Bush alle Olimpiadi della comunicazione
01/08/2008
Il presidente mette in valigia un messaggio di pace e libertà difficile da far ascoltare, nel frastuono mediatico che sta per scatenarsi a Pechino.
“Agli attivisti ha detto che il suo prossimo incontro con le autorità cinesi sarà l’occasione per ribadire la posizione degli Stati Uniti d’America: i diritti umani e la libertà religiosa non possono essere negati a nessuno”. A parlare è Dana Perino, portavoce di George W. Bush. E il suo è il riassunto dell’incontro avuto dal presidente con cinque dissidenti cinesi rifugiati negli States. Ad essi l’inquilino uscente della Casa Bianca ha assicurato che nel suo bagaglio per Pechino c’è un messaggio di libertà.
Ma perché Bush, per parlare di un argomento che sembra stargli tanto a cuore, ha mandato la Perino al briefing con la stampa? “Si è volutamente trattenuto a un incontro tra il suo responsabile della sicurezza nazionale e il ministro degli esteri cinese Yang Jiechi”. Dove George W., come ha aggiunto l’addetta stampa,”ha detto che le Olimpiadi sono per la Cina l’opportunità di dimostrare compassione in ordine alle libertà civili e religiose”.
Esistono pochi dubbi sulle intenzioni di Bush: uscire di scena lasciando un buon ricordo della sua amministrazione. Un po’ come hanno cercato di fare tutti i presidenti americani (a parte Nixon, ovviamente). Di certo Bush non è stato quel che si definisce un “peacekeaper”. Ma il punto non è sulla sua politica pregressa, quanto piuttosto sulla capacità del suo slancio “ecumenico” di farsi strada dentro il circo mediatico che sta per scatenarsi a Pechino.
L’opinione corrente è consolidata: saranno le Olimpiadi della comunicazione. L’epicentro sarà il Beijing Olympic Green Convention Centre (BOGCC): 150 mila metri quadrati di tecnologia capaci di ospitare ventimila persone tra giornalisti, fotografi e broadcaster accreditati. Da qui partiranno dirette sportive, news e pubblicità multi-canale (stampa, tv, radio e internet) 24 ore su 24. Mentre il governo cinese ha appena annunciato la rimozione delle censure alla navigazione della Rete nazionale, chiedendo di non politicizzare i giochi. Intanto, un giornalista sudcoreano ha già provveduto a rovinare la sorpresa, rubando con un videofonino le immagini della prova generale per l’inaugurazione e rendendole visibili su YouTube.
Anche gli ultimi focolai di protesta stanno per spegnersi. Compreso quello relativo all’episodio più recente: al corrispondente di Amnesty International è stata negata una postazione all’interno del più grande centro stampa mai costruito per un’Olimpiade. Dall’8 agosto, quindi, ci sarà spazio solo per sport e spot. Con i grandi marchi internazionali protesi a fare breccia nel mercato cinese. E la Cina impegnata a mettere in vetrina il meglio della sua millenaria tradizione: l’ospitalità, le capacità organizzative, produttive e commerciali.
Ma non sarà la fiaccola olimpica a ravvivare l’economia mondiale. Per somma ironia della sorte, secondo la World Trade Organization, i venti della ripresa si alzeranno il giorno che George W. Bush uscirà per sempre dallo studio ovale.
Rosario Vizzini – Redazione Cultur-e