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La distorsione cognitiva aziendale e il ruolo dei comunicatori

06/04/2022

Francesca Di Bitonto

Francesco Leone, autore del libro “L’alfabeto dell’imprenditore”, consulente e formatore aziendale, è stato protagonista, lo scorso 31 marzo, di CafFERPI, l’appuntamento con i professionisti della comunicazione, organizzato dalla Delegazione FERPI Triveneto.

Distorsione cognitiva, differenza di percezioni e apporto della comunicazione nella creazione di valore per le aziende, sono stati alcuni degli argomenti al centro del dialogo con Francesco Leone, ospite dell’ultimo incontro di CafFERPI, l’immancabile appuntamento del giovedì, organizzato e gestito dalla Delegazione FERPI Triveneto.

Oltre a svolgere la sua attività di commercialista, revisore dei conti e consulente aziendale in contesti internazionali, fronteggiando “da tecnico” i problemi delle aziende in ambito finanziario-economico, Francesco Leone si è sempre occupato di formazione, dedicandosi anche ad ambiti non immediatamente collegati alla sua professione, come quello della comunicazione. Questo gli ha permesso di maturare, in oltre ventisei anni carriera, un importante bagaglio di esperienza sulle necessità aziendali e di sviluppare una competenza ed un punto di vista personale originali, che sono stati oggetto della conversazione.

Francesco Leone ha raccontato il divario che spesso incontra nel confronto con gli imprenditori, spiegando come, approcciare un imprenditore dando per scontato che sia in possesso del nostro stesso set comunicativo e del nostro stesso livello di conoscenza, può far scaturire un dialogo impari, tra persone che faticheranno a comprendersi veramente. Un dialogo simile a quello che avverrebbe tra soggetti che si interfacciano parlando due lingue diverse. Tale “vuoto”, ostacola la trasmissione dei messaggi e al contempo non permette di ricevere  input e stimoli adeguati.

Affrontare questa distorsione cognitiva, trovando un linguaggio comune, un modo di interagire e colmare il gap formativo e di comunicazione, soprattutto quando ci si confronta con responsabili aziendali e con imprenditori che hanno avuto diversi percorsi personali e professionali, diviene fondamentale per instaurare un dialogo ed uno scambio davvero efficaci. La differenza di formazione di base e di utilizzo degli strumenti di comunicazione infatti porta ad una differenza di percezione e di lettura, non solo rispetto agli accadimenti ed al contesto esterno, ma anche alle necessità interne, legate alla vita stessa dell’azienda.

Proprio a partire da queste riflessioni è nata per Francesco Leone l’idea del libro “L’alfabeto dell’imprenditore” giunto già alla sua seconda edizione, con il sottotitolo “Il tuo business oltre il COVID-19” (Secop Edizioni – Pagg. 268 copyright Febbraio 2021). Per ognuna delle 26 lettere dell’alfabeto, l’autore ha sviluppato due concetti, per un totale di 52 nozioni scritte con l’obiettivo di fornire una “cassetta degli attrezzi” di comprensione e di comunicazione all’imprenditore.

L’incontro con Francesco Leone è stata l’occasione per sondare, rispetto alla sua esperienza, quali “lacune” si possono riscontrare con maggior frequenza in ambito imprenditoriale, nella gestione del business e dei rapporti con gli altri soggetti economici.

La storia dell’imprenditoria italiana è costellata da menti creative: imprenditori con una forte propensione alla creatività che, in determinate circostanze, hanno saputo generare innovazione e sviluppo. Tuttavia, molto più frequentemente, questa creatività si ferma all’idea, all’intuizione. Riuscire ad intercettare queste “visioni creative”, supportare le aziende nel loro sviluppo, far in modo che non ci si fermi all’idea iniziale e collaborare affinché l’innovazione non rimanga concentrata sul solo prodotto o servizio, ma possa estendersi ad altri ambiti aziendali, sono sicuramente aspetti aziendali stimolanti per il consulente.

Tuttavia, pur vivendo nell’era dell’informazione, del web e dei social network, l’ambito comunicativo si conferma essere quello in cui si possono riscontrare le maggiori carenze da parte dell’impresa. Dato di fatto è che le richieste di corsi di formazione aziendale sulla comunicazione, sulle tecniche di vendita, assieme alle attività di team building, si stanno moltiplicando negli anni. Gli imprenditori sentono sempre più l’esigenza di migliorare il loro modo di interagire con il mondo esterno, sia online che offline, e quello della comunicazione permane un’area bisognosa di intervento tanto consulenziale quanto formativo.

Capire tuttavia come la conoscenza e la capacità di sapersi muovere sul piano della cultura aziendale possano generare valore economico per le imprese, permangono forse i concetti più interessanti da affrontare. Di “valore economico della conoscenza” parla Francesco Leone nell’introduzione al suo libro, ambito questo su cui egli lavora da anni, provando a strutturare un processo di quantificazione oggettiva anche in collaborazione di diversi studenti universitari, che ne stanno facendo oggetto di ricerca e tesi di laurea. Capire dunque se si può arrivare a determinare un modello di misurazione del valore generato dalla conoscenza sembra destinato ad essere argomento di enorme interesse per il prossimo futuro.

Se in ambito economico e finanziario vi sono parametri e strumenti di valutazione e quantificazione precisi, lo stesso non si può dire rispetto ai cosiddetti “intangibles”. Immaginando che la comunicazione possa essere presto proposta come patrimonio intangibile dell’Unesco, la domanda che ci si pone ora è: come si fa a calcolare il prezzo adeguato di un messaggio di comunicazione? O quello dell’introduzione di una nuova modalità di comunicazione per l’azienda?

Una sfida avvincente per i professionisti della comunicazione, che può divenire vincente solo allorché le aziende potranno accedere ad un livello di comunicazione sempre maggiore che potrà portare, come già accade per i brand del lusso, a scollegare il prezzo dei propri articoli dai costi di produzione, grazie al valore aggiunto dato dall’immagine aziendale e dalle attività di marketing e comunicazione. Attività che oggi non possono più essere definite come dei “plus” per le imprese ma bensì come delle necessità di base.

 

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