Federica Zar, Consigliera Nazionale con delega alla Comunicazione
Pubblicata la IV edizione del report “Leader della comunicazione” curata dal socio Alessandro Vanoni, Direttore Brand, Marketing & Communications, EY Italia
“La comunicazione non è più un semplice atto di visibilità, ma, quasi come in architettura, un vero esercizio di progetto. La tecnologia apre infinite opportunità, ma porta con sé qualche concreto rischio di saturazione e di perdita di originalità. L’Intelligenza Artificiale accelera i processi, ma ci sfida a mantenere alta la qualità, la rilevanza e la responsabilità. Lo sottolinea Alessandro Vanoni, Direttore Brand, Marketing & Communications, EY Italia introducendo il quarto report “Leader della comunicazione”, che mette in luce tutto questo e prova a indicare sulla mappa dei comunicatori alcune strade che portano a rilevanza, competenze e trasformazione. “L’obiettivo è comunicare meglio, non di più; costruire senso, non solo presenza” - afferma Vanoni.
“La comunicazione vive una tensione: tra velocità e profondità, tra tecnologia e dimensione umana, tra presenza e senso. Il 2025” – conclude Alessandro Vanoni – “ci consegna una sfida chiara: non basta comunicare di più, bisogna comunicare meglio. Con pensiero critico, creatività e capacità di trasformazione. Perché la vera differenza la fa chi sa dire il giusto, dirlo bene e nel momento opportuno. Come scriveva Constantin Brancusi, la semplicità è una complessità risolta: non è riduzione, ma sintesi intelligente, frutto di scelte consapevoli. Non è solo una questione di strumenti, ma di visione. Di progetto. Di responsabilità. Perché ogni parola è una scelta. E ogni scelta costruisce futuro”.
L’indagine di EY | Building a better working world
L’indagine ha visto il coinvolgimento di 45 responsabili della comunicazione di rilevanti aziende nazionali e multinazionali che operano sul territorio italiano con l’obiettivo di comprendere come brand, reputazione e comunicazione aziendale continuino ad evolvere e quali siano le sfide per il futuro. In tre casi su quattro gli intervistati operano all’interno di aziende con oltre 250 addetti. Le interviste sono state somministrate tra il 4 e il 17 novembre 2025.
Essere strategici: la consapevolezza della comunicazione
La comunicazione aziendale non è più ancillare: è diventata una leva di posizionamento e trasformazione. Nel 2025, la totalità dei responsabili intervistati la considera fondamentale o molto importante, segnando un ulteriore rafforzamento rispetto all’anno precedente. Un dato che testimonia la crescente consapevolezza del valore della comunicazione come leva di trasformazione e di costruzione del senso, in un contesto dove la rilevanza diventa la vera frontiera competitiva. Questo dato segna inoltre una maturazione culturale: comunicare non è un obbligo, ma una scelta strategica che implica responsabilità. Anche il riconoscimento della funzione cresce: il 98% si sente valorizzato, anche se il 63% indica margini di miglioramento. L’integrazione con l’ecosistema aziendale è quasi totale (98% molto o abbastanza integrata, +11% vs 2024).
Gli obiettivi restano chiari: il 65% punta sulla reputazione, mentre la promozione di prodotti (23%) e la gestione delle relazioni (12%) seguono a distanza. In un contesto complesso, la reputazione è la vera moneta di scambio: costruisce fiducia e orienta le scelte.
La reputazione prima di tutto
La comunicazione è sempre più connessa con leadership, HR, business e finance: il 98% dichiara un’integrazione molto o abbastanza forte, +11% rispetto al 2024. Un salto di qualità che testimonia la centralità della funzione nel guidare la trasformazione e nel favorire la coerenza tra dimensione interna ed esterna dell’organizzazione.
La reputazione si conferma l’obiettivo prioritario della comunicazione esterna. La promozione di prodotti e la gestione delle relazioni restano importanti, ma è la costruzione di senso e fiducia – cuore della reputazione – che si impone come bussola per navigare la complessità.
La reputazione non è solo un indicatore: è un progetto. Significa dare forma a un pensiero, selezionare cosa dire e cosa non dire, creare coerenza tra identità e azione. In un mondo saturo di messaggi, la reputazione è ciò che resta quando il rumore si attenua.
La sfida della rilevanza
Il rischio di overload è concreto: il 56% ritiene che si comunichi troppo, solo il 23% vede equilibrio. In questo scenario, la rilevanza diventa la conquista più ambita.
Quando il rumore aumenta, la risposta non è dire di più, ma dire meglio. Distintività (56%) è la qualità più ricercata, seguita dal coinvolgimento degli stakeholder (30%) e dalla tempestività (14%).
Il futuro? Il 48% prevede una comunicazione focalizzata sul messaggio e sulla prioritizzazione dei contenuti, non sulla copertura totale. Per anticipare il futuro servono competenze trasversali (51% indica tecnologia e competenze umanistiche) e una maggiore integrazione con il business (22%). Non è un inno al minimalismo, ma alla rilevanza: scegliere cosa dire e cosa non dire, con coraggio e responsabilità.
Tuttavia, una parte non trascurabile (26%) continua a vedere nella copertura ampia o nell’equilibrio tra qualità e quantità una strada possibile. Nessuno considera prioritario un aumento di budget, segno che la vera sfida si gioca sulle competenze dei team e sulla capacità di leggere e interpretare la complessità.
Pensiero critico e creatività
L’adozione dell’AI accelera: l’87% delle aziende la utilizza o la sta sperimentando, passando da una fiducia potenziale (45% nel 2024) a una pratica diffusa. Le applicazioni più utili? Generazione automatica di contenuti (74%), automazione di task operativi (67%), personalizzazione dei messaggi (51%).
L’AI diventa leva di efficienza, ma anche di trasformazione profonda. Insieme alle opportunità emergono i rischi: perdita di originalità (67%), aumento dei comunicatori improvvisati (61%), pubblicazione senza supervisione (58%). La tecnologia non è neutra: va governata. Le competenze diventano la vera barriera contro l’omologazione: pensiero critico (91%), creatività (51%), flessibilità (40%) e competenze tecnologiche (35%). Non basta saper usare l’AI: servono capacità di interpretazione, di scelta, di progetto.