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Troppo greenwashing: gli inglesi si lamentano

27/06/2008

L'annuale report dell'Advertising Standards Agency rivela una crescita esponenziale delle lamentele e delle denunce per pubblicità ingannevoli e fuorvianti in tema di ambiente. E i profili di molte aziende che si propongono come eco-friendly vengono ridiscussi.

Niente greenwashing, siamo inglesi: la denuncia viene dall’osservatorio sugli standard utilizzati nella pubblicità, vale a dire l’Advertising Standards Agency, che nel suo rapporto annuale dimostra una crescita di pubblicità considerate ingannevoli dai consumatori rispetto alle politiche ambientali dei grandi brand. Il Guardian rivela che nel 2007 le lamentele sono state 561 in relazione a 410 pubblicità, mentre l’anno precedente su 83 pubblicità si erano registrate 117 denunce. Insomma, i cosiddetti complaints sono più che quadruplicati. Nei primi mesi del 2008 c’è stata invece una leggera contrazione delle denunce (109 su 59 pubblicità).


Inoltre alcune aziende sono state richiamate all’ordine anche per l’immagine che volevano proporre e l’Asa ha ritenuto non trasparenti le loro policy per difendere la reputazione. Rimandate a settembre insomma Suzuki, Shell, Ryanair e Toyota, tutte accusate di fare troppo greenwashing, ovvero di ripulirsi l’immagine con operazioni eco-friendly per distogliere l’attenzione dai danni ambientali creati.


Sotto accusa in particolare la pubblicità della Shell, emblematica di una finta corporate social responsibility che, secondo gli attivisti dell’associazione Friends of the Earth, va condannata con convinzione. Subito dopo le accuse di eccesso di violenza, la maggior causa dei reclami riguarda proprio la condotta ecologica, con un atteggiamento molto duro nei confronti dell’advertising poco attento e fittizio.


L’azienda di comunicazione Futerra propone una sorta di Guida anti-greenwashing, per aiutare i marchi a evitare ambiguità nelle proprie operazioni di comunicazione. La stessa Futerra ammette infatti che, nonostante molte campagne di advertising siano sibilline e illusorie, in realtà non si tratta sempre di malafede e spesso anche aziende con sincere aspirazioni verdi finiscono per comunicare “male” le proprie buone azioni.


Redazione Totem – Emanuela Di Pasqua
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