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Le relazioni pubbliche sono complesse? Non è vero

29/09/2008

Ecco come partire: pochi principi, poche idee...ma elementari e chiare. Toni Muzi Falconi ci propone le regole di base per affrontare, in qualsiasi organizzazione, una attività di relazioni pubbliche programmata e consapevole.

In un recente paper apparso sul Public Relations Journal Williams e Dozier definiscono l’audit quel processo sistematico condotto dal professionista che conduce a:


a) identificare le questioni, i rischi e le opportunità che inducono una organizzazione a comunicare e relazionarsi con i suoi pubblici specifici;


b) raccogliere tutti i materiali esistenti, interni ed esterni, rilevanti;


c) condurre attivamente analisi, studi e ricerche di natura sia quali che quantitativa;


d) definire politiche e programmi operativi che consentano all’organizzazione di affrontare con efficacia quelle questioni, quei rischi, quelle opportunità.


Se partiamo da questo assunto – e lo integriamo con la condivisione della funzione generale delle relazioni pubbliche, che consiste nell’assistere una organizzazione nella creazione, sviluppo e consolidamento delle relazioni con i suoi pubblici influenti – emergono subito alcune implicazioni:


1. è indispensabile che il professionista conosca a fondo finalità, missione, visione, strategia e valori guida dell’organizzazione.
Solo così potrà avviare il primo passaggio dell’audit;


2. il professionista, una volta identificate le questioni chiave (issue analysis), dovrà attribuire a ciascuna di quelle specifici e ben determinati pubblici (stakeholder identification), diversi fra loro, i cui comportamenti contribuiscano non solo ad orientare le dinamiche di quella specifica questione, ma a produrre conseguenze sull’organizzazione; e sui quali, a sua volta e con i rispettivi comportamenti, l’organizzazione produce conseguenze;


3. la raccolta a tavolino (desk analysis) dell’esistente è fondamentale, e il professionista deve conoscere e accedere a tutte le fonti accessibili, comprenderle e saperle interpretare in funzione di ciascun singolo obiettivo perseguito dall’organizzazione;


4. nella fase di ascolto ‘proattivo’ e sul campo, il professionista raccoglie, comprende e interpreta le aspettative di ciascuno di quei pubblici, in merito a ciascun obiettivo perseguito, e nel contesto interpretativo delle prevedibili dinamiche di ciascuna questione identificata; e deve conoscere bene punti di forza e di debolezza della più ampia gamma di strumenti della ricerca quali e quantitativa per poter predisporre il migliore mix da applicare a ciascuna questione, a ciascun pubblico e in funzione di ciascun obiettivo perseguito;


5. la definizione delle politiche e dei programmi operativi presume che il professionista abbia coinvolto nel processo fin qui descritto le funzioni principali del vertice dell’organizzazione e che le conseguenze operative interpretate e delineate dal professionista siano da queste condivise.


Per affrontare, in qualsiasi organizzazione, una attività di relazioni pubbliche programmata e consapevole, sarà sufficiente partire da queste regole base.


Toni Muzi Falconi
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