Michela de Faveri
Come il labirinto diventa strumento conoscitivo nelle relazioni. Michela de Faveri intervista Simone Origio, primo speaker esperienziale di InspiringPR.
La relazione con qualcuno o qualcosa - quando è autentica - genera inevitabilmente emozioni.
Non sempre questa esperienza risulta di facile gestione, poiché la consapevolezza e la conoscenza che abbiamo di noi stessi si lega strettamente al modo in cui ci rapportiamo al mondo che ci circonda.
Ecco che in soccorso ci viene uno strumento insolito e inaspettato - Il Labirinto - cui Simone Origio, primo Speaker Esperienziale di InspiringPR, ha dedicato molta attenzione.
A marzo scorso è uscito il suo saggio “Lo Specchio nel Labirinto – una via paradossale alla Relazione” – La Bussola Editore, che riassume dieci anni di studio sulla materia: da questa indagine accurata è emerso come il cammino nel labirinto possa favorire la relazione con sé stessi e l'altro, in una sorta di esperienza "iniziatica" di trasformazione e rinnovamento.
A InspiringPR 2023 Simone porta il suo labirinto e - sotto la sua guida - sabato 6 maggio sarà possibile provarlo di persona.
Simone, il labirinto come strumento di conoscenza nelle relazioni, ci spieghi meglio?
Innanzitutto va chiarito un equivoco: l'idea convenzionale di labirinto - una struttura a più vie dove facilmente ci si perde - prende corpo solo nel XV secolo, come espressione della capacità dell’uomo rinascimentale di compiere le proprie scelte. Ma per tremila anni - da ciò che testimoniano le fonti archeologiche - il Labirinto è stato unicursale, cioè ad una sola via, dove l’entrata corrispondeva all’uscita e la via di andata era anche la via di ritorno. Chiaramente non imprigionava nessuno nei suoi meandri come generalmente si crede.
Il famoso “filo” - che secondo il mito Teseo ha utilizzato per ritrovare la strada dopo aver ucciso il mostruoso Minotauro - in realtà rappresenta la relazione fra l'eroe ed Arianna, l'unione d'amore nel confronto con ciò che ci spaventa.
Il mostro infatti, come indica l'etimologia del termine latino, ha lo scopo di rivelare qualcosa, di mostrare ciò che non si conosce. Per superarlo, bisogna restare uniti.
In questi anni, esaminando il carattere iniziatico di questo simbolo da varie prospettive (archeologia, storia, mito e psicologia del profondo) ho intuito come esso sia in grado di favorire un incontro autentico e di trasformarci.
Il Labirinto, che è un archetipo presente in tutte le civiltà, diventa uno strumento conoscitivo che ci aiuta a valorizzare la relazione autentica (con sé stessi e con l’altro), intesa come luogo dove – aldilà delle apparenze – scoprire chi siamo realmente
Quindi nel Labirinto ci si può ritrovare?
Sì. Questo vale però per il labirinto unicursale, che non a caso accompagna chi lo percorre al Centro. Ci insegna ad avere fiducia in sé stessi, favorendo l'accesso a potenzialità sconosciute, e ci aiuta nelle situazioni senza via d’uscita (come nel mito di Dedalo e Icaro) attivando in ognuno di noi l’immaginazione. Queste due risorse, fiducia e immaginazione, sono alla base di qualsiasi relazione autentica e solida.
In questo momento storico la modalità relazionale è molto effimera, priva o povera di principi e di contenuti: per questo le relazioni in genere non funzionano.
Io mi sono limitato a restituire un sapere antico e ad interpretarne il messaggio.
E come avviene questo percorso di consapevolezza?
Dopo dieci anni di studio e sperimentazione diretta con le persone ho elaborato un mio metodo, dove utilizzo una versione ridotta del Labirinto di Chartes, che è il labirinto pavimentale più grande del mondo (risalente al 1230).
A chi ha un tema irrisolto, una domanda, una situazione che appare senza uscita, propongo il percorso nel labirinto. Si cammina su un simbolo - e questo è già un atto potentissimo - al centro del quale ho collocato uno specchio, caratteristica peculiare dei miei workshop. Il mio ruolo è metaforicamente quello di un’ostetrica, una levatrice, assisto alla “nascita” del soggetto coinvolto ma non ne sono l’artefice. Si arriva al centro del Labirinto destrutturando le convinzioni che ci limitano e condizionano. Ciò che vediamo nello specchio è quindi "nuovo": possiamo incontrare noi stessi oltre l'idea di sé.
Inconsapevolmente si attiva conoscenza, ricevendo informazioni che possiamo traslare poi nella nostra quotidianità.
Quale può essere l’uso pratico del Labirinto?
In questi anni il Labirinto mi ha seguito in workshop, percorsi di Team Building e sessioni individuali. Molte delle persone che hanno intrapreso il cammino hanno avuto risultati significativi: pensieri che si schiarivano, risposte che arrivavano spontaneamente nella mente, rasserenamenti e chiarezza di intenti. È uno strumento estremamente efficace per migliorare il rapporto con se stessi e - di conseguenza - con gli altri. Quattro sono i percorsi esperienziali che propongo, ispirati dalla saggezza del mito e dedicati alle dinamiche relazionali più importanti: Luce nell’Ombra, incentrato sulla relazione intrapersonale; Teseo e Arianna, dedicato alla relazione di coppia; Dedalo e Icaro, focalizzato sulla relazione genitore/figlio e La danza nel labirinto, pensata per creare valori nelle esperienze di Team Building aziendali dove la relazione fra i singoli elementi del gruppo è essenziale al raggiungimento di determinati obiettivi.
Sono davvero lusingato di essere presente con il mio Labirinto ad InspiringPr e di offrire ad una platea di comunicatori una prospettiva inconsueta da cui osservare le emozioni e la trasformazione che ne consegue. È come quando si scrive un testo: si inizia con una traccia, con un’idea, ma durante la scrittura il testo si trasforma giungendo, a volte, a finali inaspettati. Ecco, questo è quello che io mi auguro.