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Quanto costa una parola??

25/01/2005

Il costo di ogni parola è determinato da una serie di fattori, primo tra tutti il contesto in cui viene usata.

Tutte le cose che hanno un valore hanno un costo.Noi, professionisti della comunicazione, dovremmo quindi sapere quanto costano le parole. Ma non lo sappiamo. E' paradossale, ma proprio oggi che la comunicazione sta assumendo, anche a livello accademico, una dignità che non ha mai avuto e migliaia di studenti di scienze della comunicazione si sbattono su testi e saggi tostissimi, non esiste nessuno studio, a mia conoscenza, che stabilisca in dettaglio il costo delle singole parole in relazione al contesto e in base all'efficacia del mezzo.Sappiamo il costo delle singole parole solo per i telegrammi (oggi per altro poco usati, sostituiti dalle diverse tecnologie interattive) e per gli annunci economici sui quotidiani; stanno scomparendo i fax e si sono già estinti il cablogramma e la telescrivente dei quali, per similitudine, si poteva stimare il costo/parola.Per altro tutti mezzi, questi, abbastanza lontani dall'uso professionale della comunicazione d'impresa.Certo, conosciamo, tramite le agenzie concessionarie, il costo dello spazio e del tempo dei mass media, ma già qui non stiamo più parlando di singole parole, ma di moduli, pagine e secondi. Sappiamo in via approssimativa il costo degli SMS, delle e-mail, della  gestione di un sito, oppure i costi dei collegamenti dei call center, ecc.Però non sappiamo il costo/valore di ogni singola parola in tanti altri casi, molto più diffusi nell'attività quotidiana: una circolare, un comunicato-stampa, una lettera commerciale, il verbale di una riunione, un articolo… si  potrebbe proseguire con centinaia di esempi.I telegrammi e gli annunci economici hanno per altro creato un danno linguistico enorme, assieme ai dispacci delle forze dell'ordine, coniando una serie di neologismi per accorpamento (automunito, militesente, pentacamere, ecc.) e oggi gli SMS dei ragazzi contribuiscono a diffondere contrazioni linguistiche demenziali (TVMB, UR ok, 6+, xke). Il "commercialese" si è poi inventato un sacco di banalità e abbreviazioni (rif. pregiata Vs., ns. uff. - Spett/le, c.m.): insomma, quando le parole costano, si rovina la lingua.Quando un'agenzia di relazioni pubbliche deve monetizzare, per i suoi clienti, la redemption di una conferenza stampa, di solito misura la quantità e la dimensione dei ritagli stampa, parametrandola in base al costo dello spazio pubblicitario. Pratica diffusissima quanto scorretta, perché troppo approssimativa: così si rischia di valutare come più utile una pagina sull'Eco del Chisone di 6 righe sulla prima pagina del Corsera.E' chiaro che il costo di ogni parola è determinato da una serie di fattori, primo tra tutti il contesto in cui viene usata. Ad esempio: il costo/valore di dieci parole in una cartolina ad un amico è ben diverso da altrettante parole in una pagina pubblicitaria sul quotidiano di maggior diffusione; tre parole che formano lo slogan di un partito sono ben diverse da tre parole in una circolare e nella stessa circolare le parole che vengono scritte nell'oggetto hanno un valore ben diverso da quelle dei saluti e così via.Come dicevo, non esiste un sistema di calcolo, ma per logica si deve pensare che ogni parola di un claim affermato può valere miliardi: Liscia, gassata o Ferrarelle, Tutto intorno a te, O così o Pomì, oppure le tre parole di Jaques Seguela che fecero eleggere Mitterand: "La force tranquille".Ci sono parole pesanti come pietre e parole di gomma piuma. Pensate al valore, sul piano dell'incremento consumistico negli USA, che ha avuto la frase, diretta alle ricche ma avare signore americane di una certa età: "Signora, ci pensi: tutto quello che lei decide di non comprare per non spendere, lo comprerà suo nuora quando lei non ci sarà più". Oppure, quant'è inutile ripetere la frase: "Corri a casa tua perché è scoppiato un incendio" e pensate al forte valore persuasivo della frase che, in un tribunale, disse un giudice ad una signora che non si decideva a dire in pubblico la sua età: "Signora, le ricordo che ogni minuto che passa peggiora il problema".Ma al di là di saper fare un saggio uso della sintesi e della persuasione, si assiste ad un paradosso: mentre da un lato, per ridurre i costi e i tempi, si usa uno stile contratto (ormai chiamato telegrafico anche quando il mezzo usato non è il telegrafo) dall'altro si eccede nel numero di parole.Questo avviene per una serie di ragioni:- quando la comunicazione è pagata in base alle parole usate (il motivo per cui i libri di Emilio Salgari, per altro bellissimi nel loro genere di letteratura per ragazzi, avevano delle sbrodolate terrificanti sulle tempeste marine, sul groviglio delle liane nella giungla e su tutto quello che poteva allungare il testo);- quando la comunicazione deve oscurare il contenuto (gli esempi nel "burocratese" e nel "politichese", dove spesso conviene creare cortine fumogene, sono milioni);- quando si ritiene che la quantità faccia qualità (le tesi universitarie ne sono state per anni un esempio). Ricordate il vecchio motto dell'ambiente accademico? Se copiate 500 righe da un testo commettete un plagio, se copiate una riga da 500 testi… fate una splendida tesi.Quindi, si oscilla tra una folle contrazione ed un eccesso di parole ed alcune volte queste due caratteristiche sono presenti insieme. Capita infatti di trovare, in una circolare inutilmente lunga, una serie di abbreviazioni che, oltre ad essere poco garbate, sono anche senza senso. Qualche esempio? Vostro viene scritto Vs/, con la V maiuscola (in segno di rispetto) senza però trovare abbastanza rispetto per scrivere tutta la parola. Lo stesso per i titoli: se volete fare omaggio ad un docente dell'aggettivo magniloquente di Chiarissimo Professore, che senso ha abbreviarlo in Chiar.mo  Prof.?Torniamo al costo delle parole. Tentiamo un esempio: poniamo che una pagina pubblicitaria venga venduta dall'agenzia concessionaria a 30.000 € e che l'editore, anziché destinarla alla pubblicità, la dedichi alla redazione. Virtualmente, dividendo il mancato introito (30.000 € : n°parole/pagina) si dovrebbe conoscere il costo di una singola parola di quella pagina. Ma, come detto, la parola di un titolo vale ben di più di una parola nel corpo dell'articolo. E di che testata si tratta?  Qual è il suo costo/contatto rispetto al target group? Qual è il suo GRP (Gross Raiting Point, frutto del rappporto copertura/frequenza)?Troppo difficile? Forse. Per questo non è mai stato fatto uno studio in questo senso?Non mi rassegno, però. Se penso una struttura esperta nel calcolo dei costi di gestione come una banca di interesse nazionale riesce a sapere, ad esempio, quanto incide nel suo inventario il valore anche di un singolo sgabello o di un alberello nel parco della sua sede, perché non riesce a sforzarsi di calcolare quanto vale e quanto costa un singola parola? Nessuno è a conoscenza di ricerche al riguardo? Vogliamo parlarne?Enrico Cogno 
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