Daniela Ballarini
Geopolitica e management: guidare l’impresa tra complessità e visione
Nel vortice di trasformazioni che ridisegnano gli equilibri mondiali, comprendere le dinamiche geopolitiche è diventato fondamentale anche per il mondo aziendale. A InspiringPR 2025, Attilio Di Scala – esperto di geopolitica applicata alla governance – offrirà una lettura approfondita su come le imprese possano integrare la dimensione geo-strategica nella leadership.
In che modo i board aziendali dovrebbero integrare la lettura geopolitica nei processi decisionali?
Serve innanzitutto un cambio di mentalità: la geopolitica non è più una disciplina “esterna” all’impresa, ma un driver interno di scelta strategica. Oggi una decisione sul posizionamento di un brand, sulla scelta di un fornitore o sull’apertura di un nuovo mercato può essere influenzata da conflitti regionali, instabilità normativa o tensioni diplomatiche. Per questo, nei board dovrebbe esserci almeno una figura capace di tradurre i trend internazionali in analisi operative, affinché la visione d’impresa non sia miope ma sistemica.
In uno scenario internazionale segnato da instabilità e frammentazione, qual è il ruolo della geopolitica nella definizione delle strategie d’impresa?
Oggi la geopolitica è entrata a pieno titolo nella cassetta degli attrezzi del management. Non si tratta più di una variabile accessoria, ma di una chiave interpretativa fondamentale. La guerra in Ucraina, le tensioni tra Stati Uniti e Cina, i conflitti in Medio Oriente, le sanzioni, la ridefinizione delle catene del valore: tutto questo impatta direttamente su scelte strategiche, investimenti e rischi operativi. Le imprese non possono più permettersi di essere spettatrici. Devono diventare "geo-aware", cioè consapevoli delle dinamiche globali che influenzano il proprio contesto di azione.
La figura del Chief Geopolitical Officer che lei promuove rappresenta una vera novità. Qual è il valore strategico di questo ruolo in azienda?
Il Chief Geopolitical Officer, o CGO, è innanzitutto un interprete della complessità contemporanea. Non è una figura che si sovrappone al management, né tantomeno lo sostituisce, ma ne arricchisce profondamente la capacità di lettura del contesto globale. Porta all’interno dell’azienda una visione geopolitica applicata, capace di tradurre eventi macro – come conflitti regionali, tensioni internazionali, sanzioni, accordi multilaterali o pressioni normative – in scelte strategiche concrete.
La sua è una funzione trasversale, che lavora accanto al CEO o addirittura è lo stesso CEO.
Si interfaccia con le aree più sensibili dell’organizzazione: relazioni istituzionali, gestione del rischio, compliance, comunicazione, logistica, finanza. È una figura-ponte tra l’impresa e il mondo, in grado di anticipare le conseguenze di eventi geopolitici sui mercati, sulla reputazione aziendale, sulle catene di fornitura e sulle scelte di investimento.
In un mondo sempre più interconnesso e instabile, dove le logiche economiche sono profondamente intrecciate con quelle politiche e strategiche, la consulenza strategica sta diventando, nei fatti, consulenza geo-strategica.
Le imprese non possono più permettersi di leggere il mondo con una lente puramente operativa: oggi, comprendere le dinamiche tra Stati, blocchi regionali e poteri economici è una condizione necessaria per proteggere e far crescere il business. Ecco perché la geopolitica è entrata nei board e nei comitati strategici, e con essa il bisogno di figure in grado di navigare tra rischi e opportunità globali.
Il CGO è, in questo senso, la bussola che orienta l’azienda nei nuovi scenari dell’economia mondiale.
La governance è una delle tre dimensioni dell’approccio ESG. Qual è, secondo lei, il legame tra buona governance e consapevolezza geopolitica?
La “G” di governance è spesso vista come la parte più tecnica dell’ESG, ma in realtà è il fondamento su cui si basa la capacità dell’impresa di affrontare la complessità. Non si tratta solo di regole o procedure, ma di una visione chiara della responsabilità, della trasparenza e del processo decisionale.
Una governance solida consente all’azienda di operare in modo etico e lungimirante, soprattutto in scenari instabili. Integrare la consapevolezza geopolitica nella governance significa dotarsi di strumenti per monitorare, anticipare e gestire i rischi sistemici prima che diventino crisi.
Oggi le imprese si muovono in un contesto globale frammentato, dove conflitti, sanzioni e tensioni normative possono avere effetti immediati. Una governance che incorpora la lettura geopolitica permette di passare dalla reazione all’azione strategica, rafforzando resilienza e competitività.
In uno scenario caratterizzato da polarizzazione politica, guerre commerciali e instabilità regionale, come può il management mantenere una rotta strategica coerente e responsabile?
La chiave è la visione, ma una visione che oggi deve andare oltre la sola dimensione aziendale. In un contesto iper-reattivo, serve distinguere l’urgente dall’importante, tenendo insieme coerenza strategica e responsabilità verso l’ecosistema in cui l’impresa opera. Un management davvero responsabile non si limita a proteggere il business, ma partecipa attivamente alla difesa dell’interesse nazionale, contribuendo alla sicurezza economica e industriale del proprio Paese.
Incorporare la geopolitica nella strategia aziendale significa saper leggere le linee di frattura che modellano il futuro e costruire scenari, piani e alleanze in modo anticipatorio, non reattivo. Ma significa anche attivare forme evolute di collaborazione pubblico-privato, soprattutto in ambito di intelligence economica, per condividere informazioni, rafforzare la competitività del sistema e prevenire minacce che superano i confini della singola impresa.
In uno scenario globale instabile, questa capacità di agire come attore consapevole, connesso e corresponsabile, è ciò che distingue chi semplicemente reagisce da chi, invece, guida il cambiamento
Qual è il rischio più grande che un’impresa corre se ignora le dinamiche geopolitiche? E quale, al contrario, l’opportunità più significativa per chi sa anticipare e adattarsi ai nuovi equilibri globali?
Il rischio è l’inerzia strategica: continuare a operare come se nulla stesse cambiando, salvo poi trovarsi in una tempesta senza bussola. La geopolitica non è più un ‘fondo grigio’, è parte attiva dello scenario aziendale. L’opportunità, invece, è quella di diventare più resilienti, credibili e competitivi. Chi riesce a leggere i segnali deboli del sistema internazionale non solo evita danni, ma conquista un vantaggio competitivo duraturo.