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Investimento sociale: scelta obbligata per un’impresa eticamente responsabile

22/12/2011

Si ha vero sviluppo quando si considera la crescita in una dimensione etica, mettendo l’uomo al centro dei processi economici. Una sfida che necessita un nuovo modello di relazioni industriali. Se ne è discusso a Roma in un convegno promosso dalla _Scuola di Relazioni Industriali_ di _Telecom._

di Nicola Mattina
“Il cambiamento delle regole sulle quali si fondano le relazioni industriali è un passo necessario per rispondere in maniera efficace al mutato scenario socio-economico”. Lo ha sostenuto il Presidente di Telecom Italia, Franco Bernabè, aprendo i lavori del convegno_*Investimento sociale e impresa sostenibile*_ secondo appuntamento di un ciclo di incontri organizzati dalla Scuola di Relazioni Industriali di Telecom Italia. Quello dell’investimento sociale è, ormai, una scelta inevitabile per le imprese che vogliono presentarsi ed essere reputate quali attori eticamente responsabili del ciclo produttivo, affrontando aspetti come l’aggiornamento continuo delle competenze tecniche e politiche di riconversione; l’invecchiamento della popolazione aziendale e gli interventi di sostenibilità; i mestieri del futuro; l’innovazione e la ricerca. Con Bernabè ne hanno discusso Chiara Saraceno, sociologa, professore di ricerca presso il Wissenschaftszentrum für Sozialforschung di Berlino, Irene Tinagli, docente all’Università Carlos III di Madrid, specializzata in sviluppo economico, innovazione e creatività, Alberto Bombassei, Vice Presidente Confindustria per le relazioni industriali, affari sociali e previdenza e Presidente Brembo S.p.A., Giovanni Azzone, Rettore del Politecnico di Milano, Joaquín Navarro-Valls e Antonio Migliardi, Responsabile Risorse Umane di Telecom Italia.
L’intenzione era quella di restituire un quadro aggiornato sulla relazione tra gli elementi che impattano sul mercato del lavoro prendendo in esame i passaggi dalla scuola all’occupazione, dall’innalzamento dell’età professionale alla richiesta di formazione permanente. “Oggi le parole più ripetute sono crisi, crescita e sviluppo. Questi ultimi due termini vengono quasi usati come sinonimi; invece dobbiamo sottolineare che crescita si riferisce a questioni materiali e un concetto fortemente ancorato alla rivoluzione industriale, mentre sviluppo riguarda il armonico e qualitativo dei modi di vivere”, ha affermato Joaquìn Navarro-Valls, Presidente Fondazione Telecom Italia. “Se guardiamo unicamente alla crescita non riusciamo a capire nulla della qualità dello sviluppo: aziende in forte crescita possono produrre sviluppo negativo di una società perché inquinano. La crescita è una condizione necessaria ma non sufficiente allo sviluppo. Si ha sviluppo quando si mette l’uomo al centro dell’attività e si considera la crescita in una dimensione etica. Questo significa che ogni operatore economico deve poter usare la propria competenza per realizzare se stesso, perché è molto difficile che una persona lavori proficuamente se non trova entusiasmo in ciò che fa; ogni persona ha una serie di prerogative che non si esauriscono in se stessa e quindi non può esserci sviluppo che non enfatizzi anche la dimensione relazionale degli uomini; ogni persona, oltre a relazionarsi con i propri “vicini”, deve poter concorrere alla gestione e alla tutela dei beni comuni alimentando anche la dimensione comunitaria”.
La Scuola di Relazioni Industriali di Telecom Italia è un’iniziativa nata nel 2010 che si propone di creare una sede permanente di confronto tra operatori delle relazioni industriali del mondo aziendale, istituzionale e delle associazioni di categoria, favorendo il dialogo sociale.
Un comitato scientifico composto da rappresentanti del mondo accademico e dei media oltre che da esponenti del top management di Telecom Italia orienta le scelte della Scuola, che si fa promotrice di incontri di formazione e workshop in cui dipendenti e manager dell’azienda, insieme a rappresentanti delle organizzazioni sindacali e professionisti delle relazioni industriali, hanno modo di confrontarsi e approfondire le principali tematiche del lavoro, le tendenze del settore e l’evoluzione degli scenari nazionali e internazionali.
Altro tema centrale per le imprese che vogliono essere eticamente responsabili è quello della Formazione permanente. “L’idea di fondo del lifelong learning è che sia necessario cambiare il modo con cui si fa formazione, estendendo gli interventi formativi nel tempo e nello scopo”, ha evidenziato Irene Tinagli, Università Carlos III di Madrid. “ Quindi, da un lato vengono considerate le occasioni di apprendimento lungo tutto il corso della vita. E, dall’altro, si punta allo sviluppo consapevole delle competenze e delle capacità a trecento sessanta gradi utilizzando diversi format formativi, che non limitano l’apprendimento alle lezioni frontali in aula. La formazione è importante non solo perché aumenta le opportunità di mantenere un lavoro soddisfacente, ma anche perché determina la capacità di produrre innovazione delle aziende e di individuare nuove opportunità di sviluppo. In Italia, i sindacati – che sono così attenti alla tutela formale dei posti di lavoro – hanno avuto un ruolo negativo sull’efficacia della formazione indebolendo la capacità dei lavoratori di difendere il proprio posto di lavoro nei fatti.”
Più di taglio economico l’intervento di Giovanni Azzone, Rettore del Politecnico di Milano. “In termini globali, nel 2007 gli investimenti in ricerca e sviluppo erano suddivisi in parti uguali tra America, Europe e Asia. Tuttavia, grazie soprattutto all’enorme crescita di scienziati e ingegneri in Cina, il mondo dei paesi in crescita sta acquisendo una capacità di creare innovazione superiore a quella occidentale. Che possibilità abbiamo rispetto ai volumi che è in grado di mettere in campo la Cina? Investire sulla sostenibilità e sull’innovazione sostenibile ricordando che in questo ambito i problemi sono estremamente complessi e quindi hanno bisogno di un approccio fortemente interdisciplinare. Per esempio, nel mondo ci sono stati molti esperimenti di electric car sharing che non hanno avuto successo. Il motivo principale dei fallimenti è legato al fatto che si è pensato solo all’innovazione tecnologica senza considerare gli utilizzatori. Se si fosse adottata un’ottica interdisciplinare, per esempio, si sarebbero potute coinvolgere le compagnie telefoniche per ottenere i dati su dove sono concentrate le persone a una certa ora (infatti, tutti portano con se un telefonino) e quindi capire dove era necessario spostare i veicoli. Inoltre, non dobbiamo pensare che l’innovazione venga prodotta solamente dagli specialisti. Lo dimostrano i tanti esempi di customer innovation, che prevedono il coinvolgimento dei clienti nei processi di product management.
Le persone sono al centro del processo innovativo e devono essere caratterizzate da: competenze interdisciplinari solide, capacità progettuale, apertura cultura e senso etico”.

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