezzo di Luca Zingales sulla privatizzazione di Fannie&Freddie sul Sole24 di martedì 9 settembre per riprendere una riflessione fatta suo tempo con l’amico João Duarte (a cui devo anche un confronto su questo pezzo).
Srive infatti Zingales: purtroppo l’interesse collettivo è sempre la lobby meno potente. Tralascio il quadro di riferimento (pur interessante nella comprensione delle dinamiche della crisi dei mutui che sta attanagliando il sistema finanziario mondiale) ma sfrutto questa galeotta affermazione per cercare di arrabattare questo ragionamento su cui chiedo un aiuto agli amici Ferpi e che spero possa contribuire alla recente discussione in atto sull’istituzionalizzazione della nostra professione.
1)
Abbiamo sempre ragionato assumendo (in maniera molto semplificata) che le relazioni pubbliche governano le relazioni tra un’organizzazione e i diversi segmenti dei suoi pubblici influenti. E che la tendenziale simmetria in una relazione si raggiunge quando gli obiettivi dell’organizzazione tengono conto – e possibilmente includono – anche le aspettative di questi pubblici, preventivamente ascoltate e costantemente monitorate e aggiornate.
2)
Le riflessioni fatte con João e il pezzo scritto di Zingales , tuttavia, mi portano a riflettere su un ulteriore aspetto. Una relazione non produce conseguenze ‘solo’ tra le parti in causa, ma anche su un altro soggetto, terzo, che non partecipa attivamente alla relazione: l’interesse generale. Quindi la tendenziale simmetria si dovrebbe raggiungere non solo (esclusivamente) quando vi è un contemperamento di interessi tra organizzazione e pubblici influenti, ma anche tra questi e l’interesse generale.
3)
A questo punto, però, se le due riflessioni precedenti paiono almeno verosimili, credo sia doveroso ragionare su almeno tre domande:
a) Chi – tra le parti in gioco – può definire l’interesse generale?
b) Possiamo accettare l’idea che gli interessi delle parti di una relazione possano già incorporare l’interesse generale?
c) Possiamo utilizzare l’interesse generale come “leva” per ricondurre gli interessi delle parti in maniera negoziale entro una zona di beneficio reciproco?
Da parte mia non credo si possa affermare che l’interesse dei diversi pubblici influenti può essere già considerato come l’interesse generale: in una visione gestaltica, infatti, il totale non è semplicemente la somma delle sue parti.
Già, ma allora siamo proprio sicuri che la tendenziale simmetria relazione tra una organizzazione e i suoi pubblici (intesa come ascolto preventivo e possibile inclusione delle aspettative) favorisca tout curt la sostenibilità e l’efficacia del processo con cui vengono assunte le decisioni da parte della stessa organizzazione?
Oppure ha ragione Zingales e l’interesse collettivo è sempre la lobby meno potente.
Che ne pensate sinceramente?
fv