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Non chiamatemi pr

01/02/2011

Il _naming_ è uno dei concetti base del marketing: il nome del prodotto contribuisce in maniera sostanziale al suo successo. _Tommaso Niccoli_ estende il ragionamento alla professione del relatore pubblico, meglio noto come pr. Il problema della denominazione del professionista delle relazioni pubbliche ha generato nel corso degli anni numerosi equivoci, tipici del contesto italiano e legati alla scarsa cultura della comunicazione del mercato.

La questione della reputazione è di fondamentale importanza, come ben sanno tutti i professionisti delle relazioni pubbliche. Salvo talvolta dimenticare che la professione del pr, a livello popolare, spesso nulla ha a che fare con il consulente di comunicazione ma più con l’organizzatore delle feste in discoteca. L’affermazione della professione nel nostro paese passa proprio di qui, secondo quando espone sulle pagine dell’ultimo magazine Ferpi, Tommaso Niccoli, ceo dell’agenzia Npr Relazioni Pubbliche.
di Tommaso Niccoli
Tutti sanno quanto sia importante fare una buona impressione, specialmente al primo impatto e sicuramente, tutti i professionisti delle Relazioni pubbliche sanno quanto una presentazione efficace, contribuisce alla costruzione di una reputazione positiva. Viene spontaneo, a questo punto, creare un parallelo tra questo principio e le dinamiche di mercato, specialmente per chi, come me, ha avuto una formazione marketing oriented. Parliamo della marca, la sua affermazione scaturisce da una rete di associazioni mentali e stimoli che nell’interazione del consumatore con il prodotto e con il brand genera un rapporto di soddisfazione.
Uno dei primi stimoli che deve essere coerente con l’immaginario complessivo della marca è proprio il nome del prodotto. Il nome è elemento di differenziazione, di identità e di identificazione della marca, ne costituisce la memoria e ne definisce il posizionamento. Pertanto, l’individuazione di un nome vincente si configura come una delle principali variabili nella definizione di una strategia di marca di successo.
Partendo da questo presupposto, estendiamo il ragionamento alla nostra professione. 40 anni fa nasceva la Ferpi, la nostra associazione di categoria, da allora la disciplina delle Relazioni pubbliche in Italia ha avuto una forte crescita, ha ottenuto la piena legittimazione istituzionale ed è di fatto diventata uno strumento di governance sempre piu’ indispensabile.
Eppure, da quando, diversi anni fa, Giampietro Vecchiato, per definire la sua professione, scriveva provocatoriamente: “faccio il pr ma non ballo sui cubi”, il problema della denominazione della figura del professionista delle relazioni pubbliche non è ancora stato risolto. Proprio questo equivoco, tutto italiano e complice una scarsa cultura della comunicazione estesa ai diversi livelli del mercato, ha contribuito a delineare uno scenario estremamente confuso dove pubblicitari in cerca di new business propongono sempre piu’ spesso le “pubbliche relazioni” ed organizzatori di serate nelle discoteche, sfruttando la denominazione “pr” universalmente riconosciuta, allargano impropriamente la loro sfera di competenze.
Tutte queste riflessioni ci portano ad alcune conclusioni. La prima è che abbiamo la necessità di distinguerci dai cosiddetti “pr del sabato sera” per evitare di screditare la professione . La seconda è che l’appellativo relatore pubblico (convenzionalmente utilizzato dalla maggior parte dei colleghi impegnati in ambito accademico) non genera quegli stimoli, citati in premessa, di cui ha bisogno una categoria come la nostra che si confronta con uno scenario altamente competitivo quale è quello della comunicazione. La terza ed ultima è che diventa obbligatoria ed urgente, una accurata strategia di naming, per dare un’identità alla nostra professione ed avere, finalmente, la possibilità di presentarci in maniera adeguata ed efficace.
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