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Economia: il coronavirus uno shock epocale

09/04/2020

Redazione

Secondo Unioncamere possibili 420mila occupati in meno nel 2020 e 2 anni prima di poter ritornare ai livelli di PIL e di crescita stimata fino allo scorso gennaio secondo quanto emerso da “Lo shock epocale: imprese e lavoro alla prova della lockdown economy”, il focus Censis/Confcooperative che analizza lo stato dell’economia considerando una chiusura delle attività fino a maggio.

Possibili 420mila occupati in meno nel 2020. A dirlo l'aggiornamento realizzato a marzo da Unioncamere del modello di previsione dei fabbisogni occupazionali delle imprese private dell’industria e dei servizi che, sfruttando l’insieme delle informazioni a disposizione del sistema delle Camere di Commercio italiane, consente di effettuare un primo approfondimento per l’anno 2020 caratterizzato dall'emergenza COVID-19. Si tratta di uno scenario di crisi senza precedenti, in cui l’economia nazionale e internazionale è stata colpita da uno shock di ingenti proporzioni sia dal lato della domanda che da quello dell’offerta.

E di shock parla anche il focus Censis/Confcooperative “Lo shock epocale: imprese e lavoro alla prova della “lockdown economy” che analizza lo stato dell’economia considerando una chiusura delle attività fino a maggio 2020, con un ritorno alla normalità entro i due mesi successivi (Fonte Cerved). “L’economia italiana inchioda e occorreranno 2 anni prima di poter ritornare ai livelli di PIL e di crescita stimata fino allo scorso gennaio” commenta Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative. “In condizioni di urgenza straordinaria il sistema necessita di misure straordinarie, coraggiose e soprattutto veloci che consentano di non spegnere i motori, altrimenti rischiamo, quando sarà passata l’emergenza, di lasciare sul tappeto 1 milione di imprese”.

Unioncamere considera uno scenario intermedio di progressiva uscita dalla crisi e di ripresa delle attività economiche entro il mese maggio, senza comunque tener conto dei possibili effetti delle misure a sostegno dell'economia che saranno attivate a livello nazionale ed europeo, dal momento che sono ancora in via di definizione.

Nel 2020, al netto dei lavoratori che beneficeranno della cassa integrazione guadagni ordinaria o in deroga, si stima un calo dello stock di occupati dei settori privati dell’industria e dei servizi, in media annuale, di 422mila unità rispetto al 2019 (-2,1%). Infatti, si prevede per gli indipendenti una riduzione di 190mila unità (-3,4%) e per i dipendenti privati di 232mila unità (-1,6%).

Dall’analisi dei principali comparti produttivi, in particolare, si evidenzia una flessione stimata di 113mila unità nell’industria e di circa 309mila nei servizi. Il turismo risulta il settore maggiormente in sofferenza, con un calo stimato nel 2020 di 220mila occupati, ma si stimano ampie flessioni nello stock di occupati anche nei comparti delle costruzioni (-31mila unità), della moda (-19mila unità), della metallurgia (-17mila unità), della meccatronica (-10mila unità) e delle industrie della gomma e delle materie plastiche (-10mila unità). Per quanto riguarda i servizi, oltre al dato del turismo si segnalano importanti riduzioni degli occupati nel commercio (-72mila unità), nei servizi culturali, sportivi e altri servizi alle persone (-24mila unità) e nel trasporto e logistica (-18mila unità). I settori per i quali si può prevedere un saldo positivo sono quelli della sanità (+26mila unità), dei servizi ICT (+8mila unità) e le industrie farmaceutiche (+1.200 unità).

Dati non certo confortanti ma secondo il presidente di Confcooperative Gardini “va visto il bicchiere mezzo pieno, perché le giuste misure di contenimento del coronarivus non hanno bloccato l’intera economia. Poco più della metà delle imprese e dei suoi lavoratori non si sono fermati. In qualche modo la fase 2 parte da qui, ma va alimentata con coraggio e decisione. Vanno tenuti accesi i motori del sistema imprenditoriale per consentire la ripartenza appena sarà possibile e cercare il rimbalzo necessario per il nostro PIL. In caso contrario rischiamo di uscire da questo lockdown lasciando sul tappeto almeno il 20% delle imprese, poco meno di 1 milione di PMI, con conseguenze indescrivibili in termini di fatturato, occupazione e tenuta sociale del Paese”.

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