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I comunicatori pubblici si interrogano sulla legge 150

11/10/2005

Un articolo di Alessandro Rovinetti seguito da un breve commento di Toni Muzi Falconi.

Dalla newsletter Comunicatori pubbliciLegge 150: una stagione difficile e una professione ancora nel limboLa comunicazione pubblica rappresenta una disciplina fondamentale e una leva, non unica ma importante, per ogni vero processo di cambiamento delle nostre Amministrazioni. Il suo valore strategico e la sua capacità di essere risorsa ne fanno un elemento decisivo che segna la differenza tra le Istituzioni che cambiano e quelle che parlano di cambiamento. Non sarà un caso che laddove le Amministrazioni si rinnovano, le organizzazioni si modernizzano, i cittadini pretendono efficienza e qualità dei servizi, la comunicazione pubblica registra i suoi risultati migliori. Non è un caso che, dove tutto questo è carente o assente, si preferisca percorrere i sentieri più facili e conosciuti della propaganda e della pubblicità.Avere elementi di certezza e di verifica è, dunque, sempre più necessario se si intende costruire progetti e percorsi coerenti e innovativi. Lo è, a maggior ragione, quando si tratta della legge 150, una legge che ci viene invidiata in Europa ma che, nel nostro Paese, vive una stagione difficile.Non si tratta di riproporre i perché e i per come di questa difficoltà, solo chi non vuole o non può vedere ha ancora dubbi sui veri motivi della sua mancata applicazione. Non si tratta nemmeno di mostrare muscoli associativi o di lucidare medaglie professionali.Oggi, anche alla luce della Finanziaria 2006, i termini della questione sono sotto gli occhi di tutti. Sarà sempre più difficile garantire un futuro a questa disciplina, alle decine di migliaia di comunicatori pubblici che già operano nelle Amministrazioni locali e nazionali, ai neolaureati in scienze della comunicazione e ai cittadini che richiedono alla pubblica amministrazione rapporti paritari e chiari, se si continuerà, anno dopo anno, a mantenerla in una sorta di limbo delle buone intenzioni. A farla apparire o sparire ad ogni bilancio preventivo o ad ogni Finanziaria. Se oggi si fosse applicata davvero la legge 150, avremmo strutture definite, professioni riconosciute, accessi e carriere regolamentate. Avremmo maggiori possibilità di contrastare quegli eccessi che in questa fase di non decisione, molto spesso rendono la comunicazione pubblica anziché un diritto-dovere una inutile esibizione.Ci aspettiamo che la legge 150 possa trovare presto ulteriori certezze e buoni motivi per riprendere il proprio cammino. Che amministratori e dirigenti capiscano che "risparmiare" in materia di comunicazione vuol dire comunicare bene. Che i sindacati del pubblico impiego s'impegnino perché competenze e professionalità non rimangano belle parole.I comunicatori pubblici sono, come sempre, al fianco di tutti coloro che intendono e praticano la comunicazione come una significativa occasione per migliorare le Amministrazioni e far crescer le nostre comunità.Alessandro Rovinetti, Segretario generale di 'Comunicazione Pubblica' 07/10/2005Breve commento di Toni Muzi Falconi:Molte cose che dice Rovinetti sono condivisibili.Stupisce che non faccia neppure un accenno (se non indiretto) ai tagli preannunciati dalla finanziaria sui quali mi ero brevemente soffermato la scorsa settimana.Comprensibile, ma poco convincente, la trincea intorno alla 150 che verosimilmente per i suoi difetti costitutivi e le sue molte contraddizioni, ha notevolmente contribuito a determinare la situazione denunciata dal segretario di comunicazione pubblica.Proviamo ad immaginarci uno scenario diverso se i comunicatori pubblici in questi sei anni di applicazione abborracciata della legge non si fossero ghettizzati nella loro pervicace e testarda rivendicazione para sindacale e avessero invece sostenuto e guidato il movimento degli innovatori nella pa...Altro giro..altra corsa.O no?(Toni Muzi Falconi)
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