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PD e l’aria di primavera

24/03/2009

Mario Rodriguez sottolinea la necessità di aprire una fase di comprensione della società italiana: per rafforzare la credibilità della leadership riformatrice la campagna elettorale dovrà essere, infatti, l’occasione da cogliere per avviare una grande fase di ascolto, una grande “inchiesta” che mobiliti e motivi.

I sondaggi, purtroppo diventati lo strumento quasi esclusivo per cercare di capire cosa succede nella società italiana, segnalano un’inversione di tendenza nel calo di consensi al PD.
È opinione diffusa che questo fatto sia in qualche modo legato a Dario Franceschini, alle sue iniziative, alle sue dichiarazioni, ai suoi atti comunicativi.
E forse alla sua stessa assunzione di ruolo che, di per sé, ha significato l’uscita da un’angosciante querelle autoreferenziale che era la gioia dei commentatori e il tormento dei sostenitori.


Se fosse così sarebbe confermata la convinzione che una comunicazione efficace è un mix di elementi molto complesso che arriva a produrre un sentimento molto semplice e semplificato capace di motivare e connettere relazioni di fiducia e affidabilità.


Il mix appropriato di credibilità nell’avanzare una proposta legata alla quotidiani¬tà e sufficientemente articolata per apparire percorribile (almeno al pari dei tanti annunci del presidente del consiglio) e di empatia nel mettersi in gioco rischiando in prima persona, nell’esporsi con il proprio intercalare romagnolo e il look casual.
Funziona, forse non è tanto ma è stato sufficiente, anche perché il popolo di sinistra non aspettava altro per riconnettere i propri legami identitari.


Il neo segretario del PD non può riposare sugli allori e non può esaurire le sue attenzioni al solo obiettivo di tenere i propri elettori e convincerli ad andare a votare.
Questo obiettivo non può essere disgiunto dall’impegno di convincere gli indecisi e di contrastare gli ostili. Le opinioni e i processi cognitivi non sono a compartimenti stagni. Tra quello che si dice per motivare i già convinti e quello che si dice per contrastare i contrari, passando dal convincere gli indecisi, ci deve essere coerenza, consonanza.


Di solito chi entra in campo per pareggiare perde. Va bene non prendere goal, ma qualche puntata in avanti va organizzata. A Dario Franceschini rinfrancato dal successo dei primi atti compiuti tocca di affrontare in fretta la prova di convincere gli altri, gli indecisi, neutralizzando gli ostili.


E visto che anche la tormentata fase della scelta delle candidature sembra ormai archiviata è opportuno che le sensibilità dimostrate sulle questioni sociali ed economiche si trasformino in iniziativa nel paese superando quello che è apparso uno dei maggiori limiti della modalità veltroniana di interpretazione della leadership: pensare che annunciare le cose, possibilmente rivolti al governo nazionale, attraverso un evento in diretta tv, significasse trasformarle in qualcosa di concreto, di realmente funzionante.


Franceschini deve tener fede alla promessa di far contare i “territori”, cosa che non può esaurirsi nella presenza di qualche amministratore nella segreteria nazionale del partito ma che deve diventare capacità di relazione, comprensione e interpretazione di esigenze e domande “locali”.


Alla probabile scelta del PDL di trasformare la prossima campagna elettorale in un ulteriore referendum pro o contro “Berlusconi Presidente d’Europa” va contrapposta la capacità di spostare l’attenzione sulla diffusa richiesta di essere presi in considerazione e non in giro, che significa occuparsi della quotidianità collocandola in una visione più ampia, dal tombino alla crisi. La visione nazionale è una somma di visioni locali strettamente connesse.


Va aperta quindi una fase di comprensione della società italiana. La campagna elettorale è l’occasione da cogliere per avviare una grande fase di ascolto, una grande “inchiesta” che mobiliti e motivi, che faccia capire che la politica non può fondare la propria intelligenza dei cambiamenti indotti dalla globalizzazione e dalla crisi esclusivamente su sondaggi telefonici a domande chiuse ma deve nutrirsi di riflessioni, relazioni, narrazioni, approfondimenti.
Insomma, bisogna avere la sfrontatezza di dire che bisogna tornare a studiare cosa è diventata la società italiana, senza questa umiltà non si rafforzerà la credibilità della leadership riformatrice.


tratto da FB & Associati



(Immagine: Calo d’ascolto, Edoardo Belinci)
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