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Trieste: Ferpi a confronto con Paolo Possamai

06/03/2012

Il direttivo Ferpi incontra a Trieste _Paolo Possamai._ Il direttore de _Il Piccolo_ mette in luce mette in luce i fattori che hanno determinato la crisi anche nella realtà triestina. Il ruolo fondamentale dell'informazione e delle Rp nell'accompagnare e sostenere il processo di crescita e sviluppo economico.

di Marta Bagno
Arriviamo a Trieste in un mezzo pomeriggio di quasi primavera. L’occasione è un direttivo della delegazione Triveneto per ritrovare gli amici e soci del Friuli Venezia Giulia, ospiti dello splendido Starhotels Savoia Excelsior Palace affacciato su Riva Del Mandracchio e onorati del saluto del direttore del Piccolo di Trieste Paolo Possamai, invitato dal suo ex collega e oggi Delegato Triveneto Ferpi Filippo Nani. Uno degli obiettivi di Ferpi Triveneto è l’accreditamento nei confronti delle istituzioni e dei media e questa chiacchierata informale si trasforma in un’occasione preziosa per condividere un osservatorio privilegiato sul Friuli Venezia Giulia e per confrontarsi su come i due mondi dell’informazione giornalistica e delle relazioni pubbliche possono interagire per accompagnare o per dare un contributo ad alcuni processi.
“Il Piccolo – ci racconta Possamai, arrivato alla direzione della testata nel 2008 dopo essere stato inviato speciale per i quotidiani nordestini del gruppo L’Espresso, dopo avere scritto per Repubblica dal 1998 e dopo l’ultimo incarico alla direzione de La Nuova di Venezia e Mestre – ha 130 anni, è un soggetto rilevante del territorio e al territorio somiglia molto. È un giornale che si mette in gioco e non è interessato solo a stenografare, è uno di quelli che non si arrendono al destino”.
“La situazione del declino annunciato e inappellabile – continua Possamai, che osserva la realtà triestina con la profondità, l’acume e, a tratti, la durezza che vengono da chi è arrivato da fuori ma ha imparato ad amare profondamente questa terra di confine e, come il suo giornale, non vuole arrendersi al destino – qui è più forte che altrove: qui c’è una situazione più cristallizzata e più debitrice alla politica. Se fossimo in presenza di una grande politica, quella dei padri fondatori, dei nipoti di Einaudi, allora Trieste saprebbe “timonare” bene; l’andamento invece è molto “impressionistico”.
“Trieste è un ossimoro rivelato, perché tende in economia a vivere i rischi propri di una sorta di globalizzazione di prossimità. Qui le grandi industrie non ci sono quasi più, l’industria rappresenta meno del 10% del PIL della regione; il suo tessuto economico è invece minuto, fatto di artigianato e di commercio e se la gioca con un competitor che è a 5 km da qui. Ma a 5 km da qui, un tassista sloveno costa assai meno di quello triestino. Fino ad oggi l’economia ha tenuto in virtù del flusso stabile di finanza pubblica, ma non potrà più rimanere a questi livelli: o c’è una capacità di ripensare i dati economici di base o siamo di fronte al rischio pesante di crollo del sistema. Per questo Il Piccolo cerca di avere un ruolo attivo: non per fare politica ma, di fronte ad una rappresentanza di categoria debole e di una politica sovrabbondante e miope, riteniamo che sia importante dare un contributo”.
Un altro dei “nodi caldi” per questo territorio è quello dello sviluppo turistico: “Ci si accontenta – commenta Possamai – di guardare i numeri nella loro autoreferenzialità, senza guardare cosa avviene fuori, nel resto del mondo. Ma questo vale poco rispetto alla consistenza straordinaria che può avere questo territorio. La città è un forziere chiuso pieno di preziosi. Ma chi lo sa?
Lonely Planet ha scoperto Trieste, e così alcuni giornali al seguito, ma questo è avvenuto incidentalmente. C’è un racconto discontinuo, incostante e inadeguato rispetto alla storia in sé. Senza scia, senza sistematicità e, quindi, senza grip. Anche la crocieristica è arrivata a Trieste come “cascame” dell’emergenza di Venezia. E questo avviene non perché manchino professionalità, ma perché nel turismo c’è una frammentazione di competenze. E alla fine non se ne occupa davvero nessuno”.
Una grande opportunità, quindi, per noi relatori pubblici, anche alla luce dell’esperienza di Ferpi Turismo con il convegno alla BIT, per proporre le nostre professionalità all’interno di queste organizzazioni, accompagnarle nell’operare scelte incisive, per accreditare la professione e valorizzarne il ruolo strategico.
Sulle differenze tra Veneto e Friuli Venezia Giulia Possamai ha commentato: “In Veneto l’assetto istituzionale è complessivamente non sovradotato. In Veneto il rapporto società-politica non era sbilanciato verso la politica; caso mai, fino a poco tempo fa il sistema imprenditoriale “debordava” e talora dava l’agenda alla politica. Qui invece siamo in presenza di una situazione di finanza pubblica, dove ci sono troppi soldi in relazione alla capacità di generare autonomamente ricchezza e futuro da parte dei soggetti sociali, e dove prevale una logica di conservazione dello status quo. Qui un investimento, anche se motivato, rischia di affondare nelle sabbie mobili: come accadde a Moretti Polegato, che 10 anni fa pensava di allestire in zona Porto Nuovo a Trieste il suo centro logistico, con decine di milioni di investimento, poi bloccato dalla politica e spostato a Montebelluna. Così come Trieste non ha voluto a Porto Vecchio le Generali, andate a Mogliano”.
“Si dice – conclude Possamai – che Trieste è italianissima. È vero, perché dell’Italia porta alla massima espressione tutti i difetti, ma anche tutti i pregi”.
La chiacchierata mi ha fatto tornare in mente un libro, intitolato Trieste, o del nessun luogo di Jan Morris (Il Saggiatore, 2003, traduzione di Piero Budinich). E’ una bellissima dichiarazione d’amore per questa città, che ricerca e ricostruisce nella sua storia sofferta le origini di quella consapevolezza del “declino annunciato e inappellabile” cui accennava Possamai, e che l’autore definisce “effetto Trieste”: una “esperienza epifanica che rivela la caducità degli Imperi e per questo ci seduce con le sue anticipazioni di una (non ancora confermata) fine della Storia".
Un grazie al Direttore che ci ha dedicato il suo tempo e ci ha indicato delle strade di cambiamento, da percorrere anche insieme. E un grazie a Filippo Nani che ci ha regalato questa opportunità, in cui ha dimostrato che esistono professionisti e attori della società civile disponibili ad impegnarsi per aiutare il territorio a crescere.
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