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Regole di comportamento per i media sociali

13/03/2009

Dopo essersi trovato in una situazione "sgradevole" Ira Basen, di CBC News, propone alcune ‘norme di comportamento’ per chi si accinge a dialogare tramite la rete e ci ricorda che le conversazioni pubbliche hanno bisogno di tutto l’aiuto e l’educazione possibili.

Mentre Ira Basen di CBC News. teneva la sua relazione ad una conferenza su rp e social media a Toronto, di fronte ad un pubblico di relatori pubblici, un altro relatore, Joe Thornley della Faillis Communication di Ottawa, prima delle conclusioni postava su Twitter dei commenti negativi su quanto stava ascoltando…


Prima di rendere note le sue riflessioni attraverso questo articolo, Basen premette che è assolutamente favorevole a blog e a Facebook, come a Twitter, ma ritiene che debbano essere maneggiati con cura, soprattutto da chi si occupa di relazioni pubbliche.
Conferma anche di aver anticipato che si aspettava dissenso alle sue osservazioni e che aveva invitato chiunque ne avesse voglia ad esprimere il proprio punto di vista, ma certamente non prima delle conclusioni e soprattutto con il pubblico presente, non attraverso la rete.


Ecco le sue riflessioni.


Alcune ‘perle’ da Twitter


‘Sarebbe facile arrabbiarsi per l’odiosa caricatura che Ira Basen fa delle rp. Ma è troppo estremo per essere credibile’.
Questo è uno dei commenti che ho scoperto – racconta Basen – quando sono andato su Twitter al termine della conferenza.


‘Si possono porre delle domande senza con questo diffondere stereotipi semplicistici e devianti. Ira Basen non ci è riuscito’.
Eccone un altro. Poi è stato accusato di aver fatto osservazioni ‘provocatorie senza citare la fonte’. E poi c’era anche questo strano commento. ‘Ira Basen attira l’attenzione. Ma questo succede anche quando c’è uno scontro tra automobili. E non si tratta necessariamente di un fatto positivo’.


Twitter è un forum aperto al pubblico


Se di Twitter non ne sapete molto – dice Basen – vi dirò che si tratta del canale di social media in assoluto più ‘caldo’: è stato aperto a San Francisco nel 2006 per consentire alla gente di sapere cosa ne è dei propri amici.


Oggi si è esteso ben oltre questo primo obiettivo: uomini di marketing, politici e giornalisti si sono tutti innamorati di Twitter perché è una modalità molto semplice per mettersi in contatto con un gran numero di persone di una data età e che la pensano in un certo modo.


Twitter va considerato come una combinazione di blogging e instant messaging. Come questi ultimi sono corti, non possono superare i 140 caratteri. E come con i blog si possono aggiungere link a foto, testi o video di tutto il mondo.


Ma con Twitter ci si può anche iscrivere come ‘seguace’ che significa che si riceveranno tutti i messaggi che la persona che state seguendo scrive. E anche se non siete registrati come seguace, potete sempre leggere i messaggi di chiunque, semplicemente andando sulla sua pagina di Twitter.
Di conseguenza, mentre da un certo punto di vista i messaggi su Twitter sono una corrispondenza privata, in realtà sono assolutamente pubblici. Ecco perché ero davvero seccato e mi sono sentito pubblicamente insultato a mezzo Twitter.


Le parole hanno un peso


Non è che io non sia abituato ad essere criticato on line. Nel corso delle ultime due campagne elettorali tenevo la rubrica on line “Reality Check” e sono stato attaccato da ogni genere di persone con user name che potevano essere veri o falsi (il mio preferito: Hugh Jass).


Penso che questo spazio di commenti on line sia particolarmente democratico e non-gerarchico: tutti sono anonimi, tutti hanno lo stesso peso. La reputazione si basa su ciò che si ha da dire non da chi si è.
Ma quando si viene attaccati sul piano professionale da qualcuno che ha un suo sostanziale pubblico di seguaci su Twitter, più che di una conversazione sembra trattarsi di pettegolezzi da cortile e viene da chiedersi se questo sia effettivamente un corretto utilizzo dei social network.


E oltretutto, che fretta c’è? Che senso ha attaccare qualcuno – o sostenerlo – prima che abbia fino di parlare?


La reazione


Dopo aver rimuginato su questo episodio, ho sentito la necessità di reagire. Ho quindi scritto a Thornley una e-mail indicando tutte le ragioni che mi portavano a pensare che quanto avesse fatto fosse sbagliato.
Joe mi ha risposto immediatamente offrendomi di mettere i miei commenti e il testo del mio discorso sul suo blog. Ne è seguito un vivace dibattito.


Ma tutta la vicenda mi ha portato a pensare che, se pensiamo di utilizzare i nuovi media sociali come forum di dibattito pubblico, forse dovremmo prendere in considerazione la messa in atto di una serie di ‘norme di comportamento’.


Primo (se non altro per cortesia): prima di attaccare attendere che l’oratore abbia finito in modo da poter ascoltare e riflettere su tutto quanto ha da dire. E magari utilizzare per i propri commenti un canale che consenta un messaggio di più di 140 caratteri, tipo e-mail o blog.


Nel corso delle molte conferenze alle quali ho partecipato in questi giorni, ho visto tante di quelle persone che durante le relazioni scrivono su Twitter, bloggano, postano e mandano e-mail che mi viene da pensare che nessuno ascolti con attenzione quello che l’oratore sta dicendo.


Sul suo blog, Thornley difende lo scrivere su Twitter in diretta dicendo che così ‘si può approfittare del pensiero degli altri in tempo reale, approfondendo la propria interpretazione e fornendo spunti e stimoli per altri punti di vista’.
Non sono d’accordo, anche se molti di coloro che postano i commenti in diretta si difendono dicendo che è come prendere appunti durante una lezione. C’è chi sostiene che è dimostrato che chi prende appunti si ricorda meglio di quanto ha sentito e quindi scrivere su Twitter non sarebbe altro che una condivisione degli appunti presi.
Questo sottintende, naturalmente, che chi lo fa stia effettivamente recependo quanto viene detto e non si limiti a trascrivere o a cercare di far colpo sugli amici.


Più cortesia


Regola due: se dopo averci riflettuto, decidete che un oratore deve essere criticato, siate inclusivi.
Se non siete d’accordo con quanto viene detto pubblicamente, e se decidete di esprimere pubblicamente il vostro disaccordo, fate in modo da includere nella discussione anche l’oratore.


Ricordate che Twitter è una conversazione pubblica e oggi le conversazioni pubbliche hanno bisogno di tutto l’aiuto e l’educazione possibili.


E, per concludere, non pensate che tutto questo sia irrilevante.


Recentemente un blogger di San Francisco ha scritto che, ci piaccia o no, bloggare e postare in diretta sono modalità destinate a durare nel tempo e che chi, come me, lo trova offensivo, villano, ingiusto o limitativo, non ha altra scelta che abituarsi.
‘Le sue rimostranze e critiche – ed il loro valore – sono irrilevanti’, ha sentenziato.


E invece hanno importanza. I social media sono appena all’inizio e dobbiamo ancora imparare molto sui loro pro e contro. Ma quello che già oggi sembra abbastanza ovvio, anche se siamo solo agli inizi, è che non è che siccome ci danno l’opportunità di essere maleducati, allora bisogna esserlo.


F.C.
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