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Lunga vita al web

14/09/2010

Il dibattito sulla "morte" di Internet non accenna a spegnersi. _Italo Vignoli_ commenta la provocazione lanciata da Chris Anderson attenuando i toni radicali del direttore di Wired.

di Italo Vignoli
L’ultimo numero di Wired ha lanciato una provocazione abbastanza estrema – The Web is Dead, Long Live the Internet – per bocca di Chris Anderson, che in passato è stato caporedattore della testata e ha pubblicato il best seller The Long Tail.
La tesi è intrigante, ma – come hanno sottolineato in molti tra i maggiori esperti di Internet – abbastanza discutibile, a partire dall’interpretazione dei dati, che è stata confutata un po’ da tutti. Secondo Chris Anderson, la percentuale d’uso del web – quella parte di Internet a cui accediamo attraverso un browser – ha iniziato la sua parabola discendente, a vantaggio delle applicazioni (i software per smartphone, e in modo particolare per iPhone e per Android, che accedono in modo diretto alle informazioni).
Chris Anderson parte da un grafico ad aree disegnato in modo tale da sostenere la sua tesi, perché omette – intenzionalmente – di visualizzare la crescita del traffico, e distingue in modo un po’ capzioso tra pagine HTML e video, separandoli come se fossero due cose diverse (mentre sono spesso presenti all’interno della stessa pagina).
Prendiamo, per esempio, un blog all’interno del quale è stato inserito un video: la pagina viene caricata una sola volta, e ha un “peso” estremamente ridotto (perché è composta soprattutto da codice HTML – testo – che richiama elementi grafici di piccole dimensioni, tra cui l’immagine statica del video). La visualizzazione del video scatena il trasferimento di una massa di dati largamente superiore a quella della pagina, che varia in base alla lunghezza, ma che – secondo la tesi di Chris Anderson – non appartiene più al web (anche se nella maggior parte dei casi passa comunque attraverso il browser, tranne che nel caso dell’iPhone, che utilizza una applicazione specifica in quanto non è compatibile con la tecnologia Flash usata da YouTube e dalla maggior parte degli altri siti video).
Matthew Ingram, uno dei maggiori esperti di tecnologie Internet e autore del blog GigaOm (che è stato creato dall’ex analista Gartner Om Malik e ha dato origine a un sistema completo di siti verticali di informazione), apostrofa simpaticamente Chris Anderson dicendogli: “Hey Chris, welcome to 2010. Nice of you to join us”, e ricordando come questa non sia la prima volta che arriva con un certo ritardo a registrare una tendenza relativa all’evoluzione di Internet.
Lo stesso Om Malik, infatti, ha sottolineato più volte come il successo dell’iPhone e delle applicazioni abbia accelerato l’evoluzione del web da un sistema semplice – un’unico software, il browser, per tutte le esigenze – a un sistema complesso in cui c’è un’applicazione – o più applicazioni, ciascuna con caratteristiche diverse – per ogni specifica esigenza.
Tra l’altro, i browser moderni – Firefox e Chrome, e da poco anche Safari – ormai sono diventati delle piattaforme in cui le estensioni offrono funzionalità specifiche che in qualche caso trasformano il software in modo tale da renderlo difficile da riconoscere all’occhio di molti utenti. E sarà interessante vedere l’evoluzione con HTML5, che consentirà di creare dei siti web che si comportano come se fossero delle applicazioni (abbattendo, in tal modo, la separazione tra i due mondi desktop e mobile). Giustamente, Matthew Ingram si chiede se tutto questo è compatibile con la morte del web proclamata da Chris Anderson.
Qualcun altro ha addirittura sottolineato il fatto che Wired non è nuovo a questo tipo di previsioni, che poi si rivelano parzialmente o completamente sbagliate. Lo stesso articolo di Chris Anderson riprende un articolo di Kevin Kelly che aveva già pronosticato la fine del browser a favore di tecnologie push come PointCast, che sono scomparse molto prima del browser che avrebbero dovuto sostituire.
Personalmente, sono convinto che sia il web sia le applicazioni costituiscano le tappe intermedie di un’evoluzione che è ancora lontana dall’essere consolidata. E’ opportuno ricordare, infatti, che la storia dell’Internet commerciale non è ancora arrivata a compiere il ventesimo anno di età, per cui è prematuro tranciare giudizi così radicali su questa o quella tecnologia (a meno che la tecnologia stessa, come nel caso di PointCast, sia stata abbandonata dagli utenti con una sentenza di morte inoppugnabile per il web, che è quella dell’oblio).
Quindi, lunga vita al web, fino a quando saremo noi a decidere diversamente.

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