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L'AI nella comunicazione: oltre la tecnica, la responsabilità etica

10/06/2025

Enzo Rimedio

Riflessioni dal gruppo di lavoro "Linguaggi e algoritmi" di InspiringPR 2025, coordinato da Enzo Rimedio.

 

Durante l'undicesima edizione di InspiringPR, il tema dell'intelligenza artificiale ha attraversato trasversalmente tutto il festival, confermandosi come la sfida più urgente per la nostra professione. Nel laboratorio "Linguaggi e algoritmi", diciotto professionisti della comunicazione si sono confrontati su una questione fondamentale: come educare alla sensibilità etica e culturale nell'uso dell'AI nella comunicazione.

 

L'AI come amplificatore, non sostituto

La prima riflessione emersa dal gruppo riguarda il posizionamento dell'intelligenza artificiale nel nostro ecosistema professionale. Come ha efficacemente sintetizzato Francesca Danni di Centromarca, "l'intelligenza artificiale può replicare per esempio il cubismo, ma non può inventarlo." Questa osservazione coglie il cuore della questione: l'AI eccelle nella replicazione e nell'elaborazione di pattern esistenti, ma la creatività genuina, quella che nasce dall'esperienza emotiva e dalla sensibilità culturale, rimane prerogativa umana.

 

La sinergia vincente si realizza quando l'AI diventa amplificatore delle nostre competenze, non loro sostituto. Ma qui emerge un paradosso importante: come sottolineato da Massimo Morelli di Pensativa, se mettiamo l'intelligenza artificiale "a disposizione di un individuo, di un gruppo di lavoro che ha padronanza della materia, l'intelligenza artificiale può solo far bene", mentre quando viene utilizzata da chi non ha ancora acquisito solide competenze di base, "il danno può essere gigantesco."

 

La formazione come antidoto ai bias

Questo ci porta al secondo punto cruciale: la formazione. Non si tratta solo di imparare a usare nuovi strumenti, ma di sviluppare un pensiero critico che ci permetta di riconoscere e mitigare i bias incorporati negli algoritmi. Come evidenziato da Martina Vazzoler, gli sviluppatori di questi sistemi sono prevalentemente anglosassoni, creando una forma di "colonizzazione digitale" che riproduce e amplifica disuguaglianze esistenti.

 

La questione delle fonti è particolarmente critica per noi comunicatori. Come ho evidenziato, i vari ChatGPT non attingono solo da quello che viene detto online, ma da banche dati che le AI companies acquistano. La "verità dell'AI" è quindi la verità che conosce in quel momento, influenzata dalle scelte commerciali e culturali di chi gestisce questi sistemi.

 

Trasparenza e responsabilità: i nostri nuovi imperativi

Il terzo elemento fondamentale riguarda la trasparenza verso i nostri pubblici. La discussione ha evidenziato come sia necessario informare quando i contenuti sono generati o elaborati con l'aiuto dell'AI, non solo per onestà intellettuale ma per gestire correttamente le aspettative.

 

Particolarmente critica è la situazione nella pubblica amministrazione, dove l'uso non consapevole dell'AI può portare a errori che minano la credibilità istituzionale. Come ha osservato Anna Maria Gallo, esperta di Relazioni Pubbliche e giornalista, "in attesa che l'AI venga normata, si deve normale da sola" attraverso la responsabilità individuale di ciascun professionista.

 

Ripensare le metriche di successo

Il quarto aspetto emerso dalla discussione riguarda la necessità di ripensare i nostri indicatori di successo. Se continuiamo a misurare solo reach ed engagement, rischiamo di cadere nella trappola del volume rispetto alla qualità. L'AI può facilmente generare grandi quantità di contenuti, ma la vera sfida è mantenere standard qualitativi elevati.

 

Come ho sottolineato durante il confronto, "forse meglio averne tre articoli buonissimi che tanti fuffa", soprattutto considerando i replicatori di news alimentati dall'AI. Dobbiamo quindi sviluppare nuove metriche che valutino non solo l'efficacia quantitativa, ma anche l'impatto culturale ed etico della nostra comunicazione.

 

Le sfide sistemiche: divario digitale e approccio culturale

La discussione ha evidenziato anche sfide più ampie. Il divario di competenze digitali nella popolazione crea una frattura tra chi può utilizzare criticamente l'AI e chi la subisce passivamente. Come professionisti della comunicazione, abbiamo una responsabilità sociale nel colmare questo gap.

 

Interessante anche la riflessione di Ezio Bertino, delegato del Piemonte, sulle differenze culturali: mentre in Oriente l'AI è vista come "implementazione amica", in Occidente la percepiamo spesso come antagonista. Questo approccio negativo rischia di diventare una profezia che si autoavvera, impedendoci di cogliere le opportunità che la tecnologia offre.

 

Verso un uso etico dell'AI: le nostre linee guida

Dal confronto emergono sei principi fondamentali per un uso etico dell'AI nella comunicazione:

L'AI va concepita come amplificatore delle capacità umane, mantenendo al centro la saggezza, l'empatia e la sensibilità culturale che ci contraddistinguono. La formazione continua diventa essenziale, non solo per noi professionisti ma per educare anche i nostri pubblici a un uso consapevole.

 

Dobbiamo essere sempre consapevoli dei bias degli algoritmi e adottare misure per mitigarli, integrando fonti e prospettive diverse. La trasparenza nell'uso dell'AI e la responsabilità verso il pubblico sono principi non negoziabili.

 

È urgente sviluppare nuove metriche che valutino l'impatto culturale ed etico della comunicazione, oltre agli indicatori tradizionali. Infine, dobbiamo coltivare un approccio costruttivo, vedendo l'AI come opportunità di crescita professionale piuttosto che come minaccia.

 

Una professione in trasformazione

L'integrazione etica dell'AI nella comunicazione non è un traguardo da raggiungere una volta per tutte, ma un processo continuo che richiede coraggio, curiosità intellettuale e umiltà. Come comunicatori, siamo in prima linea in questa trasformazione, con l'onere e l'onore di plasmare un futuro in cui tecnologia e umanesimo possano procedere in armonia.

 

L'AI è "figlia nostra", come emerso dalla discussione, e sta a noi guidarne lo sviluppo in direzioni eticamente e culturalmente costruttive. Il suo impatto sulla comunicazione dipenderà non tanto dalla tecnologia in sé, quanto dal modo in cui decideremo di utilizzarla.

 

La sfida è trovare l'equilibrio tra innovazione tecnologica e valori umani essenziali. Una sfida che definirà il futuro della nostra professione e, in ultima analisi, il tipo di società che contribuiremo a costruire attraverso la nostra comunicazione.

 

È possibile leggere l’intero documento del gruppo di lavoro da questo link.

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