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La banlieue e "les pieds noirs": dalla cronaca francese degli ultimi giorni due importanti riflessio

15/11/2005

I contributi di Enzo Mario Napolitano e di Gian Paolo Pinton

Da leggere e scaricare QUI l'intervento di Enzo Mario Napolitano: "Tra marketing de la négation e marketing identitaire".
Scrive Gian Paolo Pinton, a proposito di Csr e diversità:I cambiamenti in atto nella nostra società corrono così veloci che un fenomeno accavalla spesso l'altro. Provo a sgranellare alcune considerazioni partendo dai recenti ed esplosivi fatti di contestazione sociale e di intolleranza civile, scoppiati recentemente in Francia.Vorrei ricollegarmi al contesto socio-economico nel quale le violente proteste dei "pieds noirs" francesi (così sono soprannominati dai parisien) hanno fatto innescare la miccia che ha fatto scoppiare, oltre a larghe fasce della banlieu parigina, anche profonde riflessioni in molte nazioni d'Europa. Ciò che mi sorprende è che non sia stato sottolineato da nessuno dei grandi esperti il fatto che la rivolta è fatta da cittadini francesi e non dagli immigrati, visto che la guerriglia è stata scatenata da ragazzi della terza generazione dei "francesi d'Africa".L'integrazione sociale dei nuovi popoli sta diventando uno dei problemi fondamentali del nostro modello sociale e quindi della nostra epoca. Lo è per un paese come la Francia, a tradizione coloniale, dove l'integrazione sociale dovrebbe essere già avvenuta da tempo. Credo lo sarà  molto di più per quei paesi dove il fenomeno dell'immigrazione straniera è iniziato da pochi anni, ma con tempi e modi troppo veloci e superficiali.Tento di spiegarmi: da parte della classe politica, i fatti non sono percepiti come un fenomeno a tutto campo, lo ha detto Jaques Le Goff, lo ha ripetuto Toni Negri. Gran parte del centro destra e del  centro sinistra, invece di affrontare il problema  assieme (almeno a livello legislativo) nell'interesse sia degli italiani  e sia degli immigrati, ha dato l'impressione di aver strumentalizzato l'importantissimo tema in questione, praticando spesso retorica e demagogia.Male: questo significa non aver capito che in questa società ci sono dei problemi che non sono targati centro destra o centro sinistra.Lo faranno capire gli italiani (con i voti ) da una parte e gli immigrati dall'altra (con le proteste)? Vedremo.Ora, tornando a bomba, come si può pensare che questi eventi siano solo pretesti per trovare soluzioni a problemi contingenti e non rischino di restare piaghe irrisolte, in un modello sociale destinato ad una continua mutazione etnica,sociale, economica?Nonostante sia palpabile tra la gente comune un vasto senso di disagio e di paura verso particolari atteggiamenti di alcuni  immigrati, che si rivelano sempre più frequentemente pretenziosi e talvolta prepotenti; basta pensare ai  regolari che puliscono i vetri ai semafori, che mendicano o che vendono oggetti per strada talvolta strattonando la giacca alla gente per indurre all'acquisto, esiste tutto il sommerso dell'immigrazione illegale. Qui regnano gli imprenditori della prostituzione, le bande delle villette, e i mercanti di droga. Questi signori sono venuti nel nostro paese per non rispettare le leggi e per fare del male alla gente, per spaventare le nostre famiglie, per molestare i nostri giovani. Questo non va bene. A chi ci si deve rivolgere, senza essere tacciati di destrismo e peggio di razzismo per far rispettare le leggi e riprendersi un po' della sicurezza sociale che gli italiani si erano costruiti, con tanta fatica? Pensiamo in positivo: è vero, esiste questo stato di ansia sociale ma è altrettanto vero che noi tutti dobbiamo sforzarci di pensare che ci sarà una società diversa, anche se ci potrà essere un prezzo salato da pagare. Nei giorni scorsi si è tenuto a Milano, organizzato da Sodalitas, un evento dedicato alla responsabilità sociale delle imprese. In tale contesto, riferisco e condivido il pensiero di Giuseppe De Rita che suggerisce la micro coesione sociale, come elemento di riferimento che possa cementificare i comportamenti di tutti noi, italiani e immigrati: rispetto delle leggi e dei diritti umani, voglia di integrazione soprattutto attraverso il mondo del lavoro, riconoscimento delle norme e dei costumi,orientamento verso una nuova comunità multietnica. Probabilmente il modello italiano della piccole e medie imprese favorirà questo fenomeno, facilitando la realizzazione temporale di un'integrazione più attiva, tra tempo di lavoro e tempo libero, tra singoli e famiglie.De Rita auspica anche una macro coesione sociale: quella delle istituzioni, delle associazioni di categoria, del mondo noprofit e soprattutto della classe politica. Secondo questa lettura, sarà così che tenderà a presentarsi la situazione sociale nelle nostre città e il sistema delle imprese medie e piccole probabilmente assumerà sempre più le sembianze di una rete di imprese socialmente responsabili.Come sostiene l'economista Stefano Zamagni, più che di responsabilità sociale si dovrebbe parlare di responsabilità civile d'impresa, perchè si sta costruendo una nuova civiltà, soprattutto attraverso il mondo delle imprese.Ecco un aspetto socialmente rilevante, per il fenomeno sopradescritto: come le imprese possano risultare strutturalmente fondamentali per dare il via a soluzioni di integrazione vincenti.Allo stato attuale si dice che siano ancora poche le imprese orientate ad una non scontata  responsabilità sociale, tanto da guadagnarsi l'appellativo di "minoranze profetiche". Ovvio che tutto questo implichi da parte delle stesse, non solo come si diceva sopra, il rispetto delle leggi e delle normative generali, ma induca l'impresa ad un comportamento particolarmente responsabile verso valori e norme che tutelino la figura umana, la famiglia del dipendente, l'ambiente di lavoro.Questo comportamento delle imprese sempre più attente a produrre non solo profitto, ma anche valori per l'intera comunità concorrerà a produrre quella civiltà del convivere e quella coesione sociale che potranno rivelarsi i paradigmi dominanti per dare un futuro sostenibile ai nostri giovani.Come diceva Aristotele, anche noi ci auguriamo che "la virtù sia più contagiosa del vizio".Gian Paolo Pinton
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