Ricci: la scommessa di comunicare la PA
04/06/2015
Numerose edizioni di Forum PA all’attivo, tanti Presidenti del Consiglio e tanti diversi approcci con i temi della modernizzazione della macchina pubblica. Camillo Ricci, amministratore delegato di eprcomunicazione, anche quest’anno alla guida dell’ufficio stampa e relazioni con le istituzioni del Forum appena concluso fa il punto sulla comunicazione della pubblica amministrazione.
Si è appena conclusa la ventiseiesima edizione di Forum PA, la ormai tradizionale manifestazione dedicata alla pubblica amministrazione; quest’anno sempre meno vetrina e sempre più laboratorio, con tanti appuntamenti di formazione gratuita per gli operatori, che in molte migliaia si sono dati appuntamento a Roma per confrontarsi sui temi caldi della riforma della pubblica amministrazione, sulla crescita digitale e sulla programmazione dei fondi europei. A guidare la squadra di professionisti della comunicazione che ha gestito ufficio stampa e relazioni con le istituzioni anche quest’anno
Camillo Ricci, amministratore delegato di
eprcomunicazione, tra le maggiori società di relazioni pubbliche in Italia.
Ricci ha seguito tante edizioni del Forum e ha visto passare dalla manifestazione tanti Presidenti del Consiglio, da Berlusconi a Monti, e tanti diversi approcci con i temi della modernizzazione della macchina pubblica. Basti pensare all’approccio migliorista di Ministri come Frattini o Bassanini a quello più rivoluzionario di Brunetta, con le sue intemerate sui fannulloni.
Com’è cambiata la comunicazione della PA vista dall’osservatorio privilegiato del Forum PA?
Si sono susseguite, nel corso di pochi anni, varie fasi della comunicazione della PA. Siamo passati dalla reticenza alla condivisione, dalla residualità alla costituzione di strutture di professionisti, la cui competenza non ha nulla da invidiare a quella di chi opera nel settore privato. La Pubblica amministrazione ha smesso di considerarsi impenetrabile fin dal linguaggio e si è aperta, cominciando finalmente a fornire strumenti per rendere effettivi i propri diritti a chi si rivolge agli uffici pubblici. Non credo di esagerare se assegno alla comunicazione pubblica un ruolo importante nella definizione del concetto di cittadinanza.
Però, malgrado una nuova consapevolezza di questa missione, oggi la PA sconta una mancanza di risorse per la comunicazione che rende tutto più difficile. Siamo al paradosso: negli anni ‘80/’90 c’erano budget enormi e poca cultura della comunicazione, oggi a fronte di una nuova attenzione alla relazione con il cittadino, non c’è una lira per comunicare.
Quali i cambiamenti più evidenti prodotti dalla ICT nella comunicazione della PA?
Purtroppo in Italia continuiamo a parlare ancora dei cambiamenti che la digitalizzazione potrebbe introdurre nei rapporti tra cittadino e PA perché sono ancora troppo pochi quelli che già sono diventati operativi e la cui efficacia si può toccare con mano. Si stanno facendo dei progressi importanti, come per esempio la fatturazione elettronica o il processo civile telematico, ma siamo ancora molto lontani da una diffusa cultura della digitalizzazione. Anche perché corriamo seriamente il rischio di informatizzare i processi burocratici piuttosto che di costruire nuovi percorsi basati sulla velocità e sulla condivisione che oggi la rete rende possibile.
Ma allora siamo ancora all’anno zero?
Non credo. La riforma che il Governo ha presentato e che è stata approvata da uno dei due rami del Parlamento sicuramente rappresenta un passo avanti, perché cerca di rendere la dirigenza pubblica qualcosa di effettivo e a tempo determinato e non più uno status vitalizio, come spesso avviene oggi. E si ripromette di bonificare le migliaia di enti strumentali che spesso hanno più amministratori che dipendenti e che quindi servono solo a spendere denaro pubblico per finanziare le clientele.
Ma, una volta approvata la riforma Madia, così come è stato in passato per altri interventi strutturali, il nodo resta sempre lo stesso: dare esecuzione al rinnovamento, e non lasciarlo solo sulla carta per le mille e mille resistenze corporative, o peggio, che lo hanno storicamente frenato.
Tornando alla comunicazione, quali le competenze richieste oggi ad un professionista della comunicazione delle amministrazioni pubbliche?
Non vedo alcuna differenza ormai tra professionalità richieste per la comunicazione pubblica e quella privata. Capacità di ascolto e di relazione, competenza tecnica sempre più articolata, per sapersi destreggiare su tutte le piattaforme disponibili, capacità di storytelling, curiosità, cultura generale a supporto di esperienze specifiche: è questo, a mio avviso, il bagaglio di un buon comunicatore, sia esso pubblico o privato.
Che significa fare oggi Relazioni pubbliche e ufficio stampa per un evento sulla PA?
Tutta la comunicazione sta subendo un radicale cambiamento, che non potrebbe non riguardare anche un evento come Forum, in cui le amministrazioni, le aziende e gli operatori fanno il punto sulla riforma della Pa.
In passato avevamo come riferimento pochi e ben noti giornalisti che da anni seguivano il settore. Oggi dobbiamo confrontarci anche con le comunità che si sviluppano sul web, con i blogger, con le immagini messe in rete dai partecipanti agli eventi. Il tutto ad una velocità che rende tutte le notizie vecchie dopo pochi minuti. Ma proprio questa quantità di spunti e di contenuti da elaborare rende centrale quanto complesso il ruolo del comunicatore.
Che si deve confrontare anche con la tendenza dei media ad assecondare la spettacolarizzazione, spesso confondendo una piccola protesta di settore come una notizia a cui dare spazio e dignità esagerata. Così ti trovi in evidenza una provocazione di un sindacato di base contro il ministro della Funzione pubblica che, con il suo clamore effimero, soffoca il confronto serio sulle cose da fare e la possibilità di rendere conto di quanto si sta facendo per cambiare il Paese. In questo la forza del web, con le sue immagini e i suoi suoni, non trova adeguata resistenza o meglio contrappeso da parte dei giornalisti che a volte tendono a restare sulla superficie piuttosto che impegnarsi ad approfondire.
A questa patologia si aggiunge la diffidenza del mondo dei media, resa molto forte da anni di annunci a cui spesso non è seguito nulla di concreto, a dar conto di quell’Italia che funziona anche nel mondo della pubblica amministrazione. Perché a fronte di un’ambulanza che arriva quando il malato è già deceduto, ci sono tanti casi di eccellenza sanitaria da far invidia ai Paesi scandinavi o tanti progetti di innovazione che meriterebbero visibilità e apprezzamento maggiori.
La scommessa è far diventare omogeneo un progresso che invece è solo a macchia di leopardo, premiando i migliori e mandando a casa quelli che non fanno con scrupolo il proprio dovere. Ma mi rendo conto che questo non è soltanto un problema di comunicazione…