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Processi inclusivi: riflessioni su un progetto di Cantieri

11/05/2004

L'adozione di processi decisionali inclusivi degli stakeholder è una questione critica e trasversale: un'analisi delle necessarie competenze

Fra gli interessanti progetti di Cantieri - il programma di innovazione organizzativa nella amministrazione pubblica diretto da Pia Marconi al Dipartimento della Funzione Pubblica - ai quali diversi soci della Ferpi oggi collaborano, ce n'è uno a mio parere ancora più interessante degli altri, diretto da Luigi Bobbio dedicato all'esplorazione dei processi decisionali inclusivi. Il gruppo di lavoro, composto da una cinquantina fra esperti e dirigenti dell'ammministrazione pubblica, è riuscito esaurientemente a illustrare le ragioni e le convenienze dei processi inclusivi (attenzione: da non confondersi con i processi consociativi che hanno attanagliato il Paese per tutti gli anni Ottanta fino all'apice della consociazione fra privato e pubblico che poi emerse dai verbali dei processi di Tangentopoli).La crescente complessità, farraginosità e lentezza dei processi decisionali - che rende sempre più difficile un governo delle organizzazioni compatibile con le aspettative di una società velocissima, globalizzata e competitiva - deriva in buona parte dalla inadeguatezza delle organizzazioni a governare sistemi di relazione con un numero crescente di soggetti che chiedono e rivendicano il diritto di essere ascoltati prima che siano decisi gli obiettivi specifici da perseguire. Fino ad oggi erano le stesse organizzazioni a prendere l'iniziativa di ascoltare i destinatari delle loro attività (clienti, consumatori, elettori, beneficiari), ma dopo avere deciso gli obiettivi da perseguire, e allo scopo di confezionare messaggi orientati ad accelerare l'attuazione di obiettivi già decisi.L'adozione di processi decisionali inclusivi degli stakeholder - intesi non come tutti i pubblici, ma come soggetti consapevoli e interessati a interloquire con l'organizzazione perché quest'ultima produce conseguenze su di loro o viceversa - non è soltanto una modalità che, in certe situazioni, puo' essere assunta da una amministrazione pubblica in nome di una presunta diversità che la caratterizzerebbe rispetto alle organizzazioni private.Al contrario, le crescenti pressioni degli stakeholder sulle imprese private, gli scandali, l'appiattimento degli organigrammi, la tematica della corporate governance e della responsabilità sociale rendono problematica, allo stesso modo di quella pubblica, anche la gestione efficace delle organizzazioni private.Se è vero allora che la questione è trasversale, e che la criticità gestionale sta nella inadeguatezza dei quadri dirigenti a governare i sistemi di relazione con gli stakeholder, il passo successivo è l'identificazione delle competenze necessarie, che al tempo stesso entrino nei piani di formazione manageriale e nei sistemi premianti delle leadership. Secondo me i settori di competenza necessari sono almeno due:quello relazionale e quello sistemico.Nel primo includerei (non in ordine di importanza):ascoltonegoziazione collaborazionemediazione comunicazioneanalisi degli interlocutorianalisi socio/culturalepersuasioneempatiapredere una decisioneproject managementlavoro di gruppovalorizzazione degli altriargomentazioneretoricaNel secondo includerei (non in ordine di importanza):logicasimulazioneorganizzazioneteoria dei giochirole playinganalisi della complessitàInfine, come indicatori da monitorare per impostare i sistemi premianti indicherei:

il livello di fiducia e di disponibilità dei soggetti della relazione all'apertura reciproca;
il livello di impegno dei soggetti a mantenere e migliorare la relazione;
il livello di reciprocità che i soggetti sono disponibili a riconoscere nel definire obiettivi e regole della relazione;
il livello di crescita della reciproca attrazione fra i soggetti della relazione.
La materia è ancora abbastanza informe, ma a nessuno sfuggirà il ruolo decisivo che i relatori pubblici sono chiamati a svolgere.Toni Muzi Falconi
 
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