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Qualche cosa che ci riguarda dal blog del collega Carlo Odello. Interessante!

09/05/2006

Toni Muzi Falconi segnala e precisa…

Una breve, ma necessaria precisazione: il commento di Italo Vignoli ricorda una vicenda che risale a ben sedici anni fa. Non che non sia successo di peggio da allora...Tuttavia non è corretto dire che Ferpi e Assorel non abbiano fatto nulla. Tutte e due le associazioni sono intervenute attraverso il rispettivo Collegio dei Probiviri.Nel primo caso, l'unico socio Ferpi (che è una associazione di persone...) che venne coinvolto nella vicenda si dimise immediatamente e, quando poi, molti anni dopo, fu assolto con formula piena dal successivo processo, ha chiesto e ottenuto il rientro con una lettera ufficiale che è stata anche pubblicata dal sito associativo!Nel secondo caso la società indagata era socia di Assorel (che è una associazione di imprese...) ma ritenne di dimettersi allo scoppio del caso per evitare il giudizio dei probiviri per poi rientrare anch'essa qualche tempo dopo, quando i tribunali fecero il loro corso e le persone coinvolte, salvo il caso del socio Ferpi citato prima, andarono a lavorare in altre società.
La solita tiritera del "dagli all'associazione!" è quindi sintomo di pressapochismo e di disinformazione. Le associazioni si sono mosse, eccome! E anche il socio Ferpi e la società si comportarono  correttamente dando testimonianza di un sano spirito associativo.Non commento invece l'insinuazione sui 'paladini dell'etica' perchè immagino si riferisca a chi firma questa nota ... anche ammesso ... ma non concesso!... che io abbia sbagliato allora (pur non avendo ricevuto neppure un avviso di garanzia, tanto gli inquirenti mi ritennero implicato), perchè volermi impedire di avere cambiato idea?(tmf)Da: comunicazioneimpresa.com15 Marzo 2006 -  ComeBack! "Rapporto agenzia di relazioni pubbliche e cliente"1. Carlo OdelloEccomi di nuovo con il servizio ComeBack! nel quale riprendo alcune query dei visitatori per affrontare dei temi che mi sembrano particolarmente interessanti. Oggi ho trovato nel registro del blog questa ricerca su rapporto tra l'agenzia di relazioni pubbliche e il cliente. Ad ogni modo quanto dirò vale anche per il rapporto tra ufficio stampa e cliente.
Questi sono, a mio avviso, i punti su cui si possono avere problemi se non sono chiariti pressoché da subito con il proprio cliente:

