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George W. Bush a Roma mentre i nostri colleghi di New York combattono l'antiamericanismo o immaginan
03/06/2004
Si chiama 'business for diplomatic action' e, con il più classico degli strumenti delle relazioni pubbliche - una coalizione di interessi - alcuni rilevanti esponenti delle maggiori imprese di relazioni pubbliche, di pubblicità e del marketing si propongono di contrastare e mitigare gli effetti devastanti della crescita dell'antimericanismo nel mondo. "Prima ancora che per l'economia americana, la nostra azione intende produrre impatti positivi sulla stessa percezione internazionale dell'identità del Paese e della sua popolazione, mai state così deboli" così Michael Morley, vice presidente mondiale della Edelman, di origine britannica e da poco naturalizzato americano (per me è diverso rispetto ai miei colleghi che ci sono nati, io ho scelto di essere americano...), il quale dal 26esimo piano della splendida sede Edelman in Times Square, coordina le attività della nuova 'lobby'. ... Nei giorni della visita di Bush a Roma, pare appropriato aprire con questa notizia la cronaca del viaggio di studio dei dodici Ferpini negli Stati Uniti e in Canada, avviatosi martedì 1 giugno dopo una fantastica cena dalla ex-collega Beatrice Tosti al suo Bagatto di Alphabet City, un lunedì di festa (memorial day) a girovagare per musei e attrazioni e una grande anatra al Peking Duck di Mott street. Si! L'avvio è stato davvero stimolante se si pensa che - dopo una intera mattinata di discussione con Richard Edelman, Michael Morley e Derek Creevey sulle tendenze internazionali del mercato e le dinamiche emergenti della professione - in serata in una saletta riservata di Felidia (il più famoso ristorante italiano di Manhattan) il mitico Robert Dilenschneider, forse il più embedded dei nostri colleghi con i meandri più segreti della Casa Bianca, ci sorprende tutti avanzando l'ipotesi (tecnicamente ancora fattibile nei prossimi sessanta giorni) che la candidatura di John Kerry possa essere in effetti ancora civetta e che, alla fine, è possibile immaginare che Hillary Clinton sfidi George Bush strappando la nomination alla Convention di democratica di Boston. E sarebbe anche per questo, ci spiega, che il partito repubblicano ha rinviato la sua convention che, non casualmente, si terrà dopo quella democratica, ed a New York, roccaforte della signora ma anche luogo simbolo di ground zero. Eh si! Il buon Dilenschneider si immagina (augura?) una possibile ripetizione delle elezioni del 2000 quando lo scolorito Al Gore venne battuto per pochissimi voti dal giovane Bush... Con la differenza che nel frattempo è interventua la ripresa economica (e solo negli Stati Uniti!), il ricordo dell'11 settembre e, chissà!!!!, un sempre più verosimile nuovo attacco terroristico al cuore del Paese alla vigilia delle elezioni, che induca l'elettorato a non cambiare cavallo quando la guerra è in corso sottocasa. I dettagli li rinviamo alla prossima settimana, ma come i lettori potranno osservare, il nostro viaggio è partito alla grande e i nostri interlocutori nella capitale dell'impero ci dicono cose di grandissimo interesse e che posizionano le relazioni pubbliche là dove devono essere: dove si incontrano la comunità economica, quella politica e quella dei media. (tmf)