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Quanto possono essere oscure le Relazioni pubbliche...

03/07/2014

Le Rp possono servire a rafforzare e promuovere le relazioni fra i soggetti sociali; ma anche a sviluppare la guerra e le sconfitte della società civile, a seminare il terrore nel mondo e a danneggiare la reputazione di nemici e concorrenti. Sono le cosiddette _Black PR_ che oggi hanno cambiato nome ma non il proprio scopo. La riflessione di _Toni Muzi Falconi._

di Toni Muzi Falconi
Nella storia delle Rp italiane è accertato che l’esercito statunitense negli anni quaranta del secolo scorso reclutò fra gli italiani di America un nucleo di professionisti di Rp, anche appartenenti alla mafia, per assicurare che la Sicilia non finisse in mano al PCI, man mano che gli alleati risalivano lo stivale (1).
I legami dunque della nostra professione con la criminalità organizzata sono antichi e consolidati.
Le dinamiche in corso in questi ultimi mesi, dentro e intorno al territorio irakeno, con il terrorismo internazionale con le migliaia di terroristi europei e americani operativi a sostegno della costituzione violenta di un appena ufficialmente annunciato grande califfato islamico di ispirazione jihadista, sono narrate con dovizia di particolari anche in merito al reclutamento selettivo di volontari strapagati purché particolarmente esperti nell’uso aggressivo dei social media.
Del resto, il New York Times da anni segue le attività dei leader talebani in Afghanistan che si servivano a pagamento di strutture di Rp in UK e Usa per promuovere la lotta armata e reclutare volontari al quaedisti.
Così come risale ormai a tre anni (2011) fa un documento ufficiale messicano che trascrive un accordo del Presidente di allora, Calderon, con l’associazione degli editori, in cui questi ultimi si impegnano a non dare più spazi media alle narrazioni delle gang della droga che erano soliti usare agenzie di PR per incrementare il reclutamento competitivo, gang contro gang, dei volontari.
Tutto questo per ricordare che anche il nostro lavoro può servire a rafforzare, promuovere e sviluppare le relazioni fra i soggetti sociali; ma, e con almeno altrettanta efficacia, anche a sviluppare la guerra, le sconfitte della società civile, a seminare il terrore nel mondo e a danneggiare la reputazione di nemici e concorrenti.
Non sfuggono a sospetti del genere, tanti illustri professionisti di casa nostra impegnati da anni e mesi a diffondere direttamente o tramite giornalisti e testimoni compiacenti storie rigorosamente monopartisan tese a distruggere un concorrente per qualsiasi delle tante cariche pubbliche, private, sociali e politiche in rinnovo; a spudoratamente provocare scandalo in territori particolarmente delicati (la privacy) e fra magistratura e corruzione.
Tradizionalmente queste si sono per decenni chiamate Black PR (oggi si usano altri termini più politicamente corretti come Dark e Nasty) e vengono date, anche da noi, ma soprattutto nei paesi dell’est europeo e in Cina e India… per scontate… per non parlare di quello che ci aspetta in USA durante la prossima campagna elettorale…
In ogni regione le tipologie di manifestazione del fenomeno cambiano (applicazioni specifiche) ma la molecola generica è sempre la stessa: piegare la professione (e i professionisti che ne ricavano compensi vari) affinché danneggi la sfera pubblica invece che costruirla.
Non si possono vietare queste attività per legge (sempre che non si dicano cose false), ma sicuramente se ne può ridurre il danno richiamando sempre i principi della responsabilità professionale… (vedi ultima parte del Mandato di Melbourne) anche e soprattutto nella fase formativa dei professionisti.

(1) T. Muzi Falconi, Gorel – Il Governo delle Relazioni, Edizioni Il Sole 24 ORE, 2004
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