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Polemica negli USA: secondo una ricerca gli americani considerano le relazioni pubbliche come un sup

05/09/2006
Una vivace polemica si è scatenata nei giorni scorsi nella interpretazione dei risultati di una indagine condotta lo scorso giugno su 1,015 statunitensi dalla Harris Interactive da cui emerge una percezione delle relazioni pubbliche quasi interamente legate al marketing e alla vendite. Vediamo qualche dato e poi rendiamo conto delle polemiche:l'83% afferma che 'sono soltanto uno strumento delle aziende per vendere i loro prodotti o affermare le loro posizioni su determinate questioni'. Il 79% dice che i professionisti 'sono solo interessati a diffondere informazioni che aiutano i loro clienti/datori di lavoro a fare soldi', mentre l'85% ritiene che 'si avvantaggiano dei rapporti che hanno con i giornalisti per diffondere informazioni non vere ma favorevoli ai loro clienti'.
Solo il 56% condivide che 'aiutano i clienti a diffondere informazioni chiare ed equilibrate al pubblico'.
Per fortuna il 71% ritiene anche che 'aiutano a sollevare attenzione su questioni di cui il pubblico potrebbe essere all'oscuro' e che 'aiutano i media a dedicare spazio a questioni che altrimenti non sarebbero conosciute'. Le stesse domande sono state poi sottoposte a 150 dirigenti delle aziende in classifica del mensile Fortune e ad altrettanti componenti del processo decisionale pubblico della capitale americana. Naturalmente i dati relativi a questi ultimi due gruppi sono migliori rispetto al pubblico. Nel commentare laconicamente questi dati, la presidente della PRSA dice: 'appare evidente qualche incomprensione su quel che facciamo e come lo facciamo'.
Per Jack O'Dwyer, i risultati sono 'un'esplicita conferma della inadeguatezza delle associazioni professionali nel rappresentare al pubblico la vera essenza della nostra professione'. Al contratio, Thomas Harris (da non confondere con la società che ha condotto la ricerca) co-fondatore, oggi in pensione, della famosa agenzia Golin Harris e l'inventore dell'integrated marketing communication, esprime un giudizio più sfumato: 'è deplorevole che la gente pensi che noi disinformiamo i giornalisti, ma non è necessariamente negativo il dato che pensi che noi aiutiamo i nostri clienti a vendere più prodotti e servizie e a fare più soldi'.
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