le RP e l'ufficio stampa non sono un'estensione del marketing operativo intesa come strumento promozionale, ma la voce ufficiale dell'azienda che concorre a formarne l'identità verso gli stakeholder e i giornalisti (ma oggi sempre di più anche verso pubblici non raggiunti in passato, come rileva giustamente Italo Vignoli); 
le RP e l'ufficio stampa non hanno effetto immediato ma lavorano sul medio-lungo periodo. Mi è capitato di sentire aziende che dicono: "Prendiamo un'agenzia, facciamo un evento, lanciamo qualche comunicato". Generalmente non è molto efficace perché è necessario conquistare la fiducia dei propri pubblici fornendogli informazioni corrette e utili in modo continuativo. E questo naturalmente si può fare solo nel medio-lungo periodo. Quindi le RP e l'ufficio stampa sono un investimento a lungo termine.
Vorrei poi sottolineare che esiste un'etica nelle RP e nell'ufficio stampa, una deontologia professionale di cui alcuni si scordano. La mia visione in merito è abbastanza vicina a quanto espresso nel Codice di comportamento professionale della Ferpi nei paragrafi "Obblighi di carattere specifico verso i committenti e i datori di lavoro" e "Obblighi nei confronti della opinione pubblica e dei mezzi di comunicazione" (trovate il documento qui).
2. Italo Vignoli    Carlo, siamo franchi. Di tutti gli iscritti alla Ferpi (che sono una sparuta minoranza rispetto al numero degli operatori sul mercato) i due documenti sull'etica li conosce e li rispetta non più del 10% (circa 150 persone). Sul resto, stendiamo un pietoso velo. Abbiamo agenzie che hanno contratti di consulenza con le mogli o i mariti dei loro interlocutori in azienda, agenzie governate dalle amanti degli amministratori delegati (è brutto dirlo, perché è una considerazione offensiva per il sesso femminile, per cui io ho grande rispetto, ma è purtroppo vero), agenzie create come buonuscita per la fine di un rapporto clandestino (per evitare che il tutto diventasse di pubblico dominio), e così via. E c'è stata Incomnews, agenzia a cui venivano assegnati tutti i budget pubblici (tre soci: DC, PSI, PCI) e che spartiva gli stessi sulla base di non meglio identificati criteri. C'è stato il budget AIDS assegnato a una sola agenzia, che aveva appena acquistato la Incomnews di cui sopra (6 miliardi solo per gli opuscoli informativi, con un utile - stimato - di 2 miliardi). Purtroppo, siccome sono tutti più o meno coinvolti - compresi i paladini dell'etica - Ferpi e Assorel non fanno nulla. Il mondo delle agenzie, purtroppo, è marcio. Ed evito di parlare degli aspetti professionali, su cui - forse - siamo messi addirittura peggio.
3. Carlo Odello  Italo, intendevo esprimere la mia opinione, chiaramente siamo a un livello ideale. Sono molto più giovane, anagraficamente e professionalmente, di te ma qualche schifezza l'ho già vista anch'io. Concordo pienamente sugli aspetti professionali su cui ho più volte puntato il dito in questo blog. Sono giovane ma non fesso e vedere colleghi prendere in giro i clienti è nauseante perché rende il lavoro più difficile. Come sai ho la fortuna di gestire innanzitutto le RP e l'ufficio stampa della mia azienda e di offrire questo servizio anche ad alcuni nostri clienti. Mi sembra che l'atteggiamento di molte aziende nei confronti delle RP, ma anche in parte nei confronti degli uffici stampa, sia un pensare in termini di "male necessario". Come dire: tocca farlo, vediamo di non spendere troppo. E come dargli torto con l'improvvisazione che c'è in giro?
4. Italo Vignoli     Carlo, la mia non era una critica alla tua opinione, che condivido pienamente (e hai fatto benissimo a ricordare che esiste un'etica delle relazioni pubbliche). Il problema, purtroppo, è che i clienti spesso si fidano di quello che le agenzie gli dicono in modo un po' troppo superficiale. Recentemente, ho avuto due esperienze in merito: un cliente ha candidamente ammesso che la precedente agenzia utilizzava il "gadget" (che noi abbiamo voluto più economico di quello dell'anno prima) come motivazione per la partecipazione alla conferenza stampa, senza preoccuparsi dei contenuti (la nostra rassegna stampa è stata superiore del 533% rispetto a quella dell'altra agenzia), e lui non si è chiesto se questo fosse il comportamento corretto; un prospect ci ha detto che puntava a una rassegna stampa annuale (ovvero, su dodici mesi) di 25 ritagli, perché l'agenzia di relazioni pubbliche gli aveva spiegato che con i loro comunicati stampa non era possibile puntare più in alto (loro erano riusciti ad avere 5 articoli in un anno), e quando io gli ho detto che di fronte a una rassegna stampa mensile inferiore a 10 ritagli noi chiediamo una riunione per risolvere un evidente problema di malfunzionamento della comunicazione (che può dipendere anche da noi) mi hanno guardato un po' straniti. Diciamo che il mondo delle agenzie ha i suoi bei problemi, ma i clienti potrebbero evitare gran parte delle loro frustrazioni se dedicassero cinque minuti del loro tempo ogni settimana per confrontare i risultati di una ricerca con Google News effettuata con il proprio marchio e con quello dei principali concorrenti, e poi chiedendo un commento su questi risultati all'agenzia.
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