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L'uomo al centro della rete

28/04/2010

Superare il _digital divide_ e lasciare l'uomo al centro della comunicazione, anche nell'impersonalità della rete: è quanto auspica _Gianluca Comin_ sulla scorta delle parole del Papa, intervenuto a Roma al convegno "Testimoni digitali. Volti e linguaggi nell'era crossmediale".

di Gianluca Comin
Nell’era digitale del «tutti connessi, sempre e ovunque», le persone possono avere a disposizione a basso costo una quantità di informazioni e conoscenza mai vista prima. Di conseguenza cresce anche il loro potere: la potenziale capacità di far sentire la propria voce e le proprie opinioni, senza mediazione alcuna, dal cortile di casa alla vastissima agorà del mondo.
La grande rete fa cadere i confini della comunicazione; mette in relazione non solo le persone, ma gli stessi mezzi di comunicazione gettando in una crisi di identità (e molto spesso anche economica) i media tradizionali – e in particolare i giornali – che negli ultimi cento anni hanno vissuto l’ebbrezza dell’esclusiva del potere di intermediazione tra i fatti, le opinioni e i singoli cittadini. Sono, del resto, oltre un miliardo gli utenti della rete.
E anche i giornalisti sono alle prese con un cambio epocale della loro professione, sia rispetto alle organizzazioni per le quali operano giornali, radio, televisioni sia soprattutto rispetto al ruolo stesso dell’informazione.
È certo facile, oggi, trovare giornalisti della carta stampata o della televisione che siano a loro volta produttori in proprio di informazione a consumo, ma è altrettanto usuale, che semplici cittadini testimoni di fatti diventino inconsci giornalisti quando il loro video amatoriale o commento scritto viene rilanciato per miliardi di volte su siti in rete, web tv, radio digitali, fino ad arrivare ai mezzi tradizionali e, quindi alla grande massa.
È un tempo che «realizza un’inedita convergenza tra i diversi media e rende possibile l’interattività» ha detto il Papa intervenendo al convegno promosso dalla Conferenza episcopale italiana «Testimoni digitali. Volti e linguaggi nell’era crossmediale», confermando la sensibilità verso i temi della comunicazione e in particolare l’attenzione allo sviluppo, dei cosiddetti new media espressa in diverse occasioni.
Rifiutarsi di capire la forza comunicativa e globale della rete, snobbare il ruolo di megafono dei migliaia di siti, fanzine, blog, social network, ritenere che ciò che è in rete sia informazione di serie B è, quindi da sottovalutare sarebbe un grave errore.
Basti pensare che in Italia, per esempio, il 27 per cento degli utenti legge il, giornale in rete e che a dicembre 2009 sono stati rilevati 127 milioni di blog con un tasso di crescita di 42.000 al giorno. E negli Stati Uniti, il primo dato registrava un + 37 per cento.
E il Papa con le sue parole esclude che la Chiesa voglia chiudersi nella «torre eburnea». «Senza timori vogliamo prendere il largo nel mare digitale», ha detto Benedetto XVI, con un coraggio e una visione, che vorremmo vedere su questi temi da parte di autorevoli e lodati manager d’impresa. E mai potevano risuonare tanto forte le sue parole, in un momento in cui la sua Chiesa è scossa da polemiche che trovano proprio nella «rete» un amplificatore potentissimo, ma soprattutto un luogo dove, verità e falsità, realtà e finzione hanno lo stesso peso.
E questo, per chiunque si occupi di comunicazione, ma anche di informazione, è il tema di fondo. Per usare ancora le profonde parole del Papa, aumentano «i pericoli di omologazione e di controllo, di relativismo intellettuale e morale, già ben riconoscibili nella flessione dello spirito critico, nella verità ridotta al gioco delle opinioni, nelle molteplici forme di degrado e di umiliazione dell’intimità della persona».
Quali devono essere i limiti dell’informazione «on line»? Quale rispetto deve essere posto alla persona? Come rendere trasparente «il fatto» dall’opinione? Come garantire ai soggetti un’analisi oggettiva? Come evitare le falsità che inquinano la corretta informazione? Sono domande che si ripetono, peraltro non da oggi, e non solo per i mezzi messi a disposizione dalla rete. Ma se prima riguardavano solo gli operatori dell’informazione e della comunicazione, oggi riguardano tutti i cittadini utenti-attori del web in una sorta di deontologia di comportamento la cui definizione è difficile, quanto la libertà di espressione.
Il Papa ci indica con semplicità la via ricordandoci di non fermarci a «quelle dinamiche collettive che possono, farci smarrire la percezione della profondità delle persone e appiattirci sulla loro superficie». L’uomo, dunque, anche nella impersonalità della rete, deve, restare al centro.
Le nuove tecnologie applicate all’informazione – ed è l’altro grande problema sollevato dalla diffusione di Internet – rendono di fatto tutti uguali, ognuno con la stessa potenzialità di farsi sentire e apprezzare. Ma questa eguaglianza, in realtà, rende ancora pi profondo il solco del cosiddetto digital divide. «Esso separa gli inclusi dagli esclusi e va ad aggiungersi agli altri divari, che già allontanano le nazioni tra loro e anche al loro interno», ha detto il Papa. E la divisione non è solo quella tradizionale che separa il mondo ricco da quello povero. Anzi, in molti Paesi africani e asiatici la crescita di una rete mobile sta velocemente accorciando le distanze con il vecchio mondo. Ma è quella che, particolarmente all’interno delle società più ricche separa i ricchi dai poveri, coloro che per cultura o professione hanno facile accesso alle tecnologie e chi no, tra i giovani e più anziani. Questa è una sfida culturale, prima che economica che le società devono vincere per non accrescere le già importanti divisioni che all’interno delle nostre città separano le persone e le famiglie in nuovi gravi emergenze sociali.
Infine, la grande opportunità della rete. Papa Benedetto ripete, e non per la prima volta, che per gli uomini di Chiesa i nuovi media possono «spianare la strada a nuovi incontri, assicurando sempre la qualità del contatto umano e l’attenzione alle persone e ai loro veri bisogni spirituali». È una nuova missione che accomuna laici e consacrati, ma soprattutto i professionisti della comunicazione e dell’informazione ai quali spesso il Papa si rivolge invitandoli «a non stancarsi di nutrire nel proprio cuore quella sana passione per l’uomo che diventa tensione ad avvicinarsi sempre più ai suoi linguaggi e al suo vero volto».
Tratto da L’Osservatore Romano del 28 aprile 2010
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