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Le Rp hanno vinto, il giornalismo di qualità è morto?

30/09/2010

La crisi dell'editoria, la crescente diffusione del web e il nuovo e forte ruolo delle Relazioni Pubbliche rischiano di uccidere il giornalismo di qualità. E' la denuncia che _Eric Reguly_ ha lanciato dal palco del Prix Italia durante il convegno organizzato da Ferpi.

“La crisi dei giornali e dell’editoria e il nuovo slancio delle Relazioni Pubbliche hanno cambiato radicalmente il ruolo dell’informazione. Nel tempo, tuttavia, questo potrebbe ritorcersi contro, se il pubblico non considera più i media tradizionali una fonte affidabile di informazioni”. E’ quanto ha sostenuto Eric Reguly nel corso della tavola rotonda promossa e organizzata da Ferpi nell’ambito del 62° Prix Italia su Informazione e cultura nella network society: il ruolo delle Relazioni Pubbliche.
Il convegno aperto dagli interventi di Elisa Greco, Amanda Succi, Giovanna Milella,Toni Muzi Falconi e i contributi di Anna Martina e Eric Reguly, si e’ concluso con l’intervento di Gianluca Comin. Qui riproponiamo l’intervento integrale di Eric Reguly che ha suscitato grande interesse.
Eric Reguly, giornalista senior corrispondente speciale Europeo di uno dei maggior quotidiani canadesi (Globe and Mail) con molte esperienze alle spalle anche per altre testate leader internazionali, è partito dai risultati della ricerca della Cardiff University secondo cui, in Inghilterra (ma il dato è verosimile anche per l’Italia) circa l’80% delle notizie riportate dai mainstream media provengono da fonti Rp.
di Eric Reguly
Lo studio dell’Università di Cardiff non mostra niente di nuovo, sebbene sia abbastanza inquietante, perché ha messo in luce una più elevata percentuale di contenuti provenienti dall’industria delle relazioni pubbliche – gruppi di interesse, in altre parole.
Lo studio era stato commissionato da Nick Davies per il suo libro Flat Earth News, pubblicato nel 2008. Davies è un giornalista del Guardian che da anni sostiene che i media moderni siano diventati uno strumento di distorsione di massa. Lo studio di 2.000 contenuti tratti dal Times (dove ho lavorato), il Telegraph, il Guardian e il Daily Mail ha rivelato che l’80% delle storie era, in tutto o in parte, costruito con materiale di seconda mano, fornito via telefono o da società di Rp. Solo il 12% era frutto di materiale raccolto direttamente dai giornalisti. In altre parole, le segnalazioni originali e di prima mano praticamente non esistono, almeno nella stampa britannica. Davies ha definito questo churnalism – ossia fabbricare notizie come fosse una catena di montaggio.
Ho trovato un altro studio in merito l’altro giorno che, più o meno conferma le conclusioni di Cardiff. Uno studio australiano negli anni novanta ha rilevato che un terzo dei contenuti sui media nazionali australiani deriva in tutto o in parte da comunicati stampa. La cifra sale al 70% in alcuni piccoli media. Un altro risultato fornito dallo stesso studio mostra un ulteriore effetto dell’industria delle Rp: solo nove comunicati stampa su 150 monitorati non sono stati utilizzati dai media. Significa il 6% per cento, che tradotto in altre parole vuol dire un 94% di tasso di successo. Un comunicato stampa, comprensivo di foto fornite dalla società – in questo caso un produttore di vino – è stato pubblicato sui giornali ben 69 volte.
Se la percentuale di notizie “ufficiali” o generate dalle Rp è in crescita, come credo che sia… perché accade?
Innazitutto questa non è una novità. Per esempio, da che io posso ricordare, le campagne politiche sono state dominate dai sondaggi. I sondaggi sono acquistati o forniti gratuitamente da un gruppo di interesse e non sono mai particolarmente degni di fiducia, perché possono essere manipolati in qualsiasi modo.
