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Ritorno al futuro per le relazioni pubbliche!

19/12/2008

È questo lo straordinario senso di contemporaneità che accompagna chi legge Propaganda, il libro scritto da Ed Bernays nel 1928, alla vigilia della grande crisi, e ora in libreria nella sua traduzione italiana di Fausto Lupetti. Un regalo da mettere sotto l'abero di ogni relatore pubblico.

di Fabio Ventoruzzo


Un libro che nelle intenzioni di Bernays, uno dei padri della nostra professione, si proponeva di “spiegare la struttura del meccanismo di controllo dell’opinione pubblica e dimostrare come viene manovrata da coloro che puntano a raccogliere il generale consenso per un’idea o un particolare prodotto”.


E per avere delle prime risposte, basta leggerne le prime righe: “la manipolazione consapevole e intelligente, delle opinioni e delle abitudini della masse svolge un ruolo importante in una società democratica, coloro i quali padroneggiano questo dispositivo sociale costituiscono un potere invisibile che dirige veramente il paese”.


È vero che di cose ne sono cambiate da questa visione bernaysiana del sistema democratico in cui alla propaganda (“attività necessaria per una vita ben ordinata”) era affidato il compito di organizzare la libera competizione del mercato. A muovere il pensiero di Bernays l’influenza delle teorie di Freud (suo ‘doppio’ zio) e di Lippmann con le teorie sull’opinione pubbliche.


Ma non può non colpire la straordinaria capacità di isolare alcuni concetti embrionali che ancora oggi (a 50 anni dalla sua pubblicazione) fanno parte dell’agenda globale della nostra professione.
Solo qualche spunto qua e là: la legittimazione sociale (‘ogni progetto importante deve essere approvato dall’opinione pubblica’, ‘il tribunale dell’opinione pubblica’), la prospettiva relazionale (‘l’individuo come cellula organizzata all’interno di un dispositivo sociale’), la responsabilità sociale (‘l’uomo d’affari è ormai responsabile davanti alla società’).


Una visione straordinariamente lucida e ancora attuale da parte di uno dei più influenti relatori pubblici e personaggi che la storia abbia mai conosciuto. Con una consapevolezza professionale che ancora oggi ci pare di rileggere nelle righe delle nostre pratiche quotidiane: ‘riconoscere che il lavoro delle relazioni pubbliche costituisce una professione a pieno titolo significa anche ammettere che esso risponde a un ideale e obbedisce a un’etica’.


Insomma un libro che trasuda la pervasività delle relazioni pubbliche nella vita di allora ma anche il loro essere universali e permanenti, anche a mezzo secolo di distanza. Un libro da regalarsi o da regalare a colleghi, amici e clienti per cominciare a collezionare un po’ della nostra storia.


A proposito, ma a quando una collana con la traduzione italiana dei ‘grandi classici’ delle relazioni pubbliche?



La traduzione italiana di Propaganda, edita da Fausto Lupetti Editore (www.faustolupettieditore.it) è ora in libreria.



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