Ferpi > News > Portare la comunicazione nelle piccole imprese

Portare la comunicazione nelle piccole imprese

28/02/2010

La realtà delle PMI è un mondo a sè: il relatore pubblico che vi opera si trova ad affrontare sfide diverse da coloro che curano la comunicazione nelle grandi organizzazioni. Diffondere la cultura delle Rp in aziende piccole o addirittura micro è la sfida del futuro. Il punto di Enrica Orecchia.

di Enrica Orecchia
Credo che una delle principali sfide che i relatori pubblici dovranno affrontare nei prossimi anni sia quella di diffondere la cultura della comunicazione e delle relazioni pubbliche nelle piccole imprese. Nel termine comprendo anche le micro imprese con pochi o pochissimi dipendenti.
I relatori pubblici si troveranno di fronte a un duplice impegno: perseguire un’espansione sia in senso orizzontale sia in senso verticale.
La prima sarà costituita dall’azione di consolidamento della cultura delle relazioni pubbliche negli ambienti dove già è praticata. Nelle grandi strutture organizzative dove la comunicazione è diffusa e abituale si tratterà per esempio di tenere il passo con le sfide imposte dal web, aggiornando prima il proprio atteggiamento mentale nei confronti dei social media e di tutti gli ambienti virtuali, e poi le proprie competenze tecnico-relazionali specifiche. Oppure sarà lo sforzo di rendere sempre più parallela e a due vie la comunicazione con i pubblici rilevanti. L’emancipare le relazioni pubbliche dalla sudditanza al marketing. Il far sì che in un’organizzazione si creino funzioni riconosciute per tutte le forme di comunicazione non di prodotto (finanziaria, interna, ambientale, public affairs, etc.).
Ma mentre questi concetti sono stati sottolineati più volte e da più persone, ho trovato accennato solo en passant (se non ricordo male da Gianluca Comin nel suo discorso di inizio anno) quello che io definisco il muoversi in senso verticale, cioè l’andare in profondità per portare la cultura del comunicare e del relazionarsi con i pubblici nelle aziende piccole e micro dove quasi sempre è un elemento ancora estraneo.
Può darsi che le soddisfazioni appaiano – soprattutto in un primo momento – di gran lunga maggiori nelle organizzazioni dove la cultura delle relazioni pubbliche è consolidata, condivisa e appoggiata dal management e dalle altre funzioni, dove il relatore pubblico gioca un ruolo strategico e influisce sulle decisioni della coalizione che guida l’azienda. Organizzazioni in cui le relazioni pubbliche sono realizzate in maniera sofisticata e dove chi se ne occupa può lavorare per portarle al massimo grado di raffinatezza. Alta gioielleria insomma, e finemente cesellata.
Per contro mi chiedo se invece non sarebbe fonte di soddisfazione ancora maggiore, ancorché più faticoso, il cimentarsi nella diffusione delle relazioni pubbliche nelle imprese che ne ignorano quasi ogni aspetto, dove la comunicazione non è organizzata in maniera consapevole, essendo considerata un inutile e costoso accessorio.
Per questo lavoro di diffusione delle errepì nelle piccole aziende in molti casi bisogna :

Rinunciare alle luci della ribalta (il relatore pubblico che lavora con un grande brand brilla di luce riflessa anche se non è direttamente sotto i riflettori ) per svolgere un lavoro umile e oscuro.
Accettare di lavorare con aziende che producono articoli poco glamour come lamiere forate, macchinari agricoli o elettropompe sommerse, per fare solo alcuni esempi.
Non arrendersi di fronte allo scetticismo di molti imprenditori e manager che non credono nell’utilità della comunicazione, e operare dove possibile una opera di convincimento che può talvolta risultare estenuante.
Effettuare un lavoro da artigiano, sbozzando prima di poter cesellare (consapevoli che spesso non si arriverà a usare il cesello).
A volte, anche se non sempre, lasciare le metropoli per addentrarsi nelle province, anche quelle di periferia. Fa riflettere constatare che gli iscritti alla Ferpi nelle zone di provincia sono rari o comunque più rari che nei capoluoghi di regione, e non credo sia un caso.
Accettare che molti concetti possano sul momento non essere recepiti.

Insomma, una missione faticosa in terre ostili. Inutile? Può essere, se si cercano risultati immediati. Sicuramente fondamentale nel medio-lungo termine per far penetrare le cultura delle relazioni pubbliche e della comunicazione in realtà finora impermeabili. Con un vantaggio non secondario: quello di creare nuovi posti di lavoro per i comunicatori, anche in considerazione dell’"invasione di campo" dei giornalisti che, espulsi dalle redazioni, si riciclano nel mondo aziendale come addetti stampa.
Eventi