I proprietari di giornali hanno pregiudizi politici. Un giornale liberale dà spazio a moltissime notizie ufficiali di un governo liberale. Un giornale di destra darà spazio a molte più notizie ufficiali di un governo di destra.
Conoscendo le opinioni politiche dei proprietari, i giornalisti spesso si dedicano a ciò che io chiamo “censura preventiva” – scrivendo contenuti che compiaceranno il proprietario, il che, in effetti è un altro modo di fornire notizie ufficiali ai lettori. Il Times di Londra è controllato da Rupert Murdoch. Senza alcuna sorpresa, il giornale è stato molto critico verso la BBC in Gran Bretagna e Silvio Berlusconi in Italia, per citare solo due concorrenti.
Non ci vuole un genio per capire il motivo per cui questa tendenza stia riprendendo slancio. I giornali sono in crisi ovunque. Quasi tutti i giornali in Europa e Nord America stanno perdendo soldi tanto sul cartaceo quanto sull’on line – non esiste un modello di business e fino a quando non verrà trovato, editori e redattori cercheranno di compensare il declino dei budget, tagliando i costi.
Ciò significa sbarazzarsi dei giornalisti più costosi, ossia quelli con la maggiore esperienza. Rara è una redazione con giornalisti di 50 o 60 anni e presto anche i quarantenni se ne andranno a meno che i profitti non tornino a salire. I giornalisti giovani non hanno i contatti che sono essenziali per realizzare inchieste e fornire approfondimenti ai lettori. Non hanno a disposizione un budget che consenta loro di viaggiare o incontrare le proprie fonti. Andate in una sala stampa moderna e penserete di essere finiti in un’assicurazione. C’è un silenzio assoluto, l’unico rumore è dato dai click sui pulsanti di ricerca di Google, non dalle telefonate. I giovani reporter sono bersagli facili per le società di Rp e i lobbisti.
Un altro motivo per cui accade tutto ciò è la rapida evoluzione dei giornali. I quotidiani sono diventati operazioni continue, con macchine in funzione ventiquattr’ore su ventiquattro, sette giorni su sette dove si è costantemente sotto pressione. I siti web dei quotidiani devono competere con le agenzie di stampa – Reuters, Bloomberg, AP, Dow Jones – mentre il giornale si supponeva fosse una pubblicazione quotidiana. Ma lo stesso giornalista che scrive per il web scrive anche per il giornale e semplicemente non ha tempo per effettuare chiamate extra o vedere gente; scrivere, riempire il sito web, la carta: è tutto ciò che può fare.
Posso citare la mia esperienza al summit di Copenaghen sui cambiamenti climatici del dicembre scorso come esempio. Tutto il giorno ero impegnato in conferenze stampa, a scrivere storie per il web per competere con le agenzie. Alle 22.00 o anche più tardi, mi è stato chiesto da Toronto di scrivere un’analisi degli eventi della giornata o fornire una sorta di commento originale o approfondimento. L’ho trovato molto difficile. Perché? Perché avevo passato tutto il giorno a seguire conferenze stampa ufficiali, non a parlare con persone che potevano fornirmi scorci interessanti sulle scienze climatiche, sulla politica o l’economia. Migliaia di scienziati che si occupavano di cambiamenti climatici camminavano per i corridoi, ma quasi nessuno aveva avuto la possibilità di un colloquio con la stampa.
La ricerca di Nick Davies ha prodotto risultati simili. Per esempio, ha chiesto a un giovane reporter di un tabloid regionale inglese di tenere un diario. Nel corso di una settimana lavorativa di 45 ore, il reporter ha prodotto 48 storie di varia lunghezza sulla base di sole 26 telefonate e 4 incontri faccia a faccia. Durante tutta la settimana, aveva trascorso solo tre ore lontano dalla sua scrivania. So che in alcuni casi, i giornalisti hanno così poco tempo che si limitano ad inviare un’e-mail ad una agenzia di Rp o ad un’altra fonte ufficiale per chiedere un virgolettato in linea con quello che stanno scrivendo. Queste sono chiamate fonti “rent-a-quote” (affitta una citazione).
