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Rp Lab - Internet: ci credo, ma senza dire la verità

29/11/2012

Il web è il medium che, fino ad oggi, è stato in grado di guadagnarsi la maggiore fiducia popolare e nella sua complessità non teme i paradossi. Se da un lato viene ritenuto il mezzo di comunicazione più trasparente, dall’altro è anche quello su cui è più facile mentire. L’analisi di _Gabriele Cazzulini._

di Gabriele Cazzulini
Buone notizie: Internet gode del più alto tasso di fiducia popolare mai guadagnato prima da un medium. E’ uno dei dati più rappresentativi, e anche confortanti, dell’ultimo sondaggio dell’Internet Society’s Global Internet Survey. A differenza delle altre tonnellate dei variopinti sondaggi che infestano le cronache quotidiane, questo è basato su un campione di oltre diecimila intervistati attraverso venti paesi in tutto il mondo. Mica bruscolini.
Il web stesso inizia ad incanutire, sempre pronto a sfornare il suo successore, dal web 3.0 all’internet of things, dal mobile al cloud. Ma è anche vero che il web è come Crono: divora i suoi figli e resta sempre sul trono. Inoltre la caratteristica del web è che non esiste un unico livello d’uso: negli Usa, ad esempio, questo sondaggio ha rilevato che oltre la metà degli utenti online non usa strumenti di online-conferencing, come Skype. Quindi il web risponde sia alle esigenze degli utenti meno sviluppati ed esigenti, sia alle richieste di quelli più evoluti e sofisticati. La televisione, la stampa, la radio erano media molto più esclusivi: o sapevi leggere quell’articolo, o niente. Non c’era alternativa. Su internet invece puoi scrivere un’email oppure creare un ipertesto multimediale.
Internet è un mondo complesso e non teme i paradossi. Quello più evidente che emerge dal sondaggio è che accanto a questa indiscussa fiducia verso il web, gli utenti tendono a mentire, soprattutto sui dati personali. Forse la voglia di apparire in modo migliore o il bisogno di far filtrare solo alcuni aspetti di sè… forse la mentalità di crearsi un alter ego online o una maschera più appariscente o ancora più semplicemente la scarsa propensione a concepire il web per quello che è, ovvero uno spazio pubblico di ascolto ma anche di partecipazione diretta.
Questa notizia può avere valore dirompente se applicata alle strategie di coinvolgimento soprattutto sui social media. È come scoprire che i nostri contatti virtuali non sono quello che dicono di essere. Certo, non è una novità. Ma sui social media (quasi) tutto si regge sulla fiducia interpersonale. Difficile lavorare, creare, conversare quando hai il concreto sospetto che Tizio, tuo prezioso contatto online, non sia Tizio ma, magari, l’altro collega che vuole sapere quello che fai o chissà quale altra paranoia degna di un Macbeth.
Il web ispira tanta fiducia. Ma questa fiducia non è ancora adeguatamente ricambiata. Bisogna trovare gli incentivi e i vincoli per alimentare più fiducia e diminuire le balle, online.

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