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Quanto contano  le Rp?

02/07/2018

Al via tra pochi giorni in Slovenia la venticinquesima edizione di BledCom, il Simposio Internazionale di Ricerca nel campo delle Rp, quest’anno dedicato al ruolo delle Relazioni Pubbliche in un mondo in crisi, tematica più che mai attuale e nella quale la nostra professione può trovare diverse aree di riflessione critica e di evoluzione. Tra i relatori presenti dal 5 al 7 luglio sulle sponde del lago di Bled anche Toni Muzi Falconi, autore insieme a Frank Ovaitt, CEO Emerito di IPR – Institute for Public Relations, di un paper dal titolo “How big is Public Relations (and why does it matter)?” di cui proponiamo un paragrafo introduttivo.

 

Gli autori sono consapevoli che algoritmi e intelligenza artificiale stanno automatizzando attività e funzioni di relazioni pubbliche sia tradizionali sia emergenti. Lo vediamo accadere ogni giorno, eppure non ci rendiamo conto della velocità e della spinta complessiva di tale processo. In ogni caso, il principale interesse degli autori in questa sede è proporre una metodologia capace di stimare l’impatto, economico e non solo ma anche sociale relazionale e reputazionale delle Rp. Ipotizziamo che questo impatto possa essere modificato dagli strumenti di intelligenza artificiale, ma francamente non lo sappiamo.

Tuttavia, e anche in parte a causa di questo processo di automazione, gli autori sostengono che la qualità delle relazioni di qualsiasi organizzazione con i suoi stakeholder sta diventando sempre di più la sua fondamentale ragione di esistere. Non è scopo di questo documento presentare prove a sostegno di questa tesi, ma di sicuro rappresenta un importante assunto di base.

Lo sviluppo in questa direzione è in parte dovuto al gruppo di lavoro sul Mandato di Melbourne di Global Alliance e al suo documento approvato del 2013, al pensiero e alle elaborazioni di Mervyn King e al crescente consenso a livello internazionale raccolto in molti Paesi  e in quasi tutti i mercati finanziari di rilievo dalla concettualizzazione del capitale relazionale elaborato dall’Integrated Reporting Council.

Gli autori ritengono anche che le relazioni pubbliche siano una pratica professionale che, basata su un corpo di conoscenze in continua crescita e su un quadro di competenze sempre più dinamico, migliori  coscientemente e misurabilmente la qualità di queste relazioni, in modo che gli obiettivi siano più rapidamente raggiunti attraverso un ascolto attivo, costruttivo e reciproco, e un dialogo, una interazione e un monitoraggio sia in spazi analogici che digitali.

Con questo nuovo paper, aggiorniamo una prima edizione scritta nel 2005 e pubblicata dall'Institute for Public Relations nel quale si sosteneva che l'identità professionale dei relatori pubblici non è né un canale di supporto per la pubblicità e il marketing, e neppure semplicemente un'altra semplice funzione di management.

Piuttosto, diventa fondamentale come noi stessi – da professionisti, praticanti, manager, studiosi, docenti e studenti - capiamo cosa facciamo, valutiamo il nostro impatto sulla società in generale e, soprattutto, discutiamo e promuoviamo questi approcci con i nostri stakeholder.

Da quel primo  documento originale sono passati 13 anni. La professione ha significativamente modificato i suoi processi anche in virtù di fattori come l'inaspettata decelerazione della globalizzazione, il ritorno degli Stati-Nazione, l’esplosione del populismo, sovranismo e una crescente e sempre più dirompente, nel bene e, sempre più spesso, nel male mutazione digitale.

Questi fattori insieme allo tsunami migratorio, le catastrofi climatiche e la crescente e inarrestabile disparità tra le condizioni di vita delle persone, hanno contribuito a formare, come afferma esplicitamente il titolo di questo XXV Bledcom Symposium, “Un mondo in crisi: il ruolo delle Relazioni Pubbliche”.

Leggi il paper.
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