1.Pochi se ne saranno accorti, ma la sera di Giovedì scorso (25 Maggio) c'è stato un vero e proprio colpo di mano nella redazione del TG1 delle 20!!I redattori sono scesi in sciopero per protestare contro l'appiattimento delle notizie rispetto ai desideri sempre più invasivi dei portavoce dei ben 25 politici che -su un tema e l'altro- hanno preteso di dire la loro sull'assemblea di Confindustria, la lite fra i poli, calciopoli, il ritiro delle nostre truppe dall'Irak e perfino su Erika&e.per dimostrare come ormai sia del tutto saltato il filtro interpretativo e selettivo delle fonti primarie dell'informazione che solitamente viene affidato a chi di mestiere è addetto alla preparazione dei giornali.Pochi se ne sono accorti, dicevo, per la semplice ragione che è ormai da troppo tempo che lo stato del nostro giornalismo versa in queste condizioni, e non soltanto quello televisivo e neppure quello politico. In realtà l'invocazione della par condicio è soltanto un alibi per nascondere una patologia assai più grave e diffusa. 2.Naturalmente scherzo...ma sarebbe bene che i giornalisti dessero un segnale di essere consapevoli. Già - direte voi - ma perché mai i giornalisti dovrebbero essere diversi e migliori dagli altri: i politici, gli imprenditori, i manager, le persone di cultura e di scienza? Giusto.Ma allora perché noi comunicatori diamo loro tanta importanza, oggi che si può avviare un dialogo diretto con i protagonisti senza necessariamente passare attraverso le maglie interpretative, peraltro come dicevo saltate, dei giornalisti?Perché - aggiungerete - i nostri committenti pretendono da noi soltanto visibilità sui media, qualsiasi cosa dicano...altro che applicazione del modello di Grunig!...Qui stiamo velocemente tornando al primo modello della press agentry, quello di Barnum... neppure a quello di Ivy Lee (public information) ove almeno i giornalisti avevano accesso diretto alle fonti e il diritto di ricevere risposte.La verità è che da noi non si fan più neppure più le domande... e i media sono cassa di risonanza diretta, minuto per minuto, di una devastante brodaglia di vacuità di personaggi in cerca di una dichiarazione, di un momento di presenza.Esserci, esserci comunque, non importa come, dove e su cosa: questo l'imperativo categorico della comunicazione dei leader delle organizzazioni in questo scorcio del 2006. 3.In un bell'editoriale di Dario Di Vico del giorno dopo sul Corriere della Sera (Il Potere Liquido - 25 Maggio), l'autore avvia la sua analisi critica dedicata a Prodi così:Girando per Roma si finisce per avere la netta sensazione che le elezioni non siano mai avvenute...per poi aggiungere...Il deficit di politica lo si rintraccia nella mancanza di una vera e propria agenda di priorità, lo si ritrova nell'imperversare delle lobby di tutti i tipi e nella tutt'altro che modica quantità di veleni che continuano ad essere iniettati nel corpo della pubblica opinione..E concludere...Forse mai come in questo momento il potere in Italia è stato così liquido.Sacrosanto, caro Dario, ma perché non partire da questa constatazione anche per una serena e critica analisi dell' informazione e di quanto essa sia oggi dominata dalle veline, dalle dichiarazioni, dalle intercettazioni soffiate e dai dossier che noi, comunicatori a vario titolo, passiamo, quasi sempre garanzia di anonimato, ai giornalisti che pare abbiano perso la voglia di fare il loro lavoro?Sarà anche liquido il potere politico (come lo sono peraltro quello sociale, culturale ed economico&), ma il liquido che ristagna nel sistema di relazioni fra comunicatori delle organizzazioni private, pubbliche e sociali e i giornalisti è davvero fetido, eva in una sola direzione: verso il lettore/spettatore/ascoltatore.Il mio sogno di uno sciopero dei giornalisti del TG1 si affianca ad altri sogni analoghi:Toni Muzi Falconi dice la sua sui rapporti (troppo diretti) tra potere e informazione, su presenzialismo e qualità dei contenuti e su certe patologie del giornalismo italiano...