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Aspettavo un hacker per fare marketing e comunicazione

10/05/2013

L’assenza di professionisti della comunicazione a supporto delle aziende produttrici di servizi tecnologici e digitali diventa un elevato fattore di rischio per la reputazione delle imprese che delegano solo a tecnici informatici la realizzazione del sito web e le attività connesse al social media marketing. Una case history a cura di _Laura Calciolari._

di Laura Calciolari
Vi racconto una storia vera, una case history da manuale.
Stamattina ho trovato nella mia posta elettronica l’invito di un giovane conoscente a collegarmi con lui su Linkedin. La cosa mi ha fatto molto piacere perché nella comunicazione c’era il nome dell’azienda per la quale stava lavorando e sapevo che era disoccupato da quasi un anno.
Prima di inviargli un messaggio, entro nel sito della sua azienda per curiosare un po’.
L’azienda si occupa di FileMaker, costruzione siti, servizi web (social network, web marketing, SEO) e ha cloud propri per la clientela. La cosa mi interessa molto dato che una società analoga, con la quale collaboro da qualche anno, sta attraversando una profonda crisi organizzativa per cui dovrò rinunciare ai loro servizi.
La deformazione professionale mi spinge a fare un po’ di audit del loro sito web prima di contattarli. Navigando scopro che molte voci del menù non sono collegate alle pagine esplicative e buona parte degli scritti nelle news hanno frasi monche, a capo improbabili ed errori di ortografia.
Resto un po’ perplessa e decido di continuare a leggere il resto perché voglio… farmi del male.
Comincio a leggere le presentazioni delle tre aree principali e mi trovo di fronte a due testi su tre che inziano ex abrupto con la narrazione (aiuto! dove mi trovo?) e solo una con il titolo, tutti con (a scelta) errori di battitura, parole tronche ed errori di grammatica.
Tralascio la lettura di altre pagine, vado a sbirciare nel loro portfolio e scopro che tra i loro clienti ci sono dei “viti cultori” (sic!). Oh mamma!
E meno male che nel loro team hanno una persona che ha studiato comunicazione e ufficio stampa all’università.
Basta, meglio smettere di leggere. Ma no, fammi dare un’occhiata alla loro privacy policy.
Wow! Fantastico!
La pagina è stata hackerata da Man Syketz, membro ufficiale di Anon Ghost collegato ad Anonymous. Niente male per una società che in molte pagine del proprio sito afferma di prestare grande attenzione alla sicurezza!
Penso: forse è accaduto poco fa e non se ne sono accorti. Che faccio? Li avviso oppure no?
Li avviso.
Vado alla pagina contatti, digito il numero di telefono indicato e aspetto dodici squilli prima di ascoltare una segreteria telefonica che mi avvisa che l’utente chiamato non è disponibile e mi invita a lasciare un messaggio. Andiamo bene…
Non mollo: ormai ho deciso di avvisarli e lo farò. In fondo alla pagina c’è un altro numero di telefono e richiamo. Riesco a parlare con l’amministratore: mi presento, dico che mi occupo di comunicazione digitale e gli segnalo che navigando nel loro sito mi sono accorta che a diverse voci del menù mancano le pagine. Lui mi ringrazia della segnalazione; poi aggiungo: “vi siete accorti che il vostro sito è stato hackerato? Guardi nella pagina privacy policy”. Mi risponde qualcosa del tipo “Sì, aspetti, la faccio parlare con un tecnico”.
Al tecnico dico le stesse cose, lui world, apre la pagina indicata e questo è il riassunto della conversazione:
Lui comincia a leggere il post: To All Governements of the World, We are watching you, we can see what you’re doing, we control you, we are every where… Sì ma non è niente. In fondo quello che c’è scritto è vero, siamo tutti controllati.
Io: Sì, ma voi gestite dei cloud per i vostri clienti e se io fossi un cliente mi inquieterebbe molto, e avrei parecchi dubbi sul vostro lavoro nel vedere che un hacker ha violato il vostro sito.
Lui: Il problema non sussiste perché il nostro sito è su un server diverso da quello dove abbiamo i cloud.
Io: Già, ma i clienti non lo sanno e soprattutto quelli potenziali, che vanno sul vostro sito prima di chiamarvi, dubito che diventino clienti se vedono che avete falle nella sicurezza.
Lui: Magari invece questa cosa funziona al contrario e ci chiamano come ha fatto lei.
Io: Dubito, ma in ogni caso io vi ho avvisato solo per cortesia.
Che sciocco! Io “ero” un potenziale cliente e continuerò ad esserlo, senza trasformarmi in cliente reale però.
Comunque, trascorsa un’ora dalla telefonata e dalla scoperta del bellissimo post lasciato dall’hacker, sono tornata sul loro sito e la pagina della privacy policy risultava desolatamente bianca con la scritta “under construction”.
Ma allora non erano così sicuri di fare marketing usando il post dell’hacker!
Durante la mattina ho chiamato altre tre volte il numero di telefono fisso indicato nei contatti e ogni volta ci sono voluti dodici squilli prima di ascoltare il messaggio della segreteria telefonica, quindi è il loro standard di accoglienza e non un caso fortuito.
Non ho dubbi che i tecnici di questa company che sviluppano programmi e servizi siano molto preparati, ma la superficialità e il pressapochismo di chi pubblica online i contenuti nel loro sito, e risponde al telefono, costituisce un pericolo per la credibilità e la reputazione della loro organizzazione e di quella dei loro clienti.
Morale della favola: la famiglia dell’ australopithecus technologicus è viva e vegeta, cerchiamo di non farne parte.
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