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L'eterno dilemma della rivelazione delle fonti

11/07/2005

Giornalismo e deontolgia: Judith Miller del New York Times è in carcere per non aver consegnato ai giudici i nomi delle sue fonti, il collega di Time Matthew Cooper lo evita e collabora. Una vicenda importante nei rapporti tra i giornalisti, le fonti, i comunicatori, la deontologia della professione giornalistica.

Il caso Miller&Cooper è un caso complicato. La prima, giornalista esperta di armi di distruzione di massa, si è rifiutata di consegnare al giudice il nome delle fonti anonime della Casa Bianca che la portarono alla rivelazione dell'attività segreta di Valerie Plame, agente della Cia.Il secondo, coinvolto nella stessa vicenda, ha accettato di testimoniare (autorizzato dalla sua stessa fonte di informazione) e non ha passato alcun guaio.Dietro al caso Plame c'è un caotico intreccio di relazioni che parte dall'ambasciatore Joseph C. Wilson, marito di Plame, spedito in Niger dal dipartimento di Stato americano alla ricerca di prove contro Saddam.La questione è esplosa con violenza, divenendo presto terreno di confronto e di battaglia tra informazione, politica e giustizia. Chiaramente, come racconta nei dettagli Wired, le due testate giornalistiche, tramite i loro legali, sono insorte, sottolineando quanto l'accaduto costituisca una minaccia nei confronti dell'informazione.Secondo il presidente della Federazione internazionale dei giornalisti "è venuto meno uno dei principi cardine della professione giornalistica". Si discute nuovamente su come proteggere le fonti e l'autonomia della professione giornalistica, ma dietro il caso Plame sembra esserci anche dell'altro. Pare che Wilson non abbia risposto alle aspettative del dipartimento Usa e sorge il sospetto di una vendetta nei suoi confronti. Aleggia anche il dubbio che Miller non protegga solo le fonti, ma abbia qualche segreto circa i rapporti incestuosi tra informazione e politica. L'affaire Miller riporta inoltre alla memoria la questione dell'attendibilità delle fonti e il recente scandalo Blair (giornalista del New York Times che attingeva a fonti immaginarie o quantomeno poco serie). In ogni caso non si può negare che esiste un forte orientamento da parte dell'opinione pubblica favorevole a sacrificare la privacy delle fonti alla sicurezza nazionale. La webzine Wired infine osserva come l'intera vicenda potrebbe trasformarsi paradossalmente in un vantaggio per il New York Times e per il Time.Intanto il caso Cooper e Miller sono stati definiti "il conflitto giudiziario tra media e governo più grave dai tempi dei Pentagon Papers".
Emanuela Di Pasqua - Totem
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