Santina Giannone
Il tavolo "Leadership e relazioni di genere" si è svolto durante InspiringPR 2025, il 17 maggio a Venezia. Il confronto ha stimolato una nuova fase del dibattito sulla parità di genere, quella della maturità strategica, che progetta la comunicazione come leva di cambiamento culturale.
C’è grande desiderio di cambiamento, ma c’è anche la consapevolezza di tanta fatica quando parliamo di linguaggio come strumento per la costruzione di una parità di genere. Ne abbiamo discusso durante la tavola rotonda su “Leadership e relazioni di genere” all’interno della recente edizione di Inspiring PR, a Venezia.
La fatica emersa dal confronto è quella accumulata per le resistenze esterne e interne del fenomeno, che hanno origini diverse (più politiche e sociali le prime, intrinseche e psicologiche le seconde), ma un comune denominatore: la diversità dei sessi è ancora oggi differenza.
Le resistenze esterne – dai modelli culturali consolidati alle organizzazioni non progettate per valorizzare le competenze femminil, dalla mancanza di politiche inclusive strutturate, alla persistenza di modelli culturali e religiosi che relegano le donne a ruoli secondari – sono emerse durante il dialogo facilmente identificabili e molto pervasive. Come è possibile che ancora oggi la scuola, l’istituzione con cui i genitori si confrontano più spesso, perpetri modelli che veicolano una disparità strutturale nella cura dei figli, chiamando ad esempio prevalentemente le madri per ogni comunicazione?
Tra le dinamiche interne, sono emerse molte cicatrici comuni da sanare: dalla "sindrome dell'impostore" che spinge molte donne a non candidarsi a posizioni di rilievo, al "controllo eccessivo" che impedisce una delega efficace anche nelle dinamiche familiari. La ricerca della continua percezione spesso si abbina a un’insicurezza e una cautela eccessiva che sono i primi nemici da sconfiggere attraverso nuove metriche di confronto con i modelli che passano da una consapevolezza condivisa.
La comunicazione come agente di trasformazione
Il cuore del dibattito si è concentrato sulla necessità di ripensare le strategie comunicative.
Citando Alda Merini, siamo convinte che: "Mi piace chi sceglie con cura le parole da non dire".
La scelta di parole nuove, o di nuovi significati parte però dalla consapevolezza che qualcosa nel modello precedente non ha funzionato e che dunque abbiamo dei conti da fare con delle rinunce. Grazie alla facilitazione di Massimo Bustreo, la domanda “A cosa decidi di rinunciare per inaugurare una nuova comunicazione che punti alla parità di genere strutturale?” ci ha portato a interrogarci fuori dagli alibi. La comunicazione storica su questi temi, spesso basata su rivendicazione e rabbia legittima, oggi rischia di bloccare il dialogo.
È emersa la necessità di una comunicazione empatica ma assertiva, che crei ponti invece di muri, coinvolgendo gli uomini non come destinatari passivi ma come protagonisti del cambiamento. Centrale il concetto di "abituare l'occhio alla normalità": invece di sottolineare ogni presenza femminile in ruoli di leadership, renderla naturale attraverso una rappresentazione equilibrata.
Il salto di qualità: dalla rappresentanza alla rappresentatività efficace
Uno degli insights più significativi è stato il passaggio concettuale dalla "rappresentanza" alla "rappresentatività efficace": le donne prendono parte in quanto esperte, professioniste, studiose, ricercatrici, non in quanto donne. La valorizzazione delle competenze femminili è dunque parte di una scelta più ampia, quella di dare valore al merito e all’impegno. Un approccio che richiede maggiore impegno nella ricerca di talenti ma che evita l'autogol della "difesa di categoria".
Particolarmente interessante è stata la riflessione intergenerazionale. con una prospettiva nuova stimolata dai più giovani: da una parte maggiore apertura culturale, dall'altra l'influenza persistente di modelli stereotipati veicolati da musica, social media e pubblicità. Una studentessa ha raccontato la propria "rabbia" nel vedere sale convegni piene di uomini durante i colloqui universitari, evidenziando come le nuove generazioni non diano per scontate conquiste che sembravano acquisite.
La sfida emersa è mantenere l'empowerment delle nuove generazioni evitando che ereditino la "rabbia atavica" delle precedenti, trasformandola in energia costruttiva per il futuro.
Il confronto ha evidenziato come la questione non possa essere affrontata solo dal punto di vista aziendale, ma richieda un approccio sistemico che coinvolga famiglia, scuola, media e società civile. La condivisione dei ruoli familiari, i congedi parentali equi, l'educazione fin dall'infanzia emergono come elementi fondamentali di un cambiamento culturale più ampio.
Il manifesto in costruzione
Il lavoro del tavolo non si ferma qui. Il confronto ricco e articolato ha fornito le basi per elaborare un manifesto della comunicazione equa, uno strumento operativo che traduca i principi emersi in indicazioni concrete per comunicatori e organizzazioni.
Il manifesto a cui la Commissione Relazioni di Genere FERPI sta lavorando vuole essere un punto di riferimento pratico per chi ogni giorno sceglie parole, immagini e strategie comunicative. Non un documento teorico, ma un promemoria quotidiano che ricordi come ogni scelta comunicativa possa contribuire a costruire una cultura più inclusiva.
L'obiettivo è ambizioso ma necessario: trasformare la comunicazione da specchio della società esistente in agente attivo del cambiamento culturale. Perché, come emerso dal confronto di InspiringPR, la comunicazione può cambiare la cultura. Una parola alla volta.
Grazie a chi ha partecipato con presenza, impegno e apertura. Un grazie in particolare a Serena Fregonese e Mariafrancesca Riccio di Uniferpi, per il contributo prezioso nella raccolta delle testimonianze e nella loro elaborazione per il documento finale.