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Quanto conta la reputazione quando il gioco si fa duro?

07/10/2008

Una riflessione sul caso Unicredit di Toni Muzi Falconi.

Ai primi di Settembre ero a cena con un acuto e critico osservatore dei nostri mercati finanziari, parlavamo della crisi economica e di come questa si sarebbe rapidamente trasformata prima in finanziaria per poi tornare ancora economica; avrebbe colpito duro anche in Europa; e – nonostante il dichiarato ottimismo quotidiano dei nostri politici e banchieri – avrebbe colpito anche in Italia.


Gli chiesi: ma secondo te quale banca sarà la prima ad annaspare?
La risposta è stata immediata: Unicredit.
Strano (pensai): sapevo che il mio interlocutore (oltre a chi scrive) aveva sempre nutrito una grande stima professionale per Alessandro Profumo, considerandolo il manager più competente e affidabile in Italia.


Perché dici questo? Gli chiesi.
Ecco la risposta (parliamo di oltre un mese fa…):
Le ragioni sono:


° oggettive (è la nostra banca più internazionale ed è un po’ sottocapitalizzata);
° politiche (è una banca che ha sostenuto esplicitamente il centro sinistra);
° emotive (è una banca invidiata dai concorrenti perché ha una ottima reputazione in un complesso di istituti abbastanza sputtanati con la sola eccezione di Intesa e, in parte, di MPS);
° sociali (è la banca di riferimento della società civile, quella che si è più focalizzata sul codice etico, sui comportamenti responsabili…e questo dà un gran fastidio in tempi normali, figuriamoci in un periodo di vacche magre);
° di establishment (l’operazione di integrazione con Capitalia, anche se apparentemente obbligata, non è andata giù al core del potere romano, tanto che Geronzi è riuscito, malgrado Profumo, a prendere il potere in Piazzetta Cuccia e non è certo oggi il suo alleato più affidabile. In più l’establishment romano, storicamente legato a doppio filo con quello siciliano, ha digerito assai male la nomina voluta con determinazione proprio da Profumo, di Ivan Lo Bello a Presidente del Banco di Sicilia e di ben due donne nel Consigli di Amministrazione. Non mi stupirei affatto se dovendo partire da qualcuno, la speculazione dei venditori allo scoperto partisse proprio con Unicredit).


Ma perché non Intesa? Gli chiesi io.
Mi guarda e sorride sotto i baffi.
Lo sai benissimo, mi dice.
Perché Passera, pur essendo stato per anni braccio destro di Carlo De Benedetti in Olivetti, poi Amministratore Delegato dell’Espresso, sostenitore acceso dei referendari e anche lui vicino alla sinistra, è attualmente impegnato a comporre la cordata italiana per salvare la faccia a questo Governo sul caso Alitalia.
Vuoi che proprio loro lo mettano in difficoltà?


A un mese di distanza, ecco i fatti… la cui dinamiche però sono ancora tutte da vedere.


Una prima domanda:
immaginiamo che, a livello di reputazione, Unicredit e Intesa abbiano, nella percezione della comunità degli investitori italiana e internazionale, un rating più o meno pari. Immaginiamo che Passera fosse Ceo di Unicredit e Profumo di Intesa.
Secondo voi, chi avrebbero attaccato gli speculatori nei giorni scorsi?


Domanda ancora più difficile:
il crollo delle azioni Unicredit ha prodotto sicuramente notevoli danni sia materiali che immateriali.
Secondo voi, se a capo di Unicredit ci fosse stato qualcuno, per capirci, come Geronzi, questi danni sarebbero stati superiori o inferiori?


Terza domanda:
ma perché anche Profumo ha subito il condizionamento di avere per giorni negato l’esigenza di una ricapitalizzazione, per poi decidere di farlo a poche ore dall’ultima smentita ufficiale?
Cosa e chi gli ha impedito di presentarsi al TG1 (come ha fatto) per dire esplicitamente che la Banca avrebbe proceduto in quella direzione?
Perché si è sottoposto a quella caduta di reputazione?
Chi ha messo in giro le voci delle sue dimissioni?
Come mai da Parigi il Premier si è sperticato (mai fatto nulla del genere prima) in ‘pelose’ lodi a sostegno apparente di Profumo?
Come mai nel corso del Consiglio di Amministrazione di Domenica alcuni consiglieri hanno esplicitamente chiesto un riallineamento politico dal Ceo?


Ah…vecchi vizi, antiche storie, questo chronysmo nazionale…anche nelle crisi globali, riusciamo sempre a essere inguaribilmente noi stessi.
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