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A Londra una conferenza che unisce business e diritti umani: il commento di Nicoletta Cerana

18/10/2004
Business action on human rights: Policy development and Implementation Tools 2-day conferenceOctober 26-27, 2004 (Regent's Park Marriott Hotel, London, NW3 3ST)Ecco qui il programma della conferenza.Ed ecco il commento di Nicoletta Cerana.Responsabilità sociale delle imprese: solo un dovere morale o una  responsabilità legale?L'economia senza frontiere non ha generato un mercato socialmente responsabile. La speranza di un'economia senza frontiere capace di avvicinare popoli e culture e di creare maggiore ricchezza per tutti è andata delusa.Il "libero" mercato - in cui 400 mila multinazionali controllano oggi 250mila aziende per il 50% collocate nel sud del mondo  - ha prodotto soprattutto guerre e povertà. Lo dicono i dati di Amnesty International:

Tra il 1991 e il 2001 il reddito pro capite è diminuito in 81 dei 100 paesi più poveri.
826 milioni di persone vivono in situazione di indigenza cronica,
Il 56% dei consumi mondiali è appannaggio solo del 15% della popolazione mondiale.
I consumi delle famiglie africane di oggi sono inferiori del 25% rispetto a quelli di 20 anni fa.
In Europa il 95% delle famiglie ha un telefono; in Africa soltanto l'1%.
Ogni anno 440mila lavoratori vengono uccisi da sostanze tossiche, 500 mila donne dell'Est Europeo sono costrette alla prostituzione. 
I bambini schiavi sono più di 350milioni nel mondo.
Un'ora di guerra costa come il salario di 86.400 lavoratori.
Un carro armato costa tanto quanto 500 aule scolastiche. 
Un Pc costa a un lavoratore USA la metà di uno stipendio mensile: a un lavoratore del Bangladesh 8 anni di stipendio.
I problemi sono enormi ed urgentissimi e  la responsabilità delle imprese verso i diritti umani è ineludibile.Per questo sul tema si confronteranno fra alcuni giorni a Londra alcuni rappresentanti delle maggiori imprese multinazionali (da British Petroleum a Shell Int'l,) e alcuni rappresentanti delle maggiori organizzazioni non governative impegnate nella difesa dei diritti umani ( da Amnesty International a Oxfam).L'obiettivo della conferenza è quello di aprire il dibattito sui limiti della responsabilità delle imprese in materia di diritti umani e di confrontare le migliori pratiche delle imprese più responsabili.A Londra non si parlerà di beneficenza o di filantropia. Ci si interrogherà piuttosto su come un'impresa possa rispettare i diritti umani quando si trovi ad operare in un paese il cui Governo li viola sistematicamente o dove i profitti dello Stato sostengono un regime oppressivo. Ci si chiederà se la garanzia dei diritti umani la devono fornire solo gli Stati o se all'impresa è richiesto un ruolo specifico e a quali condizioni.Il problema all'ordine del giorno della conferenza di Londra è appunto quello di valutare i limiti e le opportunità legate all'assunzione di una responsabilità sociale dell'impresa che da molte parti non si vuole più considerare solo un dovere morale ma anche un obbligo legale rispetto ai problemi dello sviluppo (o del degrado) mondiale.La regolamentazione della CSR è auspicata dalle maggiori ONG internazionali convinte che il mercato da solo non sia capace di auto regolarsi e che  la globalizzazione degli investimenti richieda la globalizzazione delle responsabilità e un sistema di regole per le imprese.In linea con questa tendenza il 13 agosto 2003 sono state promulgate le norme ONU sulla responsabilità delle aziende verso i diritti umani in materia di non discriminazione, protezione dei civili in tempo di guerra, uso appropriato delle forze di sicurezza, diritti dei lavoratori,lotta alla corruzione, protezione dei consumatori, diritti economici e sociali, protezione dell'ambiente, diritti delle popolazioni  indigene.Nel nostro continente, il Parlamento Europeo favorevole alla regolamentazione della CSR - con la risoluzione Howitt del 1999, la risoluzione A5-0159/2002 e con una serie di altri pronunciamenti -  ha richiesto una specifica assunzione di responsabilità al mondo economico  e alle aziende quando si trovano ad operare nei paesi in via di sviluppo e ha affermato che questa responsabilità va accompagnata ad una serie di misure regolatorie e burocratiche.Tuttavia, nello stesso periodo la Commissione Europea ha elaborato e presentato il suo Libro Verde in cui lo stesso concetto di responsabilità sociale viene slegato da ogni principio regolatorio e lasciato alla più totale volontarietà delle imprese.La commissione europea ha posto piuttosto l'enfasi sulla necessità di aumentare la consapevolezza delle imprese sul ritorno economico garantito dall'adozione di buone pratiche etiche  e di comportamenti socialmente responsabili. Tutto viene quindi lasciato alla libera volontà del mercato e alla consapevolezza delle imprese.Quale delle due tendenze prevarrà? Non sappiamo.Quello che è certo è che il problema oggi non riguarda solo le grandi imprese multinazionali e nazionali ma anche le PMI italiane che stanno delocalizzando le loro attività come dimostrano le 12mila aziende italiane presenti in Romania. Per queste imprese la sfida della CSR, non è più teorica, è già una realtà  che occorre affrontare.Nicoletta Cerana
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