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Assemblea di Ferpi Lazio: il commento di Bistoncini

04/10/2011

I territori devono avere una loro autonomia, lo sostiene _Fabio Bistoncini,_ nella sua riflessione a margine dell'assemblea dei soci Ferpi del Lazio, che ha presieduto lo scorso 29 settembre a Roma.

di Fabio Bistoncini
Giovedì 29 settembre scorso gli uffici della mia società (FB&Associati) hanno ospitato l’assemblea della Ferpi Lazio e, come padrone di casa mi è stato chiesto di presiederla (finalmente ho presieduto qualcosa di più importante delle riunioni del mio condominio….).
Un’occasione importante in quanto si rinnovava il gruppo dirigente.
Il Delegato Regionale, Celeste Bertolini, chiudeva infatti il suo lungo e proficuo mandato e, con l’occasione, tutti noi soci siamo stati chiamati a votare il nuovo Comitato Regionale.
Cominciamo dalle note positive.
Assemblea affollatissima, con un numero di partecipanti elevato, occasione ghiotta dunque per rivedere molti amici e colleghi. In più tanti dirigenti della nostra Associazione: il past President Gianluca Comin, la responsabile Casp, Commissione Aggiornamento e Specializzazione Professionale, Eva Jannotti, il responsabile della Commissione Ammissione e Verifica della posizione Professionale (Cav) Roberto Antonucci, il consigliere e membro del Comitato Esecutivo Fabio Ventoruzzo ed infine, come osservatrice esterna Maria Paola La Caria consigliere delegato al Coordinamento delle Delegazioni Territoriali.
Celeste Bertolini ha fatto un bel discorso, ricordando i numerosi piccoli e grandi successi della nostra delegazione e, soprattutto, ponendo in risalto il coeso gruppo di colleghi che l’hanno affiancata in questi anni.
Un clima che ho vissuto poco negli ultimi tempi ma molto all’inizio quando, quasi come un gruppo di carbonari, ci riunivamo almeno una volta al mese per riattivare la nostra delegazione con iniziative che, come quantità e qualità, sono poi diventate un benchmark per le altre delegazioni.
Intensa la partecipazione, dunque, numerosi gli interventi, candidature bel oltre le aspettative (22 per 9 posti disponibili), ben due colleghe che si sono proposte alla carica di Delegato Regionale, un’ansia di votare che mi ha francamente stupefatto: soci arrivati trafelatissimi, sfidando il proverbiale traffico romano, pur di apporre la loro scheda nell’urna…
Tutto bene, dunque?
Francamente no.
In qualità di Presidente dell’Assemblea non potevo intervenire nel merito, ma ora, qualche riflessione in proposito e – consentitemi – qualche piccolo sassolino rimasto nella scarpa, devo proprio togliermelo.
Innanzi tutto il “clima”.
Ho sempre ritenuto la presenza di più candidature un segnale di vitalità di un’associazione. Ma come spesso accade in questi casi è necessario una “fairness” di fondo per evitare che le giuste divisioni non diventino delle laceranti contrapposizioni. E di fairness, l’altra sera, ne ho vista ben poca… Anche perchè, nonostante gli interventi delle due candidate e dei loro sostenitori, non sono riuscito a capire le differenze in merito alla politica associativa. Solo forse (in un caso) una maggiore attenzione nei confronti dei colleghi della Pubblica Amministrazione giustifica la creazione di liste contrapposte? Mi pare pochino…
Dal dibattito è emersa, a mio avviso, una distorta interpretazione del ruolo e della funzione della Delegazione da parte di alcuni colleghi.
I territori devono avere una loro giusta autonomia. Ne sono talmente convinto che fui tra quelli a spingere (come Vicepresidente di Sissi Peloso) per la creazione delle delegazioni regionali all’epoca moribonde se non defunte. Detto questo, deve essere chiaro che il programma associativo è uno e uno solo. Quello che votiamo in Assemblea eleggendo il Consiglio Nazionale e, indirettamente, il Presidente. E’ quel documento che fissa le politiche associative. Le Delegazioni territoriali possono “interpretarlo”, possono scegliere di privilegiare alcuni aspetti rispetto ad altri, in considerazione del contesto in cui operano, ma non possono disattenderlo nè ignorarlo. Quindi che senso ha presentare “più programmi”? Tra l’altro distribuiti in Assemblea, quindi troppo tardi per permettere a noi soci di valutarli, esaminarli, giudicarli?
Insomma l’altra sera, come avrete capito, non mi sono trovato a mio agio.
Pensavo che la nostra associazione avesse superato definitivamente la fase critica di qualche anno fa che, da vecchio ma non vecchissimo socio, ho vissuto solo parzialmente.
Anche all’epoca vi erano delle contrapposizioni (nelle delegazioni regionali) non politiche ma basate su personalismi; anche all’epoca vi erano delle assemblee in cui le liste degli aventi diritto al voto venivano aggiornate fino a pochi minuti dall’inizio per permettere di includere quei soci morosi che, evidentemente folgorati sulla via di Damasco, versavano all’ultimo momento la quota associativa per poter così esprimere la loro preferenza; anche all’epoca molti soci si presentavano in Assemblea con fasci di deleghe nonostante non fossero previste dai regolamenti; anche all’epoca gli sfortunati Presidenti di quelle Assemblee si trovavano a dover gestire delle richieste bizzarre: come quella di tenere aperti i “seggi” elettorali per un periodo di tempo indefinito così da permettere:

a soci presenti di votare anche durante gli interventi dei candidati e poter così scappare via;
e ai ritardatari di arrivare in tempo per esprimere il proprio voto senza avere ascoltato nessuno. Tanto comunque il “pizzino” con le preferenze era già nelle loro tasche.

Sappiamo tutti come quella Ferpi è andata a finire …anche se è servita ad arrivare alla Ferpi che conosciamo oggi.
La speranza è che giovedì sia accaduto un piccolo incidente di percorso. Capita! In molti interventi si è preso l’impegno di lavorare “insieme” indipendentemente dal risultato delle elezioni. Vedremo se così sarà.
Al tempo stesso è opportuno che l’attuale gruppo dirigente segua da vicino cosa accade nelle Delegazioni Territoriali.
Da socio mi auguro che lo stesso impegno profuso durante questa mini campagna elettorale sia mantenuto nella gestione della nostra Ferpi Lazio.
Perchè abbiamo bisogno di soci seri, volenterosi, che lavorino in maniera inclusiva e che non perdano tempo in sterili contrapposizioni degne, a mio avviso, di miglior causa.
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