La tendenza alla notizia ufficiale è dannosa per la società e la democrazia – non vi è alcun dibattito qui. L’invasione dell’Iraq, giustificata in gran parte dalle informazioni sulle armi di distruzione di massa che molti giornali segnalavano come una grave minaccia, è un esempio recente dei pericoli di basarsi soltanto su fonti ufficiali.
Ma la tendenza alla fine si ripercuoterà sui giornali, credo. Fino ad ora, direi che la stragrande maggioranza dei lettori non è consapevole di tutto questo. Sono certamente all’oscuro della tendenza se si limitano a leggere un solo giornale. Coloro che ne leggono due o tre potrebbero sospettare che qualcosa non va quando leggono essenzialmente la stessa storia su ogni giornale e finiscono col chiedersi perché pagare il prezzo di tre quotidiani per leggere la stessa cosa su tutti.
I giornali devono essere giudicati non tanto per quello che dicono ma per quello che non dicono; quello che coprono, ma anche quello che non coprono. Se riportano troppe notizie ufficiali da società, governi e gruppi di pressione, sono solo un servizio di comunicati stampa, con l’aggiunta di qualche blanda opinione di alcuni editorialisti.
Penso che il ricorso a notizie riciclate da fonti ufficiali e agenzie di Rp, in ultima analisi, finirà col ritorcersi contro i giornali per il semplice motivo che essi, più che mai, devono distinguersi dal resto del branco. Chiunque può ottenere ovunque notizie ufficiali da internet. Ma servono notizie originali per catturare l’attenzione del lettore e il denaro della pubblicità. Il quotidiano Telegraph di Londra lo scorso anno riportò lo scandalo dei costi dei membri del Parlamento che caricavano sulle spalle dei contribuenti spese ridicole. La notizia era un’esclusiva e la tiratura del Telegraph è salita a 200.000 copie al giorno.
Rupert Murdoch ha messo il Times e il Sunday Times disponibili on line a pagamento. L’idea è quella di far pagare al lettore per avere un giornalismo di “qualità”. Ma a meno che quei giornali non si allontanino dalle fonti ufficiali – emergendo dalla palude di Internet palude con notizie uniche e originali – sarà difficile trovare sottoscrittori per questi siti.
Alcuni siti di notizie web stanno tentando di fuggire dalle fonti ufficiali. Sono siti indipendenti, come Truthdig, Counterpunch o il Pew Research Centre, che hanno ricchi proprietari o che sono gestiti da società o organizzazioni ben finanziate, nel senso che possono permettersi di pagare per il giornalismo di qualità e di evitare le fonti di notizie ufficiali. Alcuni giornali, come The Globe and Mail, dove lavoro, stanno investendo molto per rilanciare i propri prodotti di stampa e web per renderli più accessibili, e più interessanti, per i lettori e gli inserzionisti.
A proposito del rapporto tra relatori pubblici e giornalisti: nella situazione che ho descritto e se sei una relatore pubblico devi essere estremamente felice, perché le Rp hanno vinto. E finché i giornali sono in difficoltà finanziarie, non vedo come l’industria delle Rp non possa continuare a vincere. E’ molto facile per loro riuscire a piazzare delle notizie sui media. Nel tempo, tuttavia, questo potrebbe ritorcersi contro, se il pubblico non considera più i media tradizionali una fonte affidabile di informazioni. Se ciò accade, l’industria delle Rp finirà col perdere i punti che ha guadagnato. Ma quel giorno potrebbe non venire ancora per anni.

In merito alla questione della qualità del giornalismo, sono di questi giorni gli scioperi dei giornalisti del Corriere della Sera. Clicca qui per leggere la lettera del direttore Ferruccio De Bortoli e il comunicato del CdR.
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