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Preghiera di fine anno di un relatore pubblico miscredente

27/12/2010

Torna l’appuntamento annuale con la preghiera “laica” di _Toni Muzi Falconi_ che fa il bilancio dell’anno appena concluso e prospetta alcuni scenari per il 2011, anno importante per la Ferpi che in giugno sarà chiamata ad eleggere il nuovo Consiglio Direttivo e il Presidente.

di Toni Muzi Falconi
Padre Nostro,
non potendo decentemente parlare d’altro senza usare termini che poco si addicono al rispetto che ti è dovuto… parliamo di bottega – Ferpi.
Si conclude nei prossimi giorni un decennio di quella che, almeno per me (e spero anche per voi), è stata la Ferpi – che – funziona…
La concomitanza della presenza in Giunta Confindustria del nostro Presidente Comin (da tempo) e del Presidente di Assorel Facchetti (complimenti per la nomina!) è una esplicita dimostrazione di come sia cresciuta la nostra professione in Italia e di come le sue Associazioni professionali abbiano saputo incrementare la rispettiva licenza di operare.
Qualcuno vorrà ben ricordare che nel 2000, la Ferpi era in coma da almeno un lustro in accanimento terapeutico, e di certo questo non si può dire oggi!
Eppure… non sono tutte rose e fiori!
Eppure… la consapevolezza ormai diffusa che:

il declino europeo, e specificamente italiano, non accenna a fermarsi, anzi si aggrava;
lo tsunami finanziario è ormai diventato economico, politico, valoriale e sociale;

ci piaccia o meno… dobbiamo semplicemente riparametrare le nostre aspettative anziché puntare a un ritorno al passato… che, comunque fosse valutato, non torna più.
Queste consapevolezze ci spingono – come Federazione – verso due direzioni, legittime entrambi, che però indicano visioni verosimilmente diverse del ruolo di una associazione – professionale – che – funziona in un contesto economico, politico e sociale allo sbando e alla deriva come non mai…
La prima assomiglia a:
‘visto che è andata bene finora, continuiamo così, non assumiamo particolari rischi e soprattutto cerchiamo di fare meglio quello che abbiamo fatto in questi ultimi dieci anni’.
Certo… se avessimo adottato questa posizione all’avvio del decennio la Ferpi sarebbe sicuramente defunta.
Ma oggi la situazione è profondamente diversa e capisco quindi le ragioni che, lungo quest’anno che va a concludersi, hanno spinto molti dei nostri migliori dirigenti ad adottare cautela nel progettare e impegnarsi per il futuro.
La seconda assomiglia invece a
‘proprio perché abbiamo fatto bene, approfittiamo del momento a noi favorevole per osare, rischiare, intraprendere azioni capaci di portare la Ferpi a moltiplicare (..) il suo ruolo, il suo peso, la sua licenza di operare’.
La prima sposa il concetto ‘business as usual’ partendo da un solido consolidato. La prudenza del ‘buon padre di famiglia’.
La seconda sposa invece il concetto di ‘business as unusual’ si tuffa nella discontinuità, si sforza di darle un senso e si propone di reintermediare gli aspetti obsoleti del nostro lavoro in un contesto dove l’associazionismo professionale è agonizzante proprio perché incapace di individuare e cogliere le differenze fra vecchio desueto, vecchio rinnovabile e nuovo.
Personalmente mi schiero per la seconda via, ma non mi scandalizzo se prevalesse la prima.
Ciò nonostante rivolgo un appello ai tanti soci attivi della Federazione affinché vogliano decidere di investire, a partire da Gennaio, e contribuire a disegnare il futuro della Ferpi piuttosto che crogiolarsi nel presente, in attesa che gli altri lo decidano per noi..
Rispetto a un governo associativo di oggi che vede una direzione assai poco compensata e alla quale non si può decentemente e civilmente chiedere di più; in un contesto di deleghe formali vuote, di opacità rendicontative, di separazione dei poteri reali fra soggetti non comunicanti; e le tante cose (alcune ottime, molte buone, qualcuna francamente disdicevole) realizzate soltanto per merito dei singoli volontari all’interno di un contenitore degnamente impacchettato e privo di contenuti….
Vorrei che dedicassimo i prossimi cinque mesi che ci attendono alla selezione del nuovo gruppo dirigente di Ferpi, a insediare una nuova direzione ben compensata, che occupi efficacemente uno spazio manageriale, progettuale e operativo in coerente e sano coordinamento con una squadra di volontari, tutta all’interno dell’esecutivo, con deleghe e responsabilità precise in funzione delle predilezioni e degli interessi dei singoli, collegate a programmi alimentati, discussi e condivisi con i soci, già a partire dalle prossime settimane.
Nessun deus ex machina, nessuna ‘macchina da guerra’ quindi, ma un lavoro corale di chi ne ha voglia, e che si riconosca in un quadro generali di alcuni fondamentali principi:
- priorità alla rendicontazione tempestiva e puntuale delle dinamiche associative (il punto più carente oggi di tutti gli organismi che fanno parte della Ferpi, nessuno escluso);
- priorità alla argomentazione con i nostri stakeholder interni ed esterni del valore che le relazioni pubbliche apportano alla sostenibilità, alla governance e al management dei nostri clienti/datori di lavoro, attraverso il governo efficace delle relazioni, la comunicazione interna, esterna e soprattutto all’allineamento fra queste due (parlo… degli Accordi di Stoccolma…);
- priorità al futuro dei nostri colleghi più giovani;
- priorità alla valorizzazione delle diversità, a partire da quella di genere, ma non solo quella.
Naturalmente le raccomandazioni della lettera degli anni scorsi rimangono tutte valide.
Le ricordate?
• E’ un fatto confermato: la maggior parte dei lettori di questo sito non è associata alla Ferpi. Questo implica che, se in qualche modo pensate di fare il relatore pubblico, state producendo un danno a voi stessi e alla vostra professione. Perché non ci aiutate a migliorare e, tutti insieme, a fare meglio?
• E’ stato un altro anno in cui le pr negative (ho deciso di eliminare dal mio vocabolario la dizione black pr da quando un mio studente afroamericano mi ha fatto notare che proprio la dizione black pr ha contribuito a ritardare lo sviluppo della professione nella comunità afroamericana, ed ha proprio ragione) hanno fatto follie anche in Italia. Pensate soltanto a tutto quel che è avvenuto sopra, sotto e intorno al nostro primo ministro e alle tante ormai quotidiane occasioni in cui ci vergognamo di fare le relazioni pubbliche. Possibile che non riusciamo a evitare di usare le relazioni pubbliche per distruggere il concorrente o nemico di turno?
• E quando è stata l’ultima volta che abbiamo aiutato uno studente di relazioni pubbliche offrendogli uno stage, sistemandogli una tesi, dandogli qualche buon consiglio? Pensiamo davvero che siano solo delle bestie da soma? Ma ci siamo fatti un’idea dei corsi che seguono? O pensiamo che stiano li a fare degli studi inutili? In realtà, quegli studi sarebbero utili anche a ognuno di noi.
• Pippe, pippe, pippe… ecco cosa molti di noi pensano della ricerca e della costruzione di un corpo condiviso di conoscenze delle relazioni pubbliche.
Ma possibile essere così coglioni e buttarsi a mare, quando invece sarebbe importante che le nostre riflessioni (e qualche volta ci capiterà pure di pensare…no?) entrassero a buon diritto a far parte di quel corpo di conoscenze?
Buon anno.
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