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Comunicazione e dintorni: l’obbligo morale di essere competenti

06/03/2017

Rita_Palumbo

L'Italia è in ritardo in tema di digitale. Costruire competenze in grado di leggere e gestire il futuro, per creare occupazione e contribuire allo sviluppo del Paese è quindi un obbligo morale, al pari della deontologia, del riconoscimento del valore della nostra professione, della formazione continua, del monitoraggio costante del mercato. Dalla campagna, #ComunicoBene, al convegno "Le professioni del futuro, patrocinato da Ferpi e in programma il 23 marzo a Milano, sono numerose le occasioni che non possono essere perdute, come sostiene Rita Palumbo nella sua rubrica #MercatoLavoro.

I temi della Buona Comunicazione sono di grande attualità in queste ultime settimane.

La campagna firmata Ferpi #ComunicoBene ha spostato i riflettori sulla deontologia professionale e sul ruolo – sempre più importante – dei comunicatori, chiamati ad essere testimoni e narratori del nostro tempo e della nostra società. #ComunicoBene ha avviato un dialogo con tutti i soggetti che producono contenuti e con le loro organizzazioni e/o associazioni di riferimento. Ma non sarà sufficiente se non saranno coinvolte le aziende, le istituzioni politiche e quelle dell’istruzione. Comunicare bene è un obbligo morale per gli addetti ai lavori. È anche – anzi soprattutto - un asset strategico per lo sviluppo economico e culturale del nostro Paese.

Il Sistema Paese è pronto a partecipare a questo processo di rinnovamento? Per i ricercatori dei centri studi dell’Unione Europea l’Italia è in ritardo.

Prendiamo ad esempio i risultati del The Digital Economy and Society Index (DESI), riportati in un articolo pubblicato da Prima Comunicazione: “Nel 2017, l’Italia è ferma al 25esimo posto nella classifica europea, come nel 2016. Anche se, continua Bruxelles, per quanto riguarda l’utilizzo delle tecnologie digitali da parte delle imprese e l’erogazione di servizi pubblici online, l’Italia si avvicina alla media…. Tuttavia, gli scarsi risultati in termini di competenze digitali rischiano di frenare l’ulteriore sviluppo dell’economia e della società digitali”.

E ancora, al capitolo CAPITALE UMANO: “Sempre più persone sono online, ma le competenze restano basse in tutti gli indicatori….Latitano le competenze digitali elementari, ancora pochi sono gli specialisti Ict e i laureati nelle discipline scientifiche (14 individui su mille contro i 19 della media Ue). Il punteggio italiano in questa sezione è rimasto immobile: 0,40. Si è quindi allargato il divario con il resto d’Europa (che invece avanza)”.

Costruire competenze in grado di leggere e gestire il futuro, per creare occupazione e contribuire allo sviluppo del Paese è quindi un obbligo morale, al pari della deontologia, del riconoscimento  del valore della nostra professione, della formazione continua, del monitoraggio costante del mercato.

Dei “ritardi” del nostro Paese e delle occasioni che non possono essere perdute, si parlerà a Le professioni del futuro”, titolo di un evento firmato InTribe, patrocinato da Ferpi, che si terrà a Milano il prossimo 23 marzo e che vedrà la partecipazione del consigliere Daniele Chieffi.

Nel corso dell’evento InTribe presenterà oltre 100 nuove professioni o evoluzioni di professioni attuali, che saranno le più richieste nel nuovo mondo del lavoro.

La mancanza di competenze specifiche e avanzate ha generato il fenomeno, che si è affermato soprattutto nell’istruzione italiana, denominato Digital Mismatch – ha anticipato Marco Ravagnan Direttore Ricerche InTribe - le persone in cerca di lavoro spesso non sono in grado di rispondere ai requisiti e alle competenze tecnologiche e digitali sempre più necessarie alle aziende. Nonostante i livelli di disoccupazione da record, continua a essere difficile per le aziende trovare le professionalità giuste da inserire, anche nella comunicazione. Le previsioni della Comunità Europea (2014-2020) stimano una crescita costante di posti di lavoro nel settore ICT, mediamente 112.000 all'anno fino al 2020. Questi però potrebbero essere oltre 750.000 in più se non fosse per la mancanza di competenze richieste. Il gap tra domanda e offerta di competenze ICT in Italia è stimato in 135.000 posti di lavoro nel 2020”.

 

 
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