Molto fumo e poco arrosto?di Annalisa Gramigna - Programma Cantieri (dove è pubblicato questo stesso articolo).Può darsi che l'analisi di un occhio tecnicamente preparato veda bene non solamente ciò che c'è ma soprattutto ciò che manca. Fatto sta che i siti web delle amministrazioni pubbliche sono considerati da Franco Carlini come produttori di fumo ma non di arrosto.Il termine scelto per descrivere questa situazione, vaporware, indica una tecnica di marketing così ribattezzata nel settore tecnologico in cui all'annuncio frettoloso (l'intenzione, per usare la griglia concettuale proposta da Toni Muzi Falconi) il prodotto (il comportamento) segue dopo molto tempo, oppure non segue affatto. L'obiettivo delle aziende hi-tech che ricorrono ai segnali di vapore è quello di dissuadere i clienti dal rivolgersi alla concorrenza rassicurandoli sul prossimo arrivo del desiderato servizio.Come tutte le metafore, anche quella di Carlini illumina su alcuni aspetti ma rischia di nasconderne altri. In questo caso l'impressione è che la tecnica del vaporware sia un po' troppo avanzata per poter essere accostata alle modalità di costruzione dei siti istituzionali dietro ai quali spesso mancano proprio quella strategia e quella consapevolezza che spingono le aziende tecnologiche a ricorrere ad annunci fumosi, facendo una comunicazione avventurosa ma comunque calcolata.Anche perché nel settore pubblico non ci sono concorrenti così pericolosi da allontanare attraverso effetti speciali. Ci sono invece cittadini, imprese, commercianti, associazioni, media che devono essere resi consapevoli dei loro diritti e dei loro doveri e che devono avere la possibilità di conoscere, magari in anticipo, opportunità e vincoli che deriveranno da decisioni di enti pubblici.Il deficit comunicativo delle Pa segnalato da Carini ("Quasi mai c'è un rendiconto quantificato e misurato") non va dunque interpretato come la volontà strategica di ricorrere al fumo, ma come la difficoltà oggettiva di comunicare un "arrosto" particolare che spesso non si presta ad essere esposto secondo modalità tradizionali. Per un'impresa infatti la misura del successo ha riscontri molto più immediati di quelli di un'Asl, un Comune o una Regione.Come si fa a stabilire se ciò che si investe per assistere 100 anziani è meglio speso di quanto servirebbe per creare servizi adeguati per 20 ragazzi autistici? Contare molti studenti promossi alla fine dell'anno scolastico o un buon numero di studenti con alti voti è indice di scuola di qualità? Contenere la spesa in sanità significa razionalizzare gli sprechi o limitare un buon servizio? E anche se la singola Azienda sanitaria o la singola Università potesse dimostrare di essere una buona Azienda o un'ottima Università questo non sarebbe ancora sufficiente per dire che la sanità funziona o che l'Università produce conoscenza.Proprio perché quello delle amministrazioni pubbliche è un mondo complicato con variabili differenti e supplementari rispetto all'universo privato, c'è però un suggerimento di Carlini che risulta particolarmente interessante: la narrazione come tecnica per raccontare quanta ricchezza umana c'è in ogni relazione e in molte delle situazioni affrontata dalle Pa e che sfugge alle rendicontazioni ordinarie.Senza dimenticare che nel caso delle amministrazioni pubbliche spesso sono proprio i comportamenti quelli che comunicano. Si pensi al lavoro che svolgono le persone all'interno dei servizi: le maestre dei nidi e delle materne nei confronti dei genitori e dei bambini, gli operatori del sociale che si occupano degli anziani, dei disabili, ecc. i medici, gli infermieri, gli insegnanti, ecc.E' proprio questo aspetto implicito della comunicazione, insito nelle attività delle amministrazioni che la narrazione di cui parla Carlini potrebbe valorizzare per rappresentare la complessità e la qualità delle azioni delle Pa e dei suoi operatori.Una nota di Annalisa Gramigna, del Programma Cantieri, all'articolo di Franco Carlini ("Se le Pa si perdono tra i fumi del vaporware") pubblicato la scorsa settimana sul sito Ferpi.