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Come NON scegliere un consulente di social media

08/01/2009

La top ten di Stuart Bruce per destreggiarsi tra i ‘presunti’ esperti di social media.

Sono appena tornato da una colazione di lavoro con Thomas Gensemer, managing partner di Blue State Digital (BSD) e Joe Rospars, ex direttore new media di Barack Obama. Il mio post è stato ispirato da un commento di Gensemer che ha detto: “il concetto che chiunque sia un esperto di queste cose è una fandonia”. Questo riecheggia qualcosa che dico costantemente quando mi trovo a parlare nelle conferenze “il modo più semplice per trovare colui con cui non lavorare è qualcuno che si descrive come un esperto”. Mi piace di più la versione di Thomas!


Ispirato da questo ho elaborato una mia personale top ten di come non scegliere un consulente di social media (11 in realtà!):


1. Descrivono se stessi come ‘un esperto’. Questo spazio è così nuovo e sta cambiando così rapidamente che è impossibile essere un esperto, a Wolfstar affermiamo solamente di “essere avanti”, costantemente aggiornati.


2. Pensano che pubblicità, marketing e relazioni pubbliche siano ‘morti’ e che on-line sia dove tutto succede. La comunicazione tradizionale non sta andando da nessuna parte, ma ugualmente non può permettersi di ignorare l’online e i nuovi media.


3. La prima cosa di cui parlano non è come integrare i social media nella strategia generale di comunicazione aziendale o in un piano di relazioni pubbliche. Proprio come per le tradizionali relazioni pubbliche o per le comunicazioni di marketing devi concentrarti sugli obiettivi del business e su cosa la comunicazione può fare per il loro raggiungimento.


4. La prima cosa che consigliano è che dovresti avviare un blog o un gruppo su Facebook. Focalizzati sul business e su cosa vuoi raggiungere e poi pensa agli strumenti e alla tecnologia.


5. Hanno “bloggato” solo per poco tempo e non hanno molti commenti o link da altri blog, o più di una presenza personale o aziendale all’interno di altri social media e network. Come possono farlo per voi se non sono in grado di farlo per loro stessi?


6. Equiparano la misurazione con la valutazione e il ROI. Le campagne online e sui social media sono incredibilmente facili da misurare con un sacco di numeri disponibili, ma questa non è la stessa cosa del valutare il ROI che può essere difficile sia online così come lo è nel ‘mondo reale’ delle Relazioni pubbliche.


7. Ti dicono come possono aiutarti a controllare i tuoi messaggi nei social media e nei social network. Non puoi controllare il messaggio on-line ed è un mito che tu possa anche controllarlo off-line, ma puoi ascoltare, rispondere e influenzare.


8. Non hanno un track record di successo sia on-line che nelle Relazioni pubbliche tradizionali per i clienti e per loro stessi. Molte agenzie di Rp, pubblicità e digitale stanno rivendicando i social media come un servizio, ma ciò non significa che possono farlo.


9. Dicono di parlare verso o alle persone piuttosto che con le persone. E’ una conversazione in cui non puoi intrometterti ed intervenire con il tuo messaggio, devi partecipare e riflettere su cosa puoi apportare piuttosto che su cosa puoi ottenere.


10. Ti promettono risultati veloci e successo immediato. Online, social media e social network sono tutte rappresentazioni di come la società e l’economia sta cambiando, devi avere modo di esserci il pià a lungo possibile.


11. Pensano che social media sia novità. Così non è, è semplicemente una questione di relazioni, ed è per questo che si chiama Relazioni pubbliche e non pubblicità o marketing digitale.



tratto da A PR Guy’s Musings by Stuart Bruce


Stuart Bruce, fondatore e managing director di Wolfstar, specialista in relazioni pubbliche, social media, e consulenza per brand, business e per il settore pubblico.
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