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La comunicazione delle istituzioni tra consenso e ricerca di senso

31/05/2013

A Roma, in un workshop nell’ambito del programma degli _Stati Generali della Comunicazione Politica,_ si è dibattuto sulla dicotomia storica tra comunicazione politica e comunicazione delle istituzioni.

Il futuro della politica passa da una rivalutazione della comunicazione delle istituzioni pubbliche che ad essa è strettamente legata. Sia che si tratti di un ente centrale della pubblica amministrazione, come un ministero o il governo stesso, che di un piccolo comune è necessario ripensare e riprogettare il rapporto tra comunicazione delle istituzioni e comunicazione politica, troppo spesso sbilanciato verso la seconda con il fine ultimo del consenso sulle persone, i politici, gli amministratori pubblici, più che sull’azione politica invece che sulla ricerca di un senso da dare ad ogni scelta, possibilmente con il coinvolgimento dei cittadini.
E’ quanto è emerso dalla tavola rotonda sulla “comunicazione istituzionale”, moderata dal direttore Ferpi, Letizia Pini, nell’ambito degli Stati Generali della Comunicazione Politica, mercoledì 29 maggio a Roma, cui hanno preso parte Gianluca Sgueo, Matteo Colle, Luigi Di Gregorio, Alessandro Papini e il Vice Presidente Ferpi, Giancarlo Panico.
Tra esigenze di budget, sempre più esiguo, riconoscimento di funzioni, profili professionali la necessità di un linguaggio condiviso e “la necessità di ri-legittimare”, come ha sostenuto Luigi Di Gregorio di Roma Capitale, “le istituzioni presso i cittadini e questo è un compito che spetta alla comunicazione”.
Il dibattito ha preso il via con l’invito di Matteo Colle della MR & Associati Comunicazione a parlare di “comunicazione delle istituzioni” piuttosto che di comunicazione istituzionale o addirittura di comunicazione pubblica, che ha acceso subito il dibattito. “Quando parliamo di comunicazione delle organizzazioni pubbliche dobbiamo parlare di comunicazione delle istituzioni” – ha affermato Matteo Colle – “una comunicazione autentica costruita su contenuti forti, è l’unica via di uscita per una politica agonizzante”.
Luigi Di Gregorio, direttore comunicazione di Roma Capitale, partendo dalla descrizione di alcune delle iniziative recenti avviate dall’amministrazione di Roma in termini di rapporti con i cittadini e di trasparenza, tra le quali anche l’adesione a una piattaforma per fare segnalazioni in tempo reale mediante una foto inviata via smartphone ha sviluppato un’interessante riflessione sul principio di pubblicità, alla base della comunicazione delle istituzioni pubbliche. “La grande attenzione politica e normativa sulla trasparenza” – ha affermato – “ha fatto emergere un trade off evidente tra le richieste del legislatore e i budget previsti per implementare tali richieste. La filosofia della spending review, che molto ha punito gli Enti Locali, non sembra coerente con la grande attenzione – più simbolica e di facciata che reale a questo punto – verso il “diritto” alla comunicazione e alla trasparenza dei cittadini. Norme sempre più demanding, spesso incoerenti tra loro e con previsioni contraddittorie che finiscono per “complicare la vita” agli Enti Locali, tanto più in un quadro di finanza pubblica sempre più difficile. Anche le norme sugli Open Data e sulla “sezione Trasparenza, Valutazione e Merito” si inseriscono in questo quadro di indeterminatezza, col rischio di generare duplicazioni, sovrapposizioni e tutto fuorché semplificazione e trasparenza per i cittadini.
In generale emerge un atteggiamento politico verso la comunicazione a dir poco ondivago, che va dalla totale sottomissione ai tempi, alle logiche e alle dinamiche dell’informazione, all’attenzione spasmodica, ma simbolica, verso la trasparenza, alla totale sottostima dei fabbisogni e della spesa necessaria per le attività di comunicazione".
Il Vice Presidente Ferpi, Giancarlo Panico, partendo dalla sua esperienza professionale, cominciata come giornalista al Mattino di Napoli ma poi approdata alla comunicazione della Città a San Giorgio a Cremano, dove sviluppò uno dei primi progetti europei di e-democracy, ha riportato la discussione sulla necessità di mettere al centro della governance delle organizzazioni pubbliche e della loro comunicazione il valore delle relazioni con i pubblici, innanzitutto i cittadini, informandoli, ascoltandoli e coinvolgendoli nei processi decisionali affinché questi siano realmente inclusivi. Due gli aspetti su cui Panico ha posto l’attenzione: il ruolo strategico del governo dei sistemi di relazione e l’attenzione ai contenuti, tanto della comunicazione delle istituzioni pubbliche quanto di quella politica. Entrambe concorrono, in maniera sempre più determinante, al pari se non di più dell’informazione, alla definizione della sfera pubblica, e dunque, anche grazie alle potenzialità delle tecnologie, le organizzazioni e in esse i comunicatori hanno una responsabilità sociale enorme. Non è pensabile immaginare la politica senza la comunicazione e viceversa. La comunicazione è essa stessa politica e la politica è, di fatto, comunicazione!
A Panico ha fatto eco Alessandro Papini, direttore comunicazione della Provincia di Milano, che ha centrato l’intervento sul disallineamento tra la funzione sempre più ampia della comunicazione pubblica in Italia, orientata a nuovi processi di inclusione, partecipazione, trasparenza e l’approccio ragionieristico del legislatore. “Il decreto legge 78/2010, che riduce in maniera lineare i budget delle PA destinati alle attività di comunicazione e informazione dell’80% ha letteralmente distrutto per decreto quanto faticosamente conquistato con la L.150/2000: il diritto del cittadino ad essere informato. In un momento in cui si chiede democrazia digitale e partecipativa, si smette incredibilmente di considerare la comunicazione come parte essenziale dell’azione amministrativa. La conseguenza e’ che le amministrazioni locali stanno sostanzialmente riducendo al minimo i processi di interazione con i propri cittadini, mantenendo il web come unica superficie comunicativa, informativa e relazionale. Questo non avviene per gli enti centrali che fatta la legge (in questo caso il decreto) hanno trovato il modo di eluderla”.
Molto incisivo anche il contributo portato da Gianluca Sgueo, giornalista e ricercatore, già dirigente presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri nel Governo Monti, dove, tra gli altri, ha lavorato al progetto del “Dialogo con il cittadino”. “Da una parte un budget sempre più esiguo, decurtato dell’80% in meno di 5 anni. Dall’altra l’esigenza di rendere la comunicazione istituzionale sempre più inclusiva. Più o meno lo stesso obiettivo della comunicazione politica, applicato alle istituzioni. Istituzioni che comunicano coinvolgendo, attraverso consultazioni, social network, open data. Attività legittime e necessarie, ma costose. Costano in capitale umano qualificato, in tempo e soprattutto in crescita delle aspettative degli utenti. Se comunichi partecipazione e trasparenza i tuoi interlocutori si aspetteranno di averne sempre di più e sempre più efficiente. Mi ha colpito il caso raccontato da Luigi Di Gregorio di Roma Capitale: il cittadino segnala la buca attraverso i social e si aspetta che il problema venga risolto in pochi istanti. è un caso molto simile a quello che incontrammo noi a Palazzo Chigi durante la consultazione per la spending review: le aspettative furono così alte che le persone ci scrivevano lamentandosi del fatto che le loro idee sui tagli alla spesa pubblica non erano stati ancora attuati. Mi sembra un punto cruciale. Oggi il comunicatore delle istituzioni si avvicina molto di più a quello politico rispetto al passato”.
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