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Goodbye Steve

06/10/2011

_Steve Jobs,_ il fondatore della Apple, l’uomo che ha cambiato per sempre il modo di comunicare, è morto il giorno dopo la presentazione della sua ultima creatura, l’Iphone 4S, la prima senza di lui al timone dell’azienda. _Toni Muzi Falconi_ racconta un suo personale ricordo per commemorare un uomo straordinario.

di Toni Muzi Falconi
”But you are an Ibmmer!. Luca diventa tutto rosso, febbrilmente si sfila la giacca blu appena comprata e si toglie la cravatta stirata aprendosi la camicia bianca. “That’s much better!”.
Siamo sotto la scaletta del suo aereo privato, non ricordo l’anno esatto (Luca mi aiuti tu?) ma di certo non oltre il 1984. Luca è Luca Mortara, che avevo da poco assunto in SCR proprio per seguire il lancio del Macintosh in Italia. Infatti, avevamo optato per Apple e lasciato IBM.
Naturalmente parlo di Steve Jobs. Una storia che, oggi, forse merita di essere raccontata.
SCR era allora la principale società italiana di relazioni pubbliche ed eravamo stati interpellati da Apple. Telefono ad Alberto Beonio Brocchieri, allora alle Rp di IBM Italia, nostro cliente e gli chiedo se davvero Apple fosse così competitor da metterci in conflitto qualora avessimo accettato di lavorarci. La risposta fu positiva (nel 1984 Apple are nata da poco e nessuno pensava che sarebbe diventata quello che oggi sappiamo).
Luca Mortara era allora un giovanotto che lavorava all’Arci: brillante, spiritoso, intelligente. Lo avevo conosciuto su presentazione di Chicco Testa (presidente di Legambiente ) quando mi venne a trovare qualche mese prima in Foro Bonaparte 70 per convincermi a partecipare ad una di quelle iniziative che Luca si inventava un giorno si e un giorno no.
Eravamo nei primi anni ottanta e lui voleva convincermi ad investire dei soldi, pochi per volta, per partecipare insieme ad altri pazzi al Capodanno del 2000 in una isola del Pacifico. Ricordo anche che mi fece nomi altisonanti intellettuali che avevano aderito… e notai che erano di una età che non sarebbe mai arrivata al 2000 (!) . Brillante, la rateazione come una sorta di assicurazione sulla vita a rovescia…
Naturalmente non partecipai al capodanno del 2000 nell’isola del Pacifico, anche perché quella notte ero impegnato a Roma per coordinare con Lara Pontarelli e Roberto Zangrandi, con Franco Bassanini, Ernesto Bettinelli, Francesco Rutelli, Mariella Gramaglia, Luigi Zanda la cabina di regia, nazionale e cittadina, dedicata a governare l’impatto potenziale del baco del millennio, proprio mentre si apriva nella capitale il Giubileo (ma questa è un’altra storia).
Parlantina sciolta, passione per il digitale, ammirazione sconfinata per Jobs, buon inglese: Luca era la persona giusta. Lo assunsi rapidamente e insieme organizzammo la prima visita di Jobs in Italia.
Era in arrivo a Fiumicino con il suo aereo privato.
Luca era molto emozionato e non si rese conto (neppure io per la verità) che – indossando il suo primo vestito blu appena acquistato, con camicia bianca e cravatta elegante – avrebbe suscitato quel commento fra l’ironico e l’irritato di Jobs appena sceso dalla scaletta e dopo avermi stretto la mano. Avevo fatto carte false per ottenere il permesso alla limousine con autista che avevamo preso per l’occasione di entrare in pista e raccogliere il nostro cliente sotto la scaletta. Volevamo dargli l’impressione che, pur non essendo dei nerds/geeks, eravamo comunque bravi. In effetti non avevo mai visto Luca con una cravatta e ne ero anche compiaciuto…
Dopo quel primo commento, Jobs si mise a camminare verso l’uscita dell’aeroporto con noi due a fianco mentre l’autista sconcertato ci seguiva a distanza. ”Gotta take a walk, after all those hours sitting down…”
Fra i diversi incontri che ci aveva richiesto a Roma, Jobs ci teneva ad uno in particolare: quello con Gianni De Michelis che allora era ministro per le partecipazioni statali. Aveva letto delle sue cose tradotte in inglese e ne era rimasto colpito. Fissai con Gianni una cena in una saletta riservata del Grand Hotel. Ma Gianni non sapeva l’inglese e mi chiese se poteva portare con sé una amica americana che fungesse da interprete. Intorno al tavolo il ministro, la sua amica, Jobs, Luca ed io. Per chi conosce Gianni sa bene che parla così in fretta che nessuno potrebbe fare una simultanea, e quindi dopo pochi minuti si mise a parlare in un misto veneziano/napoletano pensando (immagino) che un americano lo avrebbe capito meglio che non se avesse parlato solo in veneziano…
Cena a dir poco imbarazzante.
Il giorno dopo Gianni mi chiamò per chiedermi come era andata. Già allora non sapevo tenere la bocca chiusa e gli dissi ”un disastro”. Mi mise giù il telefono.
Non ci incontrammo più per diversi mesi fino a quando non mi chiamò un giorno per invitarmi a partecipare all’hotel Quirinale (quello in Via Nazionale) dove era stato invitato da Paolo Pasini a parlare a un gruppo di manager e imprenditori angloamericani. Ci andai e fui sbalordito: il suo inglese era diventato davvero accettabile e colto. All’uscita mi disse ”Mi hai fatto molto incazzare, però come vedi sono migliorato…”
Che centra tutto questo con l’uscita di scena di Steve Jobs? L’amico Fontana direbbe: storytelling…
Ma fra poche settimane spero di potervi raccontare un’altra storia vera: quella di un importante progetto che vuole anche essere un omaggio a quella straordinaria figura di Steve Jobs.
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