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Missione impossibile sulla trasparenza

15/02/2011

L’asimmetria informativa tra chi offre strumenti finanziari e chi investe è alla base della legge che impone di redarre un prospetto per il risparmiatore. La questione torna ad essere di attualità perché il nuovo presidente Consob, _Giuseppe Vegas,_ ne ha fatto uno degli obiettivi primari del suo mandato. Ma nonostante la Commissione Europea da 30 anni richieda concisione, trasparenza e chiarezza i prospetti continuano ad essere prolissi, incomprensibili ed opachi. Il commento di _Alessandro Penati._

di Alessandro Penati
Tra chi offre strumenti finanziari e chi investe c’è una ineludibile asimmetria di informazioni: per questo la legge impone di redarre un prospetto che informi il risparmiatore e lo metta in condizione di decidere consapevolmente i propri investimenti. Ma è impressione unanime che i prospetti, così come sono, servano poco o nulla. Di prospetti si parla da tempo immemorabile, ma i risparmiatori continuano a subire docce fredde e tosature. L’argomento è tornato ’in auge perché il nuovo presidente della Consob, Vegas, ne ha fatto il primo obiettivo del suo mandato, e la Commissione Europea ha appena chiuso le consultazioni su una proposta di direttiva per migliorare la trasparenza del collocamento dei prodotti finanziari.
Ahimè, l’inizio non lascia ben sperare. La proposta parla infatti di Packaged Retail Investment Products (strumenti finanziari il cui valore dipende da un “pacchetto” di altri strumenti), senza dame una definizione. Spero opti per l’accezione più ampia (e finanziariamente corretta), per la quale anche un’obbligazione corporate o bancaria è un “pacchetto” formato da un titolo di debito esposto unicamente al rischio di fluttuazione dei tassi, più un derivato che esprime il valore della probabilità di default dell’emittente; e un normale fondo (di qualunque tipo, anche se offerto come prodotto pensionistico o assicurativo) è un “pacchetto” delle attività che costituiscono il suo patrimonio.
La Commissione vuole prospetti brevi (con una sintesi di due pagine al massimo), trasparenti quanto a costi e rischi, scritti in modo chiaro e comprensibile. Difficile non essere d’accordo. Ma allora perché ancora oggi, dopo 30 anni di crescita vertiginosa del settore e della sua regolamentazione, i prospetti continuano a essere prolissi, incomprensibili, opachi e carenti?
Primo: l’industria finanziaria prospera nell’opacità e nell’asimmetria di informazioni. Per questo ritengo un pessimo segnale la nuova iniziativa Consob di incontri periodici, ristretti a imprese e associazioni di categoria (alias “lobby”). Nessuna prevenzione: anzi, da 15 anni questa rubrica difende il ruolo della finanza per lo sviluppo economico.
Secondo: la nostra regolamentazione ha un impianto giuridico-garantista, cioè ha lo scopo primario di verificare la conformità di comportamenti, modelli organizzativi, e informativa (quindi anche i prospetti) delle istituzioni finanziarie a norme e regolamenti particolareggiati. La valutazione delle motivazioni e del merito economico è secondaria. Così, i prospetti sono scritti da giuristi per giuristi, con la principale preoccupazione che nulla di quanto scritto possa essere oggetto di contestazione da parte delle autorità. Il prospetto non è mai scritto pensando al risparmiatore, ma a un eventuale contenzioso. Ergo, utilizza il linguaggio, prolisso e oscuro, dei giuristi.
La semplicità non può essere un fine in sé: prospetti semplici, ma carenti, sono altrettanto inutili. Per capire come redarre un prospetto, bisognerebbe mettersi nei panni del risparmiatore e rispondere in modo comprensibile a tre sue domande: in che cosa sto investendo? Quanto mi costa? Quanto posso guadagnare e con quali rischi? Il problema della prima domanda è il criterio per valutare semplicità e comprensibilità: se fosse quella che soddisfa i giuristi, in vista di un possibile contenzioso, saremmo da capo. Per la seconda, bisogna fornire l’elenco dettagliato dei costi e lo spaccato di tutte le componenti del “pacchetto”. E usare valori assoluti, più comprensibili delle percentuali, tipo: «investi 1.000 euro, di cui 30 sono commissioni, 750 il valore di un’obbligazione equivalente esposta al solo rischio di interesse; 120 il premio per il rischio che l’ emittente non rimborsi interamente il prestito, eccetera». Per la terza, il modo più chiaro di rispondere è quello di fornire le probabilità di una perdita, di un rendimento inferiore, in linea e superiore all’investimento privo di rischio: come Consob già richiede per le obbligazioni, ma che proprio l’industria vorrebbe evitare di fare. Visto le premesse, penso che fra dieci anni saremo ancora qui a parlare di prospetti. Ma sarei felicissimo se questa previsione si rivelasse sbagliata.
Tratto da la Repubblica
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