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Bistoncini: perché il lobbying non deve far paura

07/03/2014

Come lavorano e quanto contano le lobby in Italia? Il giornalista del TG2, _Luciano Ghelfi_ lo ha chiesto a _Fabio Bistoncini,_ “sporco lobbista” da oltre vent'anni.

“Il lobbying non è altro che il trasferire delle istanze che provengono da gruppi di interesse, che sono presenti in qualsiasi società, al decisore pubblico per chiedere ascolto. C’è poco da scandalizzarsi si tratta di pratiche antiche che hanno solo conosciuto un’evoluzione storica”.
Così Fabio Bistoncini, fondatore e AD di FB & Associati, società specializzata in advocacy e lobbying e autore del libro Vent’anni da sporco lobbista, ha spiegato a Luciano Ghelfi del TG2 in cosa consista la tanto vituperata professione del lobbista. In Italia lobby e lobbista hanno spesso una connotazione negativa riferita a gruppi di pressione che, in maniera poco trasparente, influenzano le decisioni politiche. Nella peggiore delle accezioni la parola lobby rimanda a clientelismo, corruzione e cattiva politica asservita agli interessi di pochi a discapito della collettività. Ma una lobby è genericamente un gruppo di interesse.
“In Italia questo è sempre stato monopolio degli organismi di rappresentanza classici: da un lato i partiti politici e dall’altro le organizzazioni sindacali, dei datori di lavoro, Confindustria e imprese. E quindi si è sempre giocato su questo equivoco che si è sempre fatta attività di lobbying senza dichiararlo”, continua Bistoncini.
I primi che vorrebbero una regolamentazione sono coloro che fanno lobbying sul serio, un lavoro complesso che si pianifica quasi scientificamente dopo avere esaminato la fattibilità del problema che il cliente sottopone.
“Noi prepariamo un piano di attività che prevede la definizione esatta della richiesta, la sua declinazione in termini politici e normativi e poi l’avvio di una serie di contatti con chi ha il potere decisionale”.
Nell’attività di lobbying si può vincere, perdere o solo limitare i danni: tocca a chi ne ha il potere contemperare tutti gli interessi in gioco.
“Il decisore, una volta informato, ha un ventaglio di ipotesi più ampio per prendere una decisione che possa essere anche una mediazione tra le varie istanze presenti nel contesto sociale”, conclude Bistoncini.




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