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Bush sceglie Karen Hughes per migliorare l'immagine degli Usa nel mondo

15/03/2005

L'ex-giornalista televisiva sarà lo stratega della comunicazione a stelle e strisce fuori dai confini nazionali.

Pesa sulle spalle di Karen Hughes il difficile compito di raddrizzare la reputazione degli Stati Uniti nel mondo. Sarà infatti questa 48enne ex giornalista televisiva il prossimo Sottosegretario di stato per la Diplomazia e i Public Affairs, vale a dire lo stratega della comunicazione a stelle e strisce fuori dai confini nazionali.Ascoltatissima da Bush come consulente per la comunicazione fin dai tempi in cui il Presidente era governatore del Texas, Hughes è stata considerata l'unica in grado di portare a termine la missione impossibile: migliorare la deteriorata immagine americana in Medio Oriente. Il ritorno sulla ribalta di questo personaggio (Hughes fu consulente di George W. fino al 2002 quando lasciò la Casa Bianca per occuparsi della famiglia) segnala che la svolta più importante del secondo mandato presidenziale non riguarda tanto la strategia militare quanto una rinnovata attenzione al problema della comunicazione all'estero. Non a caso David Kiley, che segue il mondo della pubblicità per Business Week, giudica la scelta del nuovo sottosegretario "un'indicazione che il Presidente sta quanto meno portando questo ruolo ad un più alto livello di importanza rispetto a quando era ricoperto da Charlotte Beers e Margaret Tutwiller, nessuna delle quali è risuscita ad ottenere niente".Che il compito assunto da Karen Hughes dovesse essere portato ad "un più alto livello" non lo pensa solo Kiley. Lo ripetono da almeno un paio d'anni studi e ricerche prodotte in serie dal governo Usa o da ambienti limitrofi. Ultimo in ordine di tempo il Report on Strategic Communication del Defense Science Board, un comitato del Dipartimento di Stato che nel settembre scorso ha deciso di trasmettere alle alte sfere del governo Usa un'immagine realistica del mondo per correggere la "rabbia e lo scontento" globali diretti verso l'America invitandola e riflettere sui propri fallimenti strategici e comunicativi.A fare da controcanto a queste ricerche ci si sono messi negli ultimi mesi anche due dei più prestigiosi quotidiani internazionali. Il 30 dicembre scorso il Financial Times osservava che mentre "un sondaggio dopo l'altro mostra come le accuse di violazioni dei diritti umani e l'incapacità di trovare armi di distruzione di massa abbiano offuscato la reputazione internazionale degli Stati Uniti",  le multinazionali dello zio Sam cominciano a chiedersi "se le indagini [non] indichino un più sottile appannamento dei marchi americani nelle menti di milioni di consumatori ordinari". Anche perché, continuava l'articolo, "le ricerche di mercato provano sempre di più un collegamento tra politica e brand". (Dan Roberts, "Tarnished image: is the world falling out of love with Us brands?", Financial Times, 30 dicembre 2004).Il 14 febbraio è toccato all'International Herald Tribune osservare che "con la continuazione della guerra in Iraq e con il recente fastidio riguardo al dominio americano, le società Usa sono state costrette a modificare ulteriormente il modo in cui conducono affari in Europa". Per la Edelman Public Relations, citata dal giornale, "le multinazionali americane stanno ripensando il loro modo di approcciare gli europei per ridurre il fossato che si è allargato attraverso i conflitti, le differenze politiche e le diversità culturali". Secondo l'annuale indagine condotta dalla Edelman su 1.500 opinon leader del mondo, il "32 per cento degli europei a gennaio ha affermato di essere meno incline ad acquistare prodotti di società statunitensi a causa di disaccordi con la cultura americana" (Kevin O'Brien, "U.S. Companies Rethinking Their Marketing in Europe" , International Herald Tribune,  14 febbraio 2005).Se questo è il clima, il ruolo di Karen Hughes appare davvero come uno dei più cruciali e delicati della nuova amministrazione Bush.Raffaele Mastrolonardo - Totem
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