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Rp Lab - Come cambiano i professionisti della comunicazione

02/05/2012

Chi sono oggi i relatori pubblici? Di cosa, nel concreto, si occupano? Esiste davvero ancora il responsabile delle Rp? _Gabriele Cazzulini_ offre una veloce panoramica di come sia cambiata la professione con l’affermarsi del social media e quali sono i rischi che corre in un momento in cui la tendenza al “fai da te” si fa sempre più marcata.

di Gabriele Cazzulini
Una domanda semplice
Chi è oggi il professionista di Relazioni pubbliche? Già agli albori era un factotum, quasi un Figaro delle aziende, dei media e di qualche politico con quoziente intellettivo sopra alla media della sua casta. E già all’epoca non era facile, quel mestiere. Valeva un pò la teoria degli insiemi: tenere intersecati differenti insiemi e sottoinsiemi attraverso il filo rosso della comunicazione. Ma oggi? Volendo marcare i toni, chi governa le Rp oggi è molto più simile ad social media strategist o a qualunque altro “job title” che inizi per “social media”. E se ufficialmente non lo è, allora deve comunque interagire col fronte web. Per farlo ha bisogno di risorse umane adeguate, che però lui deve gestire secondo una strategia.
Rp Fai da te?
Ma poi, inerpicandomi su sentieri ancora più impervi, esiste ancora la figura del responsabile Rp in quanto tale? Non è che con Facebook, iPhone, Twitter, Instagram, ognuno di noi, o comunque ogni personalità inserita nel campo della comunicazione col pubblico, può pensare seriamente al metodo DIY, Do-It-Yourself? Almeno per gestire i suoi spazi online più privati, per crearsi un evento, per rispondere ai fan. Per contattare direttamente i giornalisti o, peggio ancora, essere contattata su Twitter per una dichiarazione per la stampa. E allora il suo addetto stampa, finisce scavalcato? Mi domando, in maniera neanche troppo metafisica, lavorando ogni giorno a contatto con web e personaggi pubblici, non siamo forse entrati, forse neanche senza accorgercene veramente, in una fase in cui le Relazioni pubbliche si sono personalizzate?
Tutto personale
C’è da tener conto di un altro fattore: la comunicazione, anche corporate, anche istituzionale, tende fortissimamente alla personalizzazione dell’azienda. Il brand diventa il simbolo di una storia fatta di persone. Una narrazione dove il marchio stesso si fa persona, con la sua storia, i suoi trofei, le sue débàcles. Vogliamo sapere che succede nelle cucine di McDonald’s e cosa dicono i dipendenti di Starbucks. Infatti, grazie a Twitter, lo sappiamo, da loro stessi, che certo non seguiranno i decaloghi del perfetto tweet dal loro Rp di fiducia.
Bye bye Figaro, arriva Rossini
Forse, e questa volta scrivo il forse con ritrovato ottimismo, l’esperto di relazioni pubbliche si ritira dalla prima linea, dalla linea di fuoco, per accomodarsi in cabina di regia. Figaro lascia il posto a Rossini stesso, che arrangia un’opera di teatrale comunicazione, con azienda, clienti, media, social media, stakeholders, pubblici di riferimento. Il direttore di un’orchestra un pò improvvisata e soprattutto con malsopita vocazione a far da sè, a parlare e rispondere da sè. Gestire questi flussi più o meno spontanei, non è certo facile. Fare il suggeritore non è il massimo. Soprattutto dalle retrovie. Il gobbo in teatro è importante. Ma non costruisce Relazioni pubbliche – e la comunicazione non è solo uno spettacolo serale. Perciò serve un Rossini capace di scrivere tante storie, con tanti ruoli assegnati a specifici protagonisti, che saranno poi liberi di dire le loro battute sui social media, 24 ore al giorno, 7 giorni su 7. Il sipario non si abbassa mai. Se qualcuno sbaglia la battuta, sarà sua la colpa, non del maestro, che troverà sostituti. Lo spettacolo va avanti. Le Relazioni pubbliche sono un’araba fenice.

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