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General Motors punisce il Los Angeles Times: basta pubblicità

12/04/2005
Il gigante dell'automobile ha ritirato tutta la propria pubblicità dal Los Angeles Times, in risposta a una serie di articoli, non graditi dai vertici di GM, pubblicati dal quotidiano americano. 
La recente copertura editoriale su General Motors sarebbe stata caratterizzata da "errori e travisamenti", nelle parole di Ryndee Carney, portavoce di GM. Non si tratterebbe di un avvenimento isolato, ma di diversi e incresciosi incidenti di percorso, tali da spingere il management della società a ritirare l'advertising dal Los Angeles Times, punta di diamante del gruppo Tribune. "Come politica generale, non agiamo così. E' molto, molto insolito", precisa Carney al Wall Street Journal. 
Uno degli episodi incriminati - la goccia che ha fatto traboccare il vaso - per l'esattezza risale allo scorso mercoledì: il premio Pulitzer Dan Neil ha criticato aspramente GM per quelle che ha definito decisioni di cattiva gestione e ha suggerito la rimozione del numero uno Rick Wagoner. Neil ha inoltre definito la Pontiac G6 come "flop". 
Da qui la decisione di GM di investire altrove i propri dollari destinati alla pubblicità, fermo restando che "loro (il Los Angeles Times, ndr) sono liberi di raccontare ed esprimere le opinioni che credono", dice Carney. 
Secondo i dati dell'agenzia TNS Media Intelligence, l'investimento complessivo di General Motors in pubblicità ammonterebbe, per il solo 2004, a 2,8 miliardi di dollari. Di questi, circa 10 milioni secondo quella che è ancora una fonte non confermata da Tribune o da GM sarebbero andati al Los Angeles Times. 
La misura punitiva messa in atto da General Motors rientra in una più generica presa di posizione contro la stampa "negativa": la crociata è condotta in particolar modo dal vice presidente Robert Lutz, che, lo scorso mese, durante il New York Auto Show, ha bacchettato i giornalisti, accusandoli di critiche sleali nei confronti delle macchine americane. 
Per maggiori dettagli, si legga il pezzo del Wall Street Journal [su abbonamento]. 
Simona Campanella